Papa in Indonesia, al clero; “Carità non vuol dire essere comunista”

C’è chi ha paura della compassione, perché la considera una debolezza, ed esalta invece, come se fosse una virtù, la scaltrezza di chi fa i propri interessi mantenendosi a distanza da tutti, non lasciandosi toccare da niente e da nessuno, pensando così di essere più lucido e libero nel raggiungere i propri scopi”. Lo ha denunciato oggi il Papa, incontrando il clero nella cattedrale di Giacarta.

“Non dimenticate una cosa”, il monito a braccio: “Il diavolo entra dalle tasche, sempre. Questo di avere delle ricchezze come sicurezza è un modo falso di guardare la realtà. Ciò che manda avanti il mondo non sono i calcoli di interesse – che finiscono in genere col distruggere il creato e dividere le comunità – ma la carità che si dona”.

“La compassione non offusca la visione reale della vita, anzi, ci fa vedere meglio le cose, nella luce dell’amore, cioè ci fa vedere le cose con gli occhi del cuore”, ha spiegato il Papa, secondo il quale “la compassione non consiste nel dispensare elemosine a fratelli e sorelle bisognosi guardandoli dall’alto in basso, dalla torre delle proprie sicurezze e dei propri privilegi, ma al contrario nel farci vicini gli uni agli altri, spogliandoci di tutto ciò che può impedirci di chinarci per entrare davvero in contatto con chi sta a terra, e così risollevarlo e ridargli speranza”.

Toccare la povertà, questo è importante”, ha proseguito a braccio: “Quando confesso, domando sempre alle persone adulte: ‘Tu dai l’elemosina?’, e la risposta è sì, sono persone . E la seconda domanda: ‘Quando dai l’elemosina tocchi la mano del mendicante, lo guardi negli occhi o gli butti la moneta da lontano per non toccarlo?’. La compassione significa soffrire, patire, accompagnare nei sentimenti quello che sta soffrendo, abbracciarlo, accompagnarlo”.

Compassione “vuol dire anche abbracciare i sogni e desideri di riscatto e di giustizia, prendersene cura, farsene promotori e cooperatori, coinvolgendo anche altri, allargando la rete e i confini in un grande dinamismo espansivo di carità”, ha poi spiegato il Papa. “E questo non vuol dire essere comunista, vuol dire carità, vuol dire amore”, ha precisato a braccio Francesco. “Andare avanti con la fraternità, con la compassione, con l’unità”, l’invito finale: “Vi incoraggio a continuare la vostra missione forti nella fede, aperti a tutti nella fraternità e vicini a ciascuno nella compassione. Vi benedico e vi ringrazio per il tanto bene che fate ogni giorno!”.

Dopo la testimonianza di una catechista, Francesco ha poi detto: “Dobbiamo pensare questo: la Chiesa la portano avanti i catechisti. Sono coloro che vanno avanti. Poi vengono le suorine, poi vengono i preti e i vescovi, ma i catechisti sono la fonte, sono la forza della Chiesa”.

“Una volta, in uno di quei viaggi in Africa – ha raccontato Francesco ancora a braccio – un presidente della Repubblica mi ha detto che era stato battezzato da suo papà catechista. La fede si tramette a casa, la fede si trasmette in dialetto, e le catechiste, insieme alle mamme e alle nonne, portano avanti questa fede. Ringrazio tutti i catechisti, sono bravi, sono molto bravi!”.

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