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Ancora non basta

Una nuova alluvione si è abbattuta sulla Romagna a distanza di 16 mesi dalle due del maggio 2023. Non può essere un caso. La pioggia caduta in poche ore in alcune situazioni è stata superiore a quella dello scorso anno, ma ciò non può giustificare quanto abbiamo visto

Ancora non basta

Il ciclone Boris sulla Romagna.

L’abbiamo visto, l’abbiamo sentito, abbiamo temuto il peggio. Una nuova alluvione si è abbattuta sulla Romagna a distanza di 16 mesi dalle due del maggio 2023. Non può essere un caso. La pioggia caduta in poche ore in alcune situazioni è stata superiore a quella dello scorso anno, ma ciò non può giustificare quanto abbiamo visto. Gli esperti lo dicono in ogni occasione (cfr. pagine nell'edizione cartacea di questa settimana). La causa di ciò che avviene è da imputare ai cambiamenti climatici in atto.

Ancora non lo comprendiamo. Anzi, c’è chi nega che il clima stia mutando, quando le conseguenze sono visibili ai nostri occhi. Abbiamo vissuto un’estate torrida, tipica dei tropici. Albe e tramonti assomigliano a quelli del Sahara, con contrasti che poco o nulla hanno a che fare con la Romagna. Queste trasformazioni così repentine ci chiamano in causa.

Abbiamo il dovere morale di prendere coscienza di quanto sta avvenendo e di agire. Qualcosa è stato fatto, dice il presidente regionale dei geologi, Paride Antolini. Abbiamo ripristinato l’esistente pre-alluvione 2023. Non basta, come quanto accaduto la scorsa settimana ha mostrato con un’evidenza disarmante.

Occorre agire su due fronti. Uno è quello della cura costante dell’ambiente in cui viviamo. No a interventi spot. Così come non basta tagliare gli alberi negli alvei dei fiumi se poi non vengono rimossi. E non è sufficiente tagliare l’erba dei fossi se non si tengono puliti. Fino a qualche decennio fa in campagna si praticava una cura quasi maniacale degli scoli poderali e interpoderali. E anche di quelli lungo le strade vicinali e comunali. Ciascuno custodiva il proprio fronte. A parte qualche raro esempio, questa buona prassi è andata in disuso, con la conseguenza che le acque non hanno più i loro sfoghi naturali. Così si accumulano, precipitano a valle e trascinano con sé quanto incontrano lungo la loro corsa. Il secondo elemento è dato dagli interventi strutturali, quelli per i quali occorrono investimenti e una visione che va ben oltre l’immediato.

Si parla di casse di espansione, di rifacimenti di ponti, di delocalizzare alcuni insediamenti. In una parola, di ripensare il territorio a partire dal fatto che le piogge torrenziali saranno la nostra normalità. L’emergenza ha fatto riapparire una solidarietà che allarga il cuore e ridona speranza a chi ha perduto di nuovo tutto.

Tamponare serve sul momento, ma ora diventa indispensabile intervenire in modo organico. Da subito.

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