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Il Rosario e il muro

Guerra e pace, preghiera e missili. Nonostante tutto, verrebbe da aggiungere subito, visti gli scenari che ci stanno di fronte

Il Rosario e il muro

Guerra e pace, preghiera e missili. Nonostante tutto, verrebbe da aggiungere subito, visti gli scenari che ci stanno di fronte.

La guerra in Ucraina va avanti da oltre un anno e mezzo. Dal 7 ottobre scorso è riesploso il conflitto nel vicino Medio Oriente. La ribellione covava da tempo, nella prigione a cielo aperto di Gaza, dove convivono in spazi ridotti oltre due milioni di persone circondate dal muro eretto da Israele. Nonostante le bombe e i morti, papa Francesco non lascia trascorrere giorno senza invocare la pace. Lo fa in ogni occasione pubblica e in tutti gli incontri. Lo ha fatto anche durante la telefonata di domenica scorsa con il presidente degli Usa, Joe Biden (cfr pag. 9 edizione cartacea). La pace è un dono troppo prezioso per non cercarlo con tutte le forze. E Bergoglio ci mette tutta la sua autorevolezza per invocarla davanti ai potenti del mondo. Ma la pace va anche chiesta a Dio. Per questo per venerdì prossimo 27 ottobre il Pontefice ha indetto una giornata di preghiera e digiuno (cfr pag. 6 edizione cartacea). Per stare in silenzio, riflettere e chiedere al Signore che tocchi i cuori di chi ha in mano le leve della guerra e le possibilità di applicare la pace.

Tacciano le armi e si torni a parlare. Può essere ancora possibile, nonostante i bombardamenti di queste settimane. Nonostante le incursioni a tradimento nei kibbutz dove è stata fatta strage di chiunque si parasse davanti. Le incursioni su Gaza non hanno risparmiato chiese e ospedali. Neppure in quei luoghi la gente si può sentire al sicuro. Le immagini che rimbalzano sugli schermi fanno intuire una situazione terribile, purtroppo non sempre del tutto compresa da chi vive qua in Occidente.

Alcuni amici che abitano in Terra Santa chiedono questo: invocano aiuto e domandano di pregare per loro. L’acqua scarseggia per milioni di persone, l’elettricità pure, ma l’odio a volte supera ogni necessità, anche quelle più impellenti legate alla sopravvivenza. Gli aiuti internazionali passano con il contagocce, mentre l’esercito schiera tutte le sue milizie in vista di un’invasione via terra. Il rischio di un allargamento del conflitto è reale, anche se le speranze per l’apertura di colloqui rimangono sempre, seppur appese a un filo.

In questo frangente pregare può costituire l’arma in mano a chi non ne ha. Come quella volta sotto il muro al check point di Betlemme. Davanti ai soldati armati di mitra che ci guardavano stupiti, noi brandivamo la corona del rosario. E sui volti di quei giovani comparve un complice sorriso.

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