A 100 anni dalla nascita di don Giussani. Di Martino (filosofo): “Ha reso il cristianesimo un’umanità desiderabile”

Il canto “La strada” ha aperto, ieri sera al teatro Verdi, la serata con cui il movimento di Comunione e liberazione ha inteso avviare una serie di momenti per ricordare il fondatore don Luigi Giussani a 100 anni dalla nascita (cfr pezzo a fianco). L’evento è stato organizzato con il centro culturale “Campo della stella” e con il patrocinio del comune di Cesena. Tra i tanti ospiti anche il vescovo Douglas Regattieri che ha ricordato l’importanza del fare memoria, come avviene ogni domenica durante la Messa. “Questo vale anche per voi – ha aggiunto il presule – che celebrati i 60 del movimento a Cesena. È importante ricordare per continuare il cammino”.

Il sindaco Enzo Lattuca, impossibilitato a intervenire, ha inviato un messaggio letto da Massimo Bassi, responsabile di Cl a Cesena, che ieri sera ha condotto l’incontro. Tra l’altro, Lattuca ha voluto mettere in evidenza i segni lasciati da don Giussani in città in tanti che lo hanno seguito allora e anche oggi. Una presenza significativa per tutti.

Don Ernesto Giorgi, uno dei primi ragazzi cesenati che lo conobbe, ha ricordati gli inizi del movimento nella nostra Diocesi. “Era il 1962 – ha detto con evidente emozione -. Avevo 16 anni. Nessuno mi aveva mai parlato di un Gesù vivo e affascinante. E di una Chiesa come luogo amichevole e attraente”. Poi il ricordo più intimo. “Ricordo – ha aggiunto il sacerdote, già economo diocesano e ora vicario episcopale per l’economia – che don Giussani mi battè una mano sulla spalla, eravamo a palazzo Ghini, nella sala degli angeli e me lo ricordo come se fosse adesso, e mi disse: rosso, andate avanti”. Poi il giovane Ernesto Giorgi divenne il primo presidente di Gioventù studentesca a Cesena. 

Anche il docente di Filosofia morale all’università di Milano, Carmine di Martino, ha fatto memoria dei suoi primi incontri con Cl e con don Giussani e ha parlato della sua Strada, quella indicata dal canto iniziale. “Arrivai all’università – ha detto il prof – nel 1977-78 e mi imbattei nel banchetto matricole. Mi accorsi subito che l’università, per quei giovani, era la loro casa. Erano seri e lieti. Ho cominciato a vivere con loro. Ricordavano spesso: perché come dice don Giussani… Allora ho cercato tutto quello che c’era di scritto di quel prete. In una settimana ho letto tutto. Certo, non era tutto quello che c’è oggi, ma mi sono cercato davvero tutto quello che allora esisteva, anche appunti, interventi, foglietti. Mi sono immerso in quella vita e in quei testi”.

Poi il tratto caratteristico, quello che fece breccia nel giovane Di Martino di allora, uno che comunque conosceva il cristianesimo. Quel don “aveva una simpatia travolgente – ha proseguito il docente – e un fuoco… e poi come parlava. Ascoltare quelle stesse parole che avevo letto dal vivo aveva una potenza particolare, senza retorica. Il suo discorso era innovativo, come ha ricordato poco fa don Ernesto. Era come se si rivolgesse direttamente a me. Ognuno di noi che lo ascoltava aveva quell’impressione, come se ci conoscesse uno a uno. C’era pertinenza con la mia vita di quella sua proposta folgorante. Al corso sul Senso religioso ci andavo anche se ero ammalato. Non mi potevo perdere quelle occasioni così preziose per me”.

Lo sguardo di don Giussani, ha detto ancora Di Martino (Dima per gli amici), “arrivava alla radice del cuore. E oggi posso dire di avere fatto quell’esperienza. Era come duemila anni fa. Gesù Cristo non è fatto per l’aria , ma era un uomo incontrabile. Dio ti raggiunge con la realtà fisica di un’umanità. Si rinnovava la stessa esperienza”, quella vissuta dagli apostoli in Galilea.

E l’incontro decisivo come è avvenuto e perché? Questa la domanda che aleggia sul ragionamento a cuore aperto di Dima. “Attraverso un’umanità che non ha paragoni, che segnava un punto di discontinuità con tutto il resto – ha precisato il prof -. Finalmente avevo incontrato qualcosa che corrispondeva alle esigenze profonde della mia umanità. La verità era sperimentabile. In quell’incontro con don Giussani e con le persone che lo seguivano feci esperienza dell’avvenimento cristiano. Il cristianesimo è una realtà umana con tratti distintivi rispetto al resto che corrispondeva alle domande della mia umanità. Don Gius ha tolto il cristianesimo a parole e valori rispettabili e li ha fatti diventare vita”.

È come il “vieni e vedi” che si legge nel Vangelo. Questa è l’esperienza cristiana che uomini e donne di oggi possono sperimentare grazie al carisma diffuso da don Giussani. “Il cristianesimo è un fatto – ha aggiunto Di Martino – un avvenimento di cui posso saggiare la congruenza con le mie esigenze. Il mistero si rende oggetto di un’esperienza. E ciò accade ora, non è accaduto tempo fa. Ora. E riguarda tutta la persona”. Poi la confidenza in pubblico. “Avevo questa domanda che mi frullava in testa – ha specificato Dima -. Io che c’entro con la resurrezione di Cristo? Sono arrivato dopo, come può valere per me? Quella domanda mi inquietava. La credibilità del cristianesimo è in quell’esperienza che ho iniziato a fare lì. Allora quella resurrezione di Cristo è per me una vita nuova, una mia rinascita. La fede, allora, introduce una novità nella vita. Ecco, di questo incontro e di questa esperienza sarò sempre grato”.

Le foto sono di Pier Giorgio Marini

“Lavoravo al Corriere della sera – ha aggiunto il giornalista Michele Brambilla, già direttore del Qn – Il Resto del Carlino -. Era il 1996. Ero un cronista di Milano, niente di più. Un giorno mi telefonò Alberto Savorana che si occupava della comunicazione di Cl e mi disse che don Giussani mi voleva conoscere. Qualche volta avevo scritto di Cl sulla cronaca di Milano. Mi venne a prendere con una Ford Escort verde e mi portò dalle suorine, dove abitava don Giussani. Vidi da lontano un uomo curvo, lungo la strada. E quel prete che mi aspettava. Poi mi ascoltò come se fossi una persona importante, ma lui faceva sentire tutti importanti per il modo con cui ascoltava le persone”.

Poi arrivò anche un confronto sul cristianesimo. “Le sembra ragionevole – chiese don Giussani al giornalista – che una chiave sbagliata possa aprire una porta? Non potrà essere vero il contrario?”. Non fu una conversione per Brambilla, ma una svolta sì. “Di certo compresi – ha ammesso l’ex direttore – che la vita può avere un senso solo se il cristianesimo è vero. Non esiste nessuno che non abbia dubbi. Tutti hanno l’esigenza di avere un senso. E don Giussani proponeva un cristianesimo senza regole morali e frasi fatte. Un cristianesimo, il suo, sperimentabile”. 

Poi un giudizio sul libro “Il senso religioso”, un volume rivoluzionario, ha aggiunto l’opinionista. “Don Giussani ha generato un popolo, come siete voi qui questa sera, che siete qui non per noi, ma per lui, un gigante della fede sulle cui spalle noi nani tentiamo di andare avanti”. 

Di Martino, in un secondo giro di interventi, ha detto che per lui il movimento di Cl ha significato e significa ancora oggi “sbattere il muso in un’umanità desiderabile. Dai frutti, dice il Vangelo, conoscerete l’albero. Questo fatto ci rende noto che in quel luogo c’è qualcosa di interessante. Si tratta di una vita cambiata, riuscita. Non un incontro e un messaggio scorporati da una faccia. Quella novità introdotta da don Giussani riaccade ancora oggi rivelandosi con irruenza”.

Poi la chiusa finale, ricordando il discorso di papa Francesco il 15 ottobre scorso, a Roma. “Il Papa, con un ordine diverso, ci ha ricordato cultura, carità e missione che indicava don Giussani. Significa che la fede ha a che fare con tutti gli aspetti della vita. Ricordare e generare, questo è la consegna per noi ora”. In una parola: “È l’esperienza rinnovata della freschezza originaria del carisma”.