Dall'Italia
A Faenza l’ultimo saluto alla nostra collega Annarita Bassi, piccola grande donna
Elmetto da ferrata in testa. Un grande sorriso stampato sul volto. E lei, così piccola, pronta a scalare immense montagne. È questa l’immagine rappresentativa che è stata scelta per dare l’ultimo saluto ad Annarita Bassi, nostra collega della redazione del Piccolo, morta il giorno di Natale dopo una lunga malattia che le ha fiaccato il fisico, ma mai lo spirito. La chiesa di Santa Maria Maddalena, a Faenza, si è riempita di familiari, amici, colleghi e centinaia di persone di tutte le età che hanno partecipato oggi al funerale per salutarla prima dell’ultima grande “scalata”. Fianco a fianco, in quelle panche strapiene, c’era chi aveva condiviso con lei gli anni di gioventù in parrocchia o in Azione Cattolica, e chi invece l’aveva conosciuta solo negli ultimi anni, come i colleghi del Corriere Cesenate. Una grande comunità unita da una piccola grande donna che non si fermava mai e che fino all’ultimo ha lottato con la malattia.
(Nella foto Annarita è ritratta all’uscita dall’impegnativa ferrata Tomaselli, classificata molto difficile, a 2980 metri di quota, sulle Dolomiti di Fanis, nei pressi del passo Falzarego)
“Guai se dite: ‘poverina’… No, niente ‘poverina’. Io vado ben tranquilla e felice, e canto, come ho sempre fatto. Davanti a me si spalancherà qualcosa di grandioso… la vita non muore! Questo lo spirito con il quale Annarita si preparava a questo momento, e la celebrazione, presieduta da don Claudio Bolognesi e concelebrata da numerosi sacerdoti e diaconi, ha voluto porre l’accento proprio sulla gioia, la tenacia e la testimonianza di Annarita che non verranno disperse, anche se il momento attuale è di grande tristezza e confusione. La Messa funebre è stata incentrata sulle letture del giorno. Solo un’aggiunta l’ha distinta dalle altre della giornata: su espresso desiderio di Annarita è stata letta la Lettera ai Romani, capitolo 12 (“Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene”), il brano scelto da Annarita e Daniele, suo marito nel giorno del loro matrimonio.
“Ha sempre portato avanti la missione che Dio le ha affidato – ha detto il sacerdote nell’omelia – nei suoi oltre 30 anni di matrimonio, nella famiglia, nel lavoro, nel suo costante impegno in parrocchia che ci ricorda quanto è bello, da laici, impegnarsi nella Chiesa”. In ognuno di questi ambienti di vita, Annarita ha portato la propria luce, facendo fruttare i talenti che Dio le ha dato in dono. Rimanendo sempre se stessa. Nelle testimonianze ascoltate in suo ricordo, in alcuni passaggi, era difficile capire se in quel momento si stesse parlando, nello specifico, di famiglia, parrocchia o lavoro: proprio perché Annarita in ognuno di questi ambienti metteva la stessa grande cura, passione e il suo modo di essere. Dal fare i cappelletti per Natale alla correzione di bozze di un articolo passando per un’impegnativa ferrata: un’autenticità luminosa che tutti i presenti al funerale avevano imparato a riconoscere e a voler bene.
Luigia Carcioffi, sua educatrice in parrocchia e testimone di nozze, ha descritto come, col passare dei mesi e degli anni, Annarita è diventata “maestra nella malattia”: “Aspettava di vedere Gesù, sapeva di doversi presentare a lui, e che questo sarebbe stato un Natale speciale per lei. Per questo aveva preparato questa liturgia prima e poi tutto il resto con cura, comprese le immancabili 30 uova di cappelletti per il 25 dicembre”.
Ricordando Annarita, Luigia ha letto un brano sull’Alba, momento caro, ma anche temuto, da Annarita. Momento di incontro con il Signore, a cui si preparava da tempo vista la malattia contro la quale da anni lottava senza mai arrendersi. “Vale la pena attendere l’alba e farsi sorprendere. E all’alba del giorno di Natale, Signore, hai abbracciato Annarita. Ora potrai guardare quell’alba assieme a tuo padre Agostino e contemplare nuove albe. Donaci, o Padre, di saperla tra le tue braccia”. Per i figli, a parlare è stata Chiara, che ha ribadito il messaggio voluto dalla mamma a guardare sempre con gioia alla vita, senza piangersi addosso. “E scusaci mamma, se per i cappelletti di Natale abbiamo usato il dado da brodo”. Perché anche quest’anno, nonostante tutte le difficoltà, Annarita aveva preparato 30 uova di cappelletti per le feste.
Per quanto riguarda la grande famiglia del Corriere Cesenate-Il Piccolo-Risveglio, a parlare è stato il diacono Giulio Donati (nella foto qui sotto), già direttore del Piccolo, che ha condiviso con lei un grande pezzo di vita sulle pagine del nostro settimanale. Di seguito riportiamo il suo ricordo.
Annarita ora è sepolta nel cimitero di Santa Lucia, appena fuori Faenza, nella cappella di famiglia “Bassi”.
Il ricordo di Giulio Donati
Ognuno di noi è prezioso. Quando Annarita arrivò al settimanale diocesano Il Piccolo, era quella donna che probabilmente avete conosciuto tutti. Sempre attiva, molto aperta, intraprendente e vivace. Ricordo che mi ci volle un po’ di tempo per abituarmi a una collaboratrice così dinamica, molto dinamica. Mi confrontai anche con don Giuseppe Piancastelli, il direttore. Di fronte a quelle che potevano essere le mie fatiche, lui che già la conosceva bene, ascoltò e mi disse: “è preziosa”.Ed è quello che ho scoperto strada facendo nella redazione de Il Piccolo. Una grande passione per il lavoro. “Una passione incredibile – come ha scritto in suo ricordo Francesco Zanotti, direttore del settimanale Corriere cesenate, di cui Il Piccolo dal 2021 è l’edizione faentina (cfr pezzo qui a fianco) – Metteva nel lavoro tutta se stessa”. Sia nella parte operativa di ricerca notizie e impaginazione, sia nella relazione con gli abbonati e con i clienti per la fatturazione. Lo faceva quando eravamo solo Il Piccolo, e lo ha fatto in questi anni di unione fra i settimanali di Cesena, Ravenna e Faenza. Quando la realtà aziendale è divenuta più ampia e articolata. Tutta la sua vita era una passione: dalla vita in parrocchia con attenzione al canto e alla catechesi, senza dimenticare i campi estivi di Ac. Alla vita nel mondo della scuola nel mentre accompagnava i tre figli nel loro iter formativo.Con grande speranza ha affrontato la malattia. In fondo ne era già venuta fuori una volta. Controlli e visite, poi terapie sempre più complesse. In redazione è venuta fino a lunedì della settimana scorsa. Anche usando la bicicletta per fare Santa Lucia – Faenza, AR. Poi martedì scorso ha chiamato dicendo che avrebbe seguito il lavoro da casa. È morta il giorno di Natale, come suor Imelde di Sant’Umiltà, di cui ha sempre parlato più che bene ricordando gli anni di scuola . Età diverse, ma donne sempre sorridenti. E anche noi, assieme alle preghiere, non possiamo negarti un sorriso, Annarita, ringraziando Dio per averti conosciuta e per aver condiviso con te un tratto di strada in questo mondo dell’informazione locale attraverso il quale testimoniare il nostro incontro con Gesù Cristo.