Diocesi
“A salvare la comunità è la capacità di saper perdonare”: a San Pio X la Veglia per i missionari martiri
La preghiera è stata guidata dal parroco e direttore dell'Ufficio missionario don Fabio Pagliarani. A conclusione, l'intervento del vescovo Caiazzo

In preghiera per i missionari martiri. Si è svolta ieri sera nella chiesa parrocchiale di San Pio X, nel quartiere Vigne di Cesena, la veglia di preghiera nella 33esima Giornata mondiale dei missionari martiri.
Don Fabio Pagliarani: “Sia Gesù, sia Levi hanno bisogno dell’incontro che infiamma il cuore”
“Andate e invitate” il tema dell’appuntamento promosso dall’Ufficio missionario diocesano, in riferimento al brano del vangelo di Matteo che ha accompagnato l’Ottobre missionario.
La veglia è stata presieduta da don Fabio Pagliarani, parroco a San Pio X e direttore dell’Ufficio missionario. Suo è il commento al Vangelo di Marco (2,13-17) che narra dell’incontro di Gesù che Levi, seduto al banco delle imposte. Gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì. “Gesù è in movimento e Levi è seduto. Gesù cammina verso il mare, come se fosse sua intenzione avvicinarsi alla presenza del male. Va’ verso i crocicchi, le periferie, i malati. Nessuno è escluso da questo incontro. Gesù cammina e incontra Levi, che esce dalla condizione di stare seduto dietro a un banco delle imposte e si rimette in cammino”. Ciascuno di noi “si può identificare con un personaggio o con l’altro – ha proseguito don Pagliarani -. Possiamo identificarci con Gesù, discepolo missionario per eccellenza, fuoco che arde e ci spinge a metterci in relazione, a non risparmiarci nel dono di noi stessi facendoci vicini, prossimi, senza paura. Ma possiamo essere anche nella situazione di Levi, che è seduto al banco delle imposte. Un banco che potrebbe essere la nostra pigrizia. Un banco che può rappresentare situazioni di pesantezza del cuore e qualunque cosa ci blocchi”.
“Sia Gesù, sia Levi hanno bisogno dell’incontro che infiamma il cuore – ha concluso don Fabio -. Anche per Gesù, il suo stare in relazione con il Padre è linfa che lo ha fatto resistere agli oltraggi. Per Levi, l’incontro con il Signore accende, libera. Lo rilancia nella vita, perché si è sperimentato visto, amato, riconosciuto. La missione nasce solo per mezzo dello Spirito Santo che vive dentro di noi. Lo Spirito brucia, spinge e rilancia: allora, come Gesù, abbiamo forza e creatività per fare cose che mai avremmo pensato”.
Tredici i missionari martiri, uccisi nel 2024 di cui si è fatta particolare memoria durante la veglia. Il loro nome è stato scandito dal canto di un canone. Per ciascuno, i tre fratelli José, Soave e Jacopo hanno portato all’altare un fiore rosso.

Il vescovo don Pino Caiazzo: “Ancora oggi ci ammazziamo tra cristiani”
A conclusione della veglia è intervenuto il vescovo Antonio Giuseppe Caiazzo. “Conosciamo solo alcuni dei martiri, ma ogni anno i cristiani che vengono uccisi nel mondo, per varie ragioni e solo perché sono cristiani, sono 100mila – le parole del vescovo don Pino -. Questo non ci deve scoraggiare. Il mondo si salva solo attraverso la misericordia che Gesù mostra alla comunità intera. È la misericordia del Padre, di cui abbiamo bisogno in questo tempo difficile, tribolato. Martiri sono anche tutte le morti ingiuste che avvengono nel mondo, ogni giorno. Questo perché l’uomo pensa di poter pensare di decidere sulla vita degli altri. Invece dobbiamo solo scoprire cosa siamo, la nostra ricchezza interiore, l’essere stati creati a immagine e somiglianza di Dio. E di cui dobbiamo dare testimonianza: a salvare la comunità è la capacità di saper perdonare”.
La Giornata dei missionari martiri viene celebrata il 24 marzo di ogni anno, nell’anniversario della morte avvenuta per mano violenta dell’arcivescovo Oscar Romero, nel 1980 a El Salvador. “Romero è un santo dei nostri giorni. Così come è successo a lui, ancora oggi ci ammazziamo tra cristiani. Di fazioni diverse, ma tutti cristiani. Così come è successo in Europa e oggi succede in Ucraina: tra cristiani continuiamo ad ammazzarci, a non mostrare il volto dell’amore che deve trionfare”.
“Questa veglia serve a noi – ha concluso Caiazzo – ma porterà benefici a tanti fratelli e sorelle, giovani, che hanno difficoltà a testimoniare il loro essere cristiani. A Matera ho incontrato un giovane pachistano: mi diceva della sua difficoltà a tornare in patria, perché cristiano. ‘Se ritorno, mi uccidono’, mi ha detto. In tanti posti del mondo è difficile essere cristiani. Eppure, è in questi Paesi che il cristianesimo è giovane e fa sentire la freschezza del Vangelo, sempre attuale, sempre vero. Un messaggio che non passa mai. Non è importante quanti siamo, è importante come viviamo le cose…”.
