Dall'Italia
Aborti, nel 2018, persi 542 bimbi in provincia
Quello che racconta il report annuale regionale 2018 sugli aborti in Emilia-Romagna è quello che tutti ci vorremmo sentire dire: e cioè che gli aborti sono in drastico calo: -4% in regione dall’ultimo report e addirittura -41% dal 2004. Peccato però che il report fotografi solo una parte della realtà.
La premessa è d’obbligo, lo diciamo una volta per tutte: non è una questione di numeri, ma di vite. E quelle che si perdono ogni anno in quest’ecatombe nascosta, sono molte di più di qualsiasi altra causa di morte di bambini e adulti. Una tragedia, a prescindere, insomma. Anche se del tutto legale.
Le interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg) effettuate nelle 32 strutture regionali autorizzate nel corso del 2018 in regione sono state 6874, di cui 6.094 di donne residenti, il 4% in meno dell’anno precedente. A livello provinciale, questi dati si traducono in 542 Ivg, di cui 326 nel territorio di Ravenna (154 in ospedale e 172 alla casa di cura Domus Nova). Anche il tasso di abortività, cioè il rapporto tra Ivg e donne residenti è in calo: da 6,9% al 6,7%. Difficile invece dire la stessa cosa per quel che riguarda l’indice di abortività (cioè gli aborti paragonati al tasso di natalità) perché il calo è anche, logicamente, da mettere in relazione a quello del numero delle donne in età fertile e al calo della natalità.
Dati mancanti: la contraccezione. Il secondo dato che non compare è quello della contraccezione d’emergenza, dal gennaio 2018 è gratuita nei consultori per under 26 e per donne in difficoltà economica e in determinate condizioni (che abbiamo partorito nell’anno precedenti o abortito negli ultimi due anni). La logica sembra essere quindi quella della contraccezione come unica forma di prevenzione di gravidanze indesiderate, anche con la contraccezione di emergenza. “Ma Norlevo, pillola del giorno dopo o dei cinque giorni dopo sono, di fatto, degli farmaci abortivi perché agiscono sull’impianto dell’ovulo – spiega Cinzia Baccaglini, psicoterapeuta e presidente del Movimento per la Vita di Ravenna –. Un aborto ‘nascosto’, ma che può avere conseguenze altrettanto gravi per la psiche delle donne coinvolte”.
Complicanze. Oltretutto, sia per quel che riguarda la Ru486 che per l’aborto chirurgico (gli unici censiti dal Report) le conseguenze sulla donna non sono affatto trascurabili, anche se poco analizzate. Sul totale degli aborti in regione, in 222 casi l’esito “non risulta accertato”. Un dato significativo, se si considera che negli interventi chirurgici le complicanze vengono rilevate nell’arco dei 14 giorni successivi (secondo il report sono l’1,2% dei casi) mentre per quel che riguarda la Ru486, siccome la donna non resta in ospedale nemmeno una notte, non vengono affatto calcolati.
Identikit. La maggior parte delle Ivg effettuate coinvolgono donne residenti, ma c’è una significativa percentuale di donne che arriva da fuori regione (il 7,8%, 533 casi) e anche dall’estero (247). Il 41,2% a livello regionale è costituito da donne straniere, un dato che si abbassa al 35,1% nell’Ausl Romagna. Le differenze tra le etnie sono spesso di natura culturale. Mentre è significativo l’aumento dell’età delle donne che si sottopongono all’Ivg: concentrate nelle classi 30-34 anni e 35-39. Ma ci sono in regione anche 125 minorenni per le quali, in maggioranza, sono i genitori a firmare per il consenso. Oltre il 54% delle donne residenti ha un lavoro ma c’è anche una significativa percentuale (il 20,2%) di disoccupate, un dato più alto dell’8,7 che si dichiara non occupato dopo un parto in regione: messi insieme, questi due dati, fanno pensare a una scelta legata alla paura di non trovare lavoro.
Certificazioni. Nonostante il numero dei medici obiettori (sono in 55,5% in regione, il 50,5% in Ausl Romagna), verrebbe da dire, il sistema è efficientissimo e molto veloce (sarà per questo che tante donne vengono ad abortire qui da fuori regione e dall’estero?): il 41,1% di donne riceve il certificato per effettuare l’Ivg entro una settimana dalla richiesta, e il 42,3% entro 14 giorni, con tempi di attesa in miglioramento sul 2017. Un punto di domanda, poi, lo lascia il numero delle Ivg d’urgenza (a ridosso quindi del termine previsto per effettuare l’Ivg): il 27, 3% a livello regionale, su una media nazionale che supera di poco il 19%. Mentre in Romagna, il dato si ferma al 17,9%. In questo campo, quindi, la macchina pubblica funziona, a pieno ritmo. Ma in un meccanismo come questo, “da cash and carry – lo definisce la Baccaglini – che fine fanno gli spazi per ripensamenti delle donne o la possibilità di trovare altre risorse per portare avanti la gravidanza (verifiche richieste dalla stessa legge 194)?”. Così come quelli, per le associazioni pro-file, di offrire alternative. “Oltretutto, il report non fa accenno alle motivazioni con le quali le donne si accostano all’Ivg: una mancanza significativa per capire la situazione di queste donne e poterne aiutarle fattivamente”.