Cesena
Affido: è bello rendere ciò che si è ricevuto
Da ospite di un orfanotrofio a genitore affidatario. Questa la parabola di Paolo Chierici, ingegnere, responsabile diocesano del movimento ecclesiale di Comunione e liberazione. Ha raccontato la sua storia venerdì della scorsa settimana nel giardino del convento dei frati Cappuccini, a Cesena. In calendario c’è un incontro promosso da Famiglie per l’accoglienza dal titolo “L’audacia della famiglia: per sperare bisogna aver ricevuto una grande grazia”. E Chierici risponde in pieno all’enunciato proposto. «Volevo restituire quanto avevo ricevuto», dice in avvio di intervento, durante il quale si è intervallato con la moglie, Chiara Rocculi.
Chierici è ultimo di otto fratelli. Anzi, forse settimo, visto che lui e suo fratello Massimo sono gemelli. La mamma, narra a cuore aperto, morì pochi mesi dopo. Il babbo non riusciva a gestire tutti i figli. Sono stati gli anni, per Chierici, dell’ospitalità dal 1975 al ’78 al “Don Baronio”, a Cesena, allora orfanotrofio, mentre ora è noto ai più come casa di riposo per anziani. Seguì l’affidamento ai coniugi Graziella e Gianni, tramite l’interessamento dell’assistente sociale Ebe Domenichini. Con loro Chierici rimase fino al suo matrimonio. «Fin da quando ci siamo sposati – rivela l’ingegnere che negli anni è stato anche membro del cda del “Don Baronio” ed è titolare di un noto studio di ingegneria e impiantistica integrata – volevo rendermi disponibile per l’affido, visto quello che avevo ricevuto. Mia moglie è sempre stata restia, ma non ho mai mollato, fino a quando il Signore ha risposto».
Della presenza attiva di Dio parla anche la moglie Chiara. «Il Signore ha avuto pazienza con me, poi è arrivato non come un vento impetuoso, come si legge nella Bibbia, ma come una brezza leggera. Abbiamo conosciuto Daniel a Cesenatico al bagno Belvedere nel 2019. Aveva 12 anni». Era arrivato all’ospedale di Cesena al Centro grandi ustionati con una missione umanitaria. È nel 2022 che ai coniugi Chierici viene fatta una domanda esplicita. Gli amici Chiara e Andrea Alberti chiedono se vogliono accogliere Daniel. Loro lo hanno accolto negli anni delle cure in dermatologia, al “Bufalini”, e in quelli delle restrizioni dovute al Covid. I Chierici lo domandano ai figli. Due studiano a Milano e non hanno problemi. Il più piccolo ha molti dubbi. Lo teme come concorrente, ma alla fine esclama: «Se deve finire sotto un ponte, prendiamolo».
Non sempre tutto è tranquillo, in certe situazioni. «All’inizio è stato faticoso – specifica Chiara -. Daniel scappava di notte e si chiudeva in camera. Più volte siamo andati a cercarlo in giro. Poi mia figlia gli ha ceduto la sua camera. Ci sono alti e bassi, ma ora Daniel, che è alla sua quinta famiglia diversa, ha compreso che può fidarsi e in casa si sente come un figlio, una ricchezza per tutti noi. Tutto il bene che avverte sovrasta la storia dolorosa vissuta in Congo». Cui si aggiunge un’ultima chicca. «Un mese fa – conclude Chiara – il nostro figlio minore ci dice: mettiamolo nella chat di famiglia», come se fosse uno di casa, come ora è diventato.
Sull’edizione cartacea in edicola da ieri, pagina 13, altre esperienze di coppie di sposi.