Al cimitero monumentale urbano, un viaggio nel tempo e nell’arte

Luoghi di memoria e del riposo eterno, i cimiteri possono svelare una bellezza inaspettata. Come quello monumentale di Cesena che, tra gli imponenti porticati in stile dorico, le opere di pittura o artigianato artistico e i busti e le sculture che ornano le cappelle gentilizie, rappresenta un museo a cielo aperto. Un patrimonio quasi dimenticato, come dimostrano i segni del tempo che anneriscono le statue o gli intonaci scrostati, che però è ancora capace di attrarre. Grande interesse ha suscitato la visita guidata che si è svolta ieri pomeriggio, curata dall’esperto di arte e storia locale Franco Spazzoli e promossa dall’Ufficio turistico del Comune di Cesena nell’ambito della “Settimana europea dei cimiteri storico-monumentali” che si è svolta ieri pomeriggio.

“I cimiteri moderni nascono nell’800 con l’editto di Saint Cloud che stabilì che le tombe venissero poste al di fuori delle mura cittadine e che fossero tutte uguali per evitare discriminazioni fra i morti ─ ha premesso il professor Spazzoli ─. A Cesena fu scelto questo luogo, dove sorgeva la chiesa di Santa Croce e la prima sepoltura, di un certo Sante Zoli, avvenne il 5 maggio del 1813. All’inizio ci furono proteste perché quest’area era considerata malsana e acquitrinosa e per le modalità di sepoltura, che prevedeva la promiscuità di uomini e donne, laici e religiosi e soprattutto nobili e poveri. Furono così costruite le cappelle gentilizie”.

Alla progettazione lavorarono i maggiori architetti cesenati dei primi dell’Ottocento: Giacomo Bertozzi, Benedetto Barbieri e Curzio Brunelli e i lavori della chiesa, porticati e cappelle iniziarono nella primavera del 1816. La nuova facciata è invece del 1957 su progetto degli architetti Saul Bravetti e Ilario Fioravanti, quest’ultimo autore anche dei due gruppi di statue ai lati dell’ingresso e due dipinti all’interno. Sono firmate da Mario Morigi le formelle sul muro esterno e l’imponente cancello in ferro battuto con foglie di palma. Varcarlo significa intraprendere un viaggio nel tempo e nell’arte.

“E’ soprattutto nel campo della scultura ─ ha sottolineato Spazzoli, che ha portato l’attenzione dei visitatori su una ventina di monumenti funebri tra i tanti degni di menzione ─ che il nostro cimitero vanta la più vasta e importante collezione di opere dei maggiori artisti cesenati dell’Ottocento e Novecento. Tra questi, Tullo Golfarelli, la cui composizione più scenografica si trova nella Cappella Bartoletti che ospita i resti di tre giovani morti nel primo conflitto mondiale. Si tratta di una statua in bronzo che raffigura il Tempo che incombe su chi guarda e sembra volerlo ghermire con la lunga falce arcuata. Si erge sopra un globo di marmo attorno a cui ruota una spirale di anime che richiama la schiera dei lussuriosi incontrati da Dante nel canto V dell’Inferno. E in basso una figura di donna simboleggia la Terra”. La scultura venne apprezzata anche dal poeta Giovanni Pascoli.

Da segnalare poi i due ‘Angeli che spargono fiori’ nella tomba delle sorelle Bartoletti, il ‘Buon pastore’ nella tomba Ricci, l’‘Angelo della carità’ nella tomba del benefattore Pietro Roverella e il bassorilievo, tra liberty e realismo, intitolato ‘Madre che affida il figlio ammalato alla Medicina’ a ricordo del medico Robusto Mori, discepolo di Maurizio Bufalini.

Altro scultore protagonista è Mauro Benini: è suo il busto del conte Antonio Aldini, la struggente figura di giovane in lacrime nella tomba di Pietro Pasolini Zanelli (che lasciò al nipote Pietro la dimora che conosciamo come Villa Silvia) e la statua femminile che simboleggia l’Agricoltura in quella della famiglia Genocchi. Nella cappella Battistini si trovano due opere di artisti tra loro concorrenti: il busto di Pio, esponente socialista assassinato in via Zeffirino Re, è di Benini mentre quello del padre Giacomo è del fiorentino Cesare Zocchi. I due si sfidarono infatti per il concorso indetto per la realizzazione della statua di Maurizio Bufalini collocata davanti la Malatestiana e vinto da quest’ultimo.

Nel cimitero cesenate c’è anche una ‘Pietà’: è quella scolpita da Ettore Lotti per la tomba Damerini. Tra le pregevolezze artistiche da segnalare pure le graziose decorazioni liberty sulle pareti della Cappella Gasperoni-Salberini.

I sepolcri raccontano tante storie e tragedie. “Del turbolento tempo delle battaglie risorgimentali ci parla il busto dell’ufficiale garibaldino Tommaso Risso, ucciso da un altro garibaldino durante un duello al fucile in località Gessi durante il viaggio verso Roma”, ha raccontato Spazzoli.

Immancabile una sosta alla tomba della famiglia Serra, con l’elegante cancello in bronzo ornato di rose care a Renato. Legata alla figura del grande critico letterario è Fides Galbucci, la donna che amò più di tutte, che visse una vita avventurosa e infelice lontano da Cesena, ma i cui resti sono sepolti qui accanto a quelli del padre Aristodemo (anche se non c’è una lapide a menzionarne). 

Tra i personaggi noti, riposano uno accanto all’altro  – nei pressi dei sepolcreti delle famiglie nobiliari – i tre motociclisti Enrico Lorenzetti, Alano Montanari e Paolo Tordi. Giace qui anche Mario Bianchi, alias Monty Banks, che nonostante la sfolgorante carriera cinematografica a Hollywood non dimenticò mai le sue origini e grande fu la sua generosità culminata con la donazione di Villa Belvedere all’Opera don Dino Cedioli, di recente ristrutturata.

Una delle tombe più antiche del cimitero è quella dedicata da Sebastiano Righi all’amata moglie Antonia Fabbri, in cui sono incastonati due putti di epoca rinascimentale provenienti dalla chiesa delle monache di Santa Caterina in via Sacchi. Altra testimonianza d’amore eterno sono le struggenti parole incise per volere della moglie Jela sulla tomba di Neno Marioni: “L’alba di ogni giorni ti porti il mio bacio”.