Alberto Sensini, il giovane ricercatore cesenate che rigenera i legamenti

Lo contattiamo al telefono mentre si trova in Inghilterra, più precisamente a Portsmouth dove sta proseguendo le sue ricerche presso l’università d’oltremanica. “Sto facendo la spola dall’Italia ormai da diversi mesi – dice – ma fare ricerca qui è una grande soddisfazione”. Lui è Alberto Sensini, giovane ricercatore di 29 anni dell’Università di Bologna, nato a Cesena, diploma di maturità classica e una laurea magistrale in ingegneria Biomedica, ottenuta presso il campus di Cesena. Con l’ateneo bolognese sta ultimando un dottorato di ricerca all’interno del Dipartimento di Ingegneria industriale. È dalla sua tesi di laurea da cui è nato il progetto, sfociato poi nel dottorato di ricerca, che ha portato a sviluppare il dispositivo brevettato dall’Alma Mater, per la rigenerazione di tendini e legamenti.

Di cosa si tratta?

Con l’equipe di coautori del Dipartimento di ingegneria industriale (professor Luca Cristofolini, professor Andrea Zucchelli e l’ingegner Juri Belcari) e del Dipartimento di chimica Giacomo Ciamician (professoressa Maria Letizia Focarete e dottoressa Chiara Gualandi) abbiamo progettato un dispositivo – nome tecnico scaffold – fatto di materiali riassorbibili in grado di essere impiantato nel corpo umano, sul quale le cellule riescono a crescere, ricostruendo il tendine o il legamento danneggiato. Lo scaffold poi degrada progressivamente fino a essere riassorbito dall’organismo e sostituito da nuovo tessuto.

Il progetto è qualcosa di unico al mondo?

Certamente. La peculiarità del dispositivo sta nella capacità di mimare tutte le varie strutture che compongono un tendine o un legamento, come guaine, fascicoli e fibrille, con un livello di approssimazione massimo. Attraverso la tecnologia dell’elettrofilatura – nota come electrospinning – che permette di produrre fibre di diametro nanometrico, riusciamo a simulare, in maniera molto simile a quella del tessuto originario, tutte le varie strutture che li compongono. Attualmente siamo in grado di riprodurre qualsiasi tendine o legamento del corpo umano.

Qual è il suo punto di forza?

Ciò che il dispositivo brevettato ci permette di superare, oltre all’aspetto morfologico, è la resistenza dello stesso grazie alla sua prossimità, in termini meccanici, a un tendine o a un legamento umano, favorendo la stimolazione delle cellule per la rigenerazione del tessuto riducendo l’insorgere di infiammazioni.

Quali soddisfazioni ha raccolto finora?

Dopo la notizia del brevetto, sulla rivista dell’Università di Bologna, l’attenzione dei media è stata rilevante. All’interno della comunità scientifica invece avevamo già avuto modo di presentare il progetto in Germania, al Biovaria di Monaco di Baviera, evento internazionale che riunisce scienziati europei, professionisti del trasferimento tecnologico, investitori e rappresentanti dell’industria biofarmaceutica. Inoltre abbiamo riscosso molto interesse dalla comunità scientifica anche al World Congress of Biomechanics di Dublino.

Ci saranno ulteriori sviluppi?

Le potenzialità sono molteplici, dalla rigenerazione del tessuto nervoso e muscolare fino ad applicazioni nel campo della robotica. Terminata la fase validazione in laboratorio, saremo infine pronti per le sperimentazioni di tipo clinico.

(L’articolo-intervista è stato pubblicato sul Corriere Cesenate del 4 ottobre)