Alla Cangini Benne (Sarsina) la festa diocesana del lavoro. Il vescovo Douglas: “In azienda siamo chiamati a testimoniare la nostra fede”

“Giovani e lavoro per nutrire la speranza”. Questo il titolo della festa diocesana del lavoro che si è tenuta oggi pomeriggio nella zona artigianale di Sarsina, nei capannoni della Cangini Benne.

A nome dell’ufficio diocesano per i problemi sociali e il lavoro, il direttore Marco Castagnoli ha ringraziato per l’ospitalità e ha ribadito l’importanza, per la Diocesi, di celebrare ogni anno la festa del lavoro in un luogo a esso dedicato. E il tema dell’anno, scelto sulla scia di quanto indicato dalla Cei, è stato quello di cercare di “metterci in ascolto dei giovani, per farci loro compagni di viaggio”, ha detto Castagnoli. 

La Messa è stata celebrata dal vescovo Douglas Regattieri. Con lui sull’altare c’erano don Edero Onofri, padre Dario Tisselli, don Maurizio Macini, don Ezio Ostolani, don Egidio Zoffoli. Con loro, sull’altare allestito all’interno dell’officina, anche i due diaconi Piergiorgio Braschi di Quarto e Giuseppe Massimo Giannini di Sarsina. I canti sono stati eseguiti dalla corale della parrocchia di Quarto.

Nell’omelia il vescovo Douglas si è riferito alle letture del giorno (quelle di domani, domenica 7 maggio). Ha parlato della differenza di trattamento tra le vedove di cui si è letto nella prima lettura tratta dagli Atti degli apostoli. “Gli apostoli erano presi da tante cose da fare – ha notato monsignor Regattieri – così venne presa la decisione di porre rimedio. Ad alcuni uomini venne affidata l’assistenza e ai 12 più tempo da dedicare alla predicazione e alla preghiera. Anche in quel caso si è trattato di una divisione del lavoro e dei ruoli, per una migliore organizzazione della chiesa perché tutto si svolgesse al meglio”.

Dalla prima lettera di san Pietro il vescovo ha ripreso l’immagine della chiesa da costruire. Ognuno al suo posto, ha detto, “come pietre vive, attorno alla pietra viva Gesù Cristo su cui si regge tutta la costruzione”. 

Anche nel Vangelo tratto da Giovanni letto oggi si trova che Gesù in questi discorsi di addio “fa riferimento a una dimora, una casa comune con molte sedie, dove ognuno ha la sua”. Come avviene per il lavoro, quello che la Diocesi ricorda una volta l’anno, nel primo sabato dopo il primo maggio. “Il problema oggi per noi non è tanto come lavorare, ma lavorare, soprattutto per i giovani – ha ricordato il presule -. E questo fatto è fonte di tensioni. La chiesa condivide le ansie e le preoccupazioni, le gioie e le sofferenze alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, per indicare i principi su cui costruire una società più coesa”.

Il vescovo ha elencato alcune proposte della Chiesa in Italia: la Settimana sociale dei cattolici italiani, il Progetto Policoro, le buone pratiche, il microcredito. “E poi – ha aggiunto, penso al lavoro del nostro ufficio pastorale, che ringrazio, con i corsi dedicati allo studio della Dottrina sociale della Chiesa, per dare luce al cammino e fornire indicazioni. Perché tutto cresca in modo ordinato. Cristo è la via, la verità e la vita”.

Quindi monsignor Regattieri si è soffermato su uno dei punti più difficili della testimonianza cristiana: la separazione tra fede e la vita di tutti i giorni, lavoro compreso. “Magari c’è la Messa e poi il resto è un’altra cosa. È nel lavoro che dobbiamo e possiamo testimoniare la nostra fede. Quando entriamo nel lavoro non deponiamo la nostra veste bianca del battesimo. Entriamo in fabbrica con la fede, col battesimo, con la certezza che Cristo è via, verità e vita. Non ce ne dobbiamo vergognare. Viviamo i grandi valori umani con i nostri compagni di viaggio. E li condividiamo anche con chi non condivide i nostri valori cristiani”.

All’offertorio sono stati portati all’altare, oltre al pane e al vino, anche alcuni attrezzi da lavoro usati nell’azienda Cangini. 

Al termine della Messa, cui hanno partecipato, tra i tanti, anche il sindaco di Mercato Saraceno, Monica Rossi, il segretario generale della Cisl Romagna, Francesco Marinelli, il presidente provinciale delle Acli, Odo Rocchi, il vicesindaco di Sarsina Gianluca Suzzi, ha portato un breve saluto, ricordando che “questa è una dimora, non solo una fabbrica”.

Mirko della parrocchia di Quarto, sposato e tre figli, da vent’anni alla Cangini Benne e ora addetto alle spedizioni, ha aggiunto che la speranza di ogni giovane finiti gli studi è quella di “trovare un lavoro non precario e nono sottopagato, che permetta di affrontare la sfide di metter su famiglia e di poter avere dei figli. E anche di poter vivere qui, tra queste colline”. Poi ha ringraziato i datori di lavoro perché, ha aggiunto, “sono sensibili in materia di sicurezza”.

“Non ho mai pensato – ha proseguito Mirko – di venire a lavorare per  denaro. Per me i colleghi sono come una famiglia parallela. A volte si discute, sì, ma per me l’importante è rimanere nel cenacolo e non stracciare la veste del nostro battesimo”. 

Nonostante gli impegni per la campagna elettorale, a Sarsina si vota domenica 14 maggio e lunedì 15, il sindaco uscente Enrico Cangini non ha voluto mancare all’appuntamento. “È bello poter festeggiare il lavoro in una fabbrica di Sarsina – ha detto il primo cittadino -. Questo non è solo un luogo di lavoro. È anche un luogo di relazioni. Obiettivo comune per chi lavora e chi offre lavoro”. 

Al termine l’azienda Cangini Benne che ha ospitato la festa diocesana del lavoro ha offerto un rinfresco a tutti gli intervenuti. 

Le foto sono di Sandra e Urbano – Fotografi a Cesena