Dalla Chiesa
Alla Gmg di Panama, Francesco dice ai giovani: “Non abbiate paura”. E li invita a essere influencer nello stile di Maria
E’ sconfinato il campo dedicato a Giovanni Paolo II dove si tiene la veglia alla 34esima Giornata mondiale della gioventù a Panama city. I colori del tramonto panamense illuminano il giorno che si fa notte. Il Papa arriva in un tripudio di bandiere e di braccia che si allungano per uno scatto o un saluto. (Foto sotto di Renato Scaini)
Dopo lo spettacolo e le storie di vita ascoltate, Francesco si rivolge ai giovani indicando subito Maria come la influencer di Dio. D’altronde questa Gmg era e resta mariana fino all’ultimo giorno. Si faccia di me come hai detto, fu il sì della giovane di Nazaret che si affidò al Signore, come oggi chiede il Pontefice alle nuove generazioni che qui sono convenute da tutto il mondo. “Molti giovani sull’esempio di Maria rischiano e scommettono, guidati da una promessa – aggiunge il successore di Pietro -. Siamo parte di una storia d’amore”. E poi aggiunge fuori testo: “Che promessa abbiamo nel cuore?”.
“Il mondo non è solo per i forti, grazias”, dice Francesco e chiede l’applauso al popolo dei giovani davanti a lui nella distesa del metro park.
“Dire “sì” al Signore significa avere il coraggio di abbracciare la vita come viene – prosegue Francesco – con tutta la sua fragilità e piccolezza e molte volte persino con tutte le sue contraddizioni e mancanze di senso. Significa abbracciare la nostra patria, le nostre famiglie, i nostri amici così come sono, anche con le loro fragilità e piccolezze. Abbracciare la vita si manifesta anche quando diamo il benvenuto a tutto ciò che non è perfetto, puro o distillato, ma non per questo è meno degno di amore. Forse che qualcuno per il fatto di essere disabile o fragile non è degno d’amore? Qualcuno per il fatto di essere straniero, di avere sbagliato, di essere malato o in una prigione non è degno d’amore? – E i giovani rispondono: No -. Così fece Gesù: abbracciò il lebbroso, il cieco e il paralitico, abbracciò il fariseo e il peccatore. Abbracciò il ladro sulla croce e abbracciò e perdonò persino quelli che lo stavano mettendo in croce”.
Perché? Perché solo quello che si ama può essere salvato. – e lo fa ripetere due volte -. Solo quello che si abbraccia può essere trasformato – dice ancora il Papa -. L’amore del Signore è più grande di tutte le nostre contraddizioni, fragilità e meschinità, però è precisamente attraverso le nostre contraddizioni, fragilità e meschinità che Lui vuole scrivere questa storia d’amore. Ha abbracciato il figlio prodigo, ha abbracciato Pietro dopo i suoi rinnegamenti e ci abbraccia sempre, sempre, sempre, dopo le nostre cadute aiutandoci ad alzarci e a rimetterci in piedi. Perché la vera caduta, – attenzione – quella che può rovinarci la vita, è rimanere a terra e non lasciarsi aiutare.
Come diventa difficile a volte capire l’amore di Dio! Però, che grande dono è sapere che abbiamo un Padre che ci abbraccia al di là di tutte le nostre imperfezioni!
Il primo passo consiste nel non aver paura di ricevere la vita come viene, di abbracciare la vita! Grazie, Alfredo, per la tua testimonianza e il coraggio di condividerla con tutti noi. Mi ha molto colpito quando hai detto: “Ho iniziato a lavorare nell’edilizia fino a quando terminò quel progetto. Senza impiego le cose presero un altro colore: senza scuola, senza occupazione e senza lavoro”. Lo riassumo nei quattro “senza” per cui la nostra vita resta senza radici e si secca: senza lavoro, senza istruzione, senza comunità, senza famiglia. Una vita senza radici.
È impossibile che uno cresca se non ha radici forti che aiutino a stare bene in piedi e attaccato alla terra. È facile disperdersi quando non si ha dove fissarsi. Questa è una domanda che noi anziani siamo tenuti a farci, anzi, è una domanda che voi dovrete farci e noi avremo il dovere di rispondervi: quali radici vi stiamo dando, quali basi per costruirvi come persone vi stiamo offrendo? Com’è facile criticare i giovani e passare il tempo mormorando, se li priviamo di opportunità lavorative, educative e comunitarie a cui aggrapparsi e sognare il futuro! Senza istruzione è difficile sognare il futuro; senza lavoro è molto difficile sognare il futuro; senza famiglia e comunità è quasi impossibile sognare il futuro. Perché sognare il futuro significa imparare a rispondere non solo perché vivo, ma per chi vivo, per chi vale la pena di spendere la vita.
Senza lavoro, senza istruzione, senza comunità e senza famiglia, alla fine della giornata ci si sente vuoti e si finisce per colmare quel vuoto con qualunque cosa. Perché ormai non sappiamo per chi vivere, lottare e amare.
È la cultura dell’abbandono e della mancanza di considerazione. Non dico tutti, ma molti sentono di non avere tanto o nulla da dare perché non hanno spazi reali a partire dai quali sentirsi interpellati. Come penseranno che Dio esiste se loro da tempo hanno smesso di esistere per i loro fratelli?
Lo sappiamo bene, non basta stare tutto il giorno connessi per sentirsi riconosciuti e amati. Sentirsi considerato e invitato a qualcosa è più grande che stare “nella rete”. Significa trovare spazi in cui con le vostre mani, con il vostro cuore e con la vostra testa potete sentirvi parte di una comunità più grande che ha bisogno di voi e di cui anche voi avete bisogno.
Poi cita don Bosco, e per lui chiede un applauso. “Creare una comunità – prosegue – e una famiglia in cui con lavoro e studio si sentissero amati. Guardavano gli uomini con gli occhi di Dio. Il Signore si fa presente con volti concreti. Essere un “influencer” nel secolo XXI significa essere custodi delle radici, custodi di tutto ciò che impedisce alla nostra vita di diventare “gassosa” ed evaporare nel nulla. Siate custodi di tutto ciò che ci permette di sentirci parte gli uni degli altri, di appartenerci reciprocamente”.
Un santo una volta si domandò: «Il progresso della società, sarà solo per arrivare a possedere l’ultimo modello di automobile o acquistare l’ultima tecnologia sul mercato? In questo consiste tutta la grandezza dell’uomo? Non c’è niente di più che vivere per questo?» (S. ALBERTO HURTADO, Meditación de Semana Santa para jóvenes, 1946). Io vi domando: è questa la vostra grandezza? Non siete stati creati per qualcosa di più grande? – E lo chiede alla folla -. Maria lo comprese e disse: “Avvenga per me!”. Erika e Rogelio l’hanno compreso e hanno detto: “Avvenga per noi!”. Alfredo l’ha compreso e ha detto: “Avvenga per me!”. Nirmeen l’ha compreso e ha detto: “Avvenga per me!”. Amici, vi domando: Siete disposti a dire “sì”?
Il Vangelo ci insegna che il mondo non sarà migliore perché ci saranno meno persone malate, deboli, fragili o anziane di cui occuparsi e neppure perché ci saranno meno peccatori, ma che sarà migliore quando saranno di più le persone che, come questi amici, sono disposte e hanno il coraggio di dare alla luce il domani e credere nella forza trasformatrice dell’amore di Dio. Volete essere “influencer” nello stile di Maria? – Sì, rispondono tutti – che ebbe il coraggio di dire “avvenga per me”? Solo l’amore ci rende più umani, più pieni, tutto il resto sono buoni ma vuoti placebo.
Fra poco ci incontreremo con Gesù vivo nell’adorazione eucaristica. Di certo avrete molte cose da dirgli, da raccontargli su varie situazioni della vostra vita, delle vostre famiglie e dei vostri paesi. Stando di fronte a Lui, faccia a faccia, non abbiate paura di aprirgli il cuore perché rinnovi il fuoco del Suo amore, vi spinga ad abbracciare la vita con tutta la sua fragilità e piccolezza, ma anche con tutta la sua grandezza e bellezza. Che vi aiuti a scoprire la bellezza di essere vivi. Non abbiate paura di dirgli che anche voi desiderate partecipare alla sua storia d’amore nel mondo, che siete fatti per un “di più”!
Amici, vi chiedo anche che, in quel faccia a faccia con Gesù, preghiate per me perché anch’io non abbia paura di abbracciare la vita, custodisca le radici e dica con Maria: “Avvenga per me secondo la tua parola!”.