Dalla Chiesa
Alla ricerca del Dio bambino
Come tutti sanno il 6 gennaio è la festa dell’Epifania, una festa cristiana celebrata dalle chiese occidentali, che fanno capo a Roma seguono il calendario “gregoriano”, mentre quelle orientali ortodosse nei vari riti e seguono il calendario “giuliano” festeggiano l’Epifania il 19 gennaio.
Il termine Epifania (deriva dal tardo latino epiphanìa e dal greco epiphàneia) festa dell’”apparizione” e “manifestazione” della divinità, riferiscono all’apparizione di Gesù all’umanità (rappresentata dai Magi). Per questo l’Epifania, il Battesimo di Gesù e il primo miracolo di Gesù a Cana di Galilea sono strettamente legate tra loro ma questa è un’altra storia… Nel racconto del vangelo di Matteo (Mt 2,1-12) si narra che alcuni magi dall’Oriente sarebbero arrivati a Gerusalemme guidati da una stella o un astro luminoso. “Abbiamo visto la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”. Fa venire i brividi… Alcuni pagani che partono da lontano per vedere con i loro occhi e riconoscere la kenosis di Dio in un bambino. Rischiano la vita, vai a capire se attraversi il deserto o bande di predoni o una calamità, ma sembra che niente li possa fermare. Quella stella li guida. Ma nella stella noi certamente vediamo, leggiamo la volontà di Dio. Sono i personaggi che hanno a parer mio hanno fatto parlare molto di loro, perché ancora oggi, a parer mio, non sappiamo chi erano, quanti erano, cosa facevano da dove venivano di preciso. L’unica cosa certa è che sapevano cosa cercavano: il Dio bambino. Biblisti, teologi, archeologi e scrittori si sono arrovellati sulla loro esistenza.
Ma facciamo un passetto indietro. Oltre il Vangelo di Matteo che narra di loro troviamo passi che ci raccontano dei magi negli Apocrifi: ad esempio il Protovangelo di Giacomo (metà II sec.), lo pseudo-vangelo di Matteo (VII, IX sec.), nel vangelo dell’infanzia arabo-siriano (VII, IX sec.), nel vangelo dell’infanzia armeno (IV sec.)e nel vangelo di Nicodemo (II sec.?). Ognuno dice la sua. Non è certo un dogma di fede. Potremmo lasciare che ogni buon cristiano “metta i suoi Re Magi nel suo bel presepe”. Sempre la tradizione ce li consegna come magi o maghi o dotti… addirittura re o sovrani. Sono di certo degli studiosi del cielo. Studiano l’astrologia, conoscono il movimento delle stelle e dei pianeti. Non avendo indicazioni precise sul numero e sull’identità dei Magi pare che furono scelti dei nomi diffusi all’epoca tra i sovrani indoeuropei e la Persia. Uno era di pelle bianca, uno nero come la cioccolata e l’altro dalla pelle olivastra con capelli bianchi.
In più questi signori non vanno a mani vuote ma portano doni che diventano profetici: Oro, il metallo dei re. Incenso, per la preghiera e il sacrificio e che profuma la dimora dei potenti e Mirra la più preziosa erba d’Oriente e la più amara e usata per la conservazione… Questo fatto dei doni, forse, ha dato l’input che fossero in tre, ma potevano essere anche di più, ma non importa. Oppure abbiano voluto usare questo numero biblico o similmente richiamare un altro evento parallelo (ad es. i tre figli di Noè che secondo la Sacra Scrittura diedero vita al genere umano e quindi popolarono il mondo). Fin da piccoli ci hanno detto che erano tre e avevano anche dei nomi: Gaspare, Melchiorre, Baldassarre. Ho scoperto poi che il numero e i nomi furono introdotti dalla Chiesa nel Medio Evo. Secondo una leggenda ci sarebbe stato anche un quarto re magio di nome Artaban che però si attardò e non riuscì ad arrivare in tempo.
Questo evento raccontato una volta all’anno insegna tanto a noi uomini del terzo millennio che facciamo fatica a sollevarci dalle nostre poltrone per andare a trovare Gesù in chiesa.