Alle origini dell’oratorio del Mangano

Nel territorio della parrocchia di Careste, più in basso rispetto alla parrocchiale (ubicata a 687 metri s.l.m) si trova il piccolo oratorio del Mangano, (a 508 metri s.l.m.) dedicato alla Madonna, ubicato in una pozione panoramica, su una cresta piuttosto stretta, raggiungibile da più punti. Da sopra, la strada è certamente più comoda e carrozzabile fino al bivio per le Ciole, stringendosi poi in sentiero. Ma all’inizio della strada verso Pian di Mej c’è una catena. Si può raggiungere a piedi da un sentierino, tutto in costa e molto panoramico, passando dal Serraglio. Oppure, proseguire per la strada che oltrepassa il cimitero di Turrito e si dirige ripidamente fino ai pressi della chiesa. Ancora un’alterinativa è quella di andare a piedi da Ca’ di Camilla di Valbiano, fino a oltrepassare il monte di Castelnuovo, un gruppo di case abitate fino ai primi anni ’60, e arrivare alla chiesetta. Venne chiusa dopo il 1964, quando il parroco don Giancarlo Bertozzi lasciò le due parrocchie di Rullato e Careste (il sacerdote abitava a Rullato ma serviva anche Careste a piedi). Ci resta una bellissima foto dell’anno scolastico 1964 – 1965, con i bambini davanti alla chiesetta, dove si nota il vetro già rotto sulla lunetta d’ingresso, e la campana priva del bastone e della corda per essere suonata. Nell’aprile 1959 venne celebrato dal parroco di Careste don Giancarlo Bertozzi anche un matrimonio, forse l’ultimo celebrato, della famiglia Raffaelli poi trasferita alla Casetta di Campagna.

La chiesetta venne edificata nel 1517 e, in alcune case adiacenti aveva sede un convento degli eremiti di Sant’Agostino, scomparso poi al tempo di Innocenzo X (1644 – 1655). Si vedono ancora diversi resti di costruzione antiche dietro l’abside della chiesetta, e anche una parete esterna semicircolare. La chiesetta viene poi affidata definitivamente al parroco di Careste. Nel 1662 vengono compiuti dei lavori di restauro.

Nella chiesetta, che venne abbandonata nel 1964, si celebrava la messa, negli ultimi periodi, solo due volte all’anno: per la festa dell’Ascensione alla fine della primavera, e per la festa della Madonna in settembre. A queste celebrazioni accorreva tanta gente anche dalle parrocchie vicine. L’oratorio, ad un’unica navata e con un solo altare, è costruito in pietrame. Solo il presbiterio aveva il soffitto, a volta costruito in tavelle in cotto e colorato d’azzurro, che è caduto nel 2009. Fino a qualche anno fa, testimone oculare, ricordo (e le fotografie mi danno conferma) che l’abside era formata da una parete piatta, costruita dentro una struttura ad arco antica e molto ben fatta, ora non più esistente. Il risultato di chissà quale trasformazione e adattamento.

Nello stesso anno 2009 si è danneggiata fortemente la parete dietro l’altare e la nicchia della Madonna, collocata a destra dell’altare, è crollata. Qui era collocata una statua di circa 40-50 cm di altezza, che dopo l’abbandono del luogo venne prelevata e ancor oggi conservata da una famiglia privata. È una statua in gesso, circa degli anni ’20 o ’30, raffigurante la Madonna di Lourdes con due rose sui piedi e cintura azzurra, interamente rifinita in oro, di poco valore commerciale ma di grande valore storico.

La mensa dell’altare era sostenuta da due colonne in pietra, scolpite, che possiamo ammirare all’interno della chiesa di Turrito, dietro l’altare, come sostegno di addobbi floreali. A Valbiano troviamo una grande croce lignea con crocifisso intagliato, del Seicento, che don Renato Castellani, deceduto nel 2011, mi raccontò di aver prelevato dalla chiesetta del Mangano dopo il suo abbandono. È possibile che fosse stato portato dalla chiesa di Careste per essere adoperato in una processione al Mangano e poi non fu più riportato al suo posto. Ma questa è una mia teoria, avvalorata dal fatto che nel censimento del 1951 non si dice che al Mangano di fosse un grande crocifisso. Non si hanno invece più notizie dell’opera d’arte più importante, che è una tela. Non ho mai trovato come spiegherò meglio nel capitolo seguente, la scheda descrittiva delle belle arti o una fotografia, ho solo sentito raccontare che vi era raffigurato il Demonio, furente e con fuoco, che assaliva un bambino. E, al fianco, la Mamma celeste intervenuta a proteggerlo. Secondo la tradizione a questo luogo sarebbe infatti legato un miracolo occorso a una mamma e al suo bambino, e la chiesa sarebbe sorta proprio per ricordare e celebrare tale evento.  Narra la tradizione che la mamma stava andando ad aiutare i frati in un convento, forse presso la vicina Badia di San Salvatore, e il suo bambino la seguiva per il sentiero, nonostante la mamma gli avesse espressamente ordinato di restare a casa. A un certo punto la mamma, stanca di quel bimbo disobbediente, disse nel dialetto locale: «Ch’ u t purtèss vìa e’ diêval!» (Che ti portasse via il diavolo!). Improvvisamente apparve il Diavolo, che tra fuoco e fiamme afferrò il bambino. Prontamente intervenne Maria a difesa di quella creatura innocente. E, in questo luogo, venne edificata questa chiesa in ricordo dell’avvenimento. Ancora non ho trovato documenti relativi al fatto, ma mi sono basato solo su testimonianze orali. Nell’inventario del 1941 vediamo come gli arredi del Mangano erano pochi e tutti in cattive condizioni, ma il crocefisso sopra citato non era elencato nella lista. Oltre a alcune povere cose, viene specificato che presso la famiglia Mazzotti a Castelnuovo c’era un servizio di piatti, bicchieri, tovaglioli ecc. di proprietà della chiesa del Mangano, il tutto in mediocre stato. Una tovaglia e alcuni tovaglioli utilizzati per la festa sono ancora conservati, dopo oltre 50 anni, dalla scrittrice Tonina Facciani come eredità di famiglia. La famiglia Mazzotti, trasferendosi, lasciò il materiale alla famiglia più vicina rimasta sul posto, i Facciani che abitavano a Pian di Meglio, distante una mezz’oretta di cammino.

 

IL MISTERO DELLA CAMPANA e DEL QUADRO DEL MANGANO

L’oratorio di Mangano venne visitato anch’esso dal dott. Corbara, il famoso medico di Castel Bolognese che svolse il primo censimento degli arredi in tutte le chiese della Diocesi, nel 1963 – 1964, perché il dottore ne parla nelle schede di Valbiano del 1967 dove dichiara che “il quadro del Mangano, ora rubato, era firmato da Lorenzo Urbinati di Pesaro”, pittore che ha operato nella seconda metà del ‘700. Oltre il quadro di Valbiano, c’è una tela a Romagnano e diverse a Sant’Agata Feltria dell’Urbinati. Il Corbara, in una lettera al Vescovo Bandini del 26 ottobre 1967 lamenta che: “Mi dicono che all’Oratorio del Mangano è stato portato via tutto, campana, quadro, ecc”. Purtroppo ancora non sono riuscito a recuperare le schede di Corbara dove forse potrebbero esserci anche fotografie del quadro. Ma insieme alle altre schede queste non sono presenti. Da oltre 10 anni le sto cercando; un grande mistero, eppure il Corbara ne parla.

Ora, nell’unica foto che ci resta di Mangano del 1964 – 1965, scattata dalla maestra Fantini Luciana, cesenate, che ha prestato servizio in quell’anno nella scuola di Pian di Meglio. Mi sono recato a Ponte Abbadesse, in casa del fratello, che conserva un album in pelle marrone lavorata, in uso in quegli anni, dove la maestra ha raccolto alcune foto degli anni in cui ha insegnato, e della scuola e bambini di Careste restano 7 foto, compresa quella della chiesa del Mangano. La scuola, che si teneva in una stanza della casa Facciani di Pian di Mej, chiuse nel 1967. Nella foto storica del Mangano si vede di lontano la campanella. Peccato che il telaio è tagliato nella foto ma si riesce comunque a distinguere un telaio in legno molto artigianale con un foro, dove era applicato un braccetto in legno per la corda.  

Tale particolare mi fece cadere l’attenzione su una campanella di dimensioni simili, conservata da decenni presso il Museo Diocesano di Sarsina, perché il telaio ha anch’esso questo foro. Confrontando bene i tue telai (quello del Mangano in foto, andato purtroppo perduto) e quello del Museo, proveniente da Finocchio, mi sono accorto che sono simili ma non è la stessa campana. Anche perché lo stesso Corbara censisce la campana di Finocchio e contemporaneamente vede quella di Mangano per cui non può essere la stessa. Diversi testimoni oculari, uno poi in modo particolare, mi hanno assicurato di aver visto la campana del Mangano in mostra per anni presso l’officina di lavorazione metallurgica di Turrito, ove ora c’è il ristorante “il Fagiolo d’oro”. Uno di questi, tra l’altro mio parente, che vi ha lavorato per diverso tempo, mi ha assicurato di aver visto per mesi se non per anni la campana lì all’ingresso dell’azienda e sapeva per certo che fosse quella del Mangano e la descrive come una campanella con corona a perno, senza il telaio in legno. Poi, altre voci giuntemi decenni fa mi informarono che qualche prete della Curia di Sarsina, venendo a conoscenza della campana rubata, se la fecero restituire. Questo avvenne dopo il 1973, perché la campana che ora è alla chiesa di CastelPriore, prelevata nel 1996 dal Museo, che ritengo sia quella del Mangano, non era in museo nel 1973 perché non è stata inventariata, a differenza di tutte le altre che, essendo sul luogo, vennero inventariate. Le due campane, cioè quella di Finocchio il cui telaio è simile a quello che era al Mangano, provengono dalla stessa ditta e cioè la fonderia Balestra di Cesena, si assomigliano molto e hanno pressappoco la stessa grandezza. (La campana di Finocchio, che è quella con il telaio in legno, misura al diametro 25 cm e in altezza 30, è datata 1844. Quella di Castel Priore, che sembra provenire da Mangano, misura al diametro cm 29 e in altezza cm. 33, è datata 1858 e presenta nell’iscrizione la firma “CHLIMENE BALESTRA VI FECE”). E, i due ceppi se erano identici, come le campane che provengono dalla stessa fonderia, sono stati fatti nello stesso modo.

Nella foto si vede il foro sul legno, dove era applicato un’asta in cui era legata la corda. Osservando bene la foto con una certa “malizia” cioè esperienza nel campo, si può notare come il davanzaletto del campanile, proprio nello spazio sottostante al foro del legno, sia sbeccato. Evidentemente la campana suonava da fuori e la corda strisciava sul davanzale. Se avesse suonato dall’altro lato, cioè tirando dall’interno della chiesa, non si sarebbe visto il davanzale scorticato.

A Mangano, ora, il silenzio fa da padrone. E i resti, sempre in continua decadenza, attendono qualcuno che si prenda cura di loro. Altrimenti, tra pochi anni resterà solo il ricordo di questa chiesetta, che per la gente del posto aveva un immenso valore. Ma, lo ricordiamo, in questo mondo tutto ritorna alla terra.