Diocesi
Angelina Pirini: prossimo passo: la venerabilità. Tutta la Comunità diocesana giubila, ringrazia e prega
La forma di spiritualità e la testimonianza della Serva di Dio Angelina Pirini non sono d’altre stagioni, ma rivestono carattere di vera modernità. Ecco dunque davanti a noi la figura di una «giovinetta che nel cammino della perfezione cristiana ha bruciato tutte le tappe, coniugando a meraviglia quelle due realtà per noi diametralmente opposte: il dolore e la gioia». Che cosa può dire al mondo e soprattutto ai giovani di oggi una ragazza che vive con al centro l’Eucaristia e muore diciottenne tra le sofferenze, offrendo «con gioia la mia vita giovane a Gesù per la vostra santificazione, immolandomi particolarmente per voi», confessando in una lettera-testamento alle “sue bambine” del catechismo e di Azione Cattolica che nella vita «il mio più grande tormento è stato quello di desiderare per me e per voi di poter conquistare Gesù nel nostro cuore, conservarlo per sempre e vivere solo per Lui»? Lasciata ai soli criteri mondani, sembrerebbe una pagina di follia: e lo è ma nel senso cristiano, perché il santo è un “folle” di Dio innamorato della Sua sapienza, che è l’opposto della nostra, come dice Paolo (1 Cor 18-19): «Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente; perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio».
Angelina Pirini nasce a Sala di Cesenatico il 30 marzo 1922 da Luigi e Dina Savini, primogenita di quattro sorelle (Rosina, Giuliana e Anna), in una famiglia umile e modesta, in un ambiente di campagna caratterizzato da semplicità, onestà, laboriosità e che ha la parrocchia al centro della vita. Angelina frequenta l’asilo condotto dalle Suore Canossiane e poi le elementari; iscritta all’Azione Cattolica già da piccola, a sei anni riceve la Cresima, a otto l’Eucaristia e da quel giorno (15 giugno 1930) va a Messa tutte le mattine. Coadiuva la famiglia nei lavori domestici e si adopera per imparare il mestiere di sarta. Nel 1934 la parrocchia passa nelle mani di don Giuseppe Marchi (1902-1987), che la guida fino al 1965: è un incontro che segna la vita spirituale di Angelina, che in AC diviene Delegata Beniamine, poi Delegata Aspiranti, infine Presidente della Sezione femminile, rivelando particolari doti educative, grande afflato e slancio nei confronti delle “sue bambine”. Dando seguito alla sua sete di perfezione, il sacerdote le concede l’emissione del voto di verginità (8 dicembre 1936), rinnovato l’anno seguente.
Dal 9 luglio 1937 inizia il calvario della salute: un’appendice perforata seguita da tisi intestinale, diagnosticata dopo vari ricoveri quando ormai era troppo tardi. Angelina non è spaventata e affronta con determinazione adulta la sofferenza, offrendosi tutta al suo Signore: il 16 giugno 1938 si lega a Gesù Eucaristia con il voto di castità perpetua e di vittima per essere unita, nella gioia, alla Passione redentrice di Gesù. «Vivere l’Eucaristia, viverla nelle ore di abbandono e di incomprensione, nell’ora in cui per questo genere di sofferenza l’anima assomiglia all’Ostia viva dei nostri altari!». «Mi offro per i sacerdoti perché siano santi, per i missionari perché, o Gesù, Tu dia loro forza e coraggio, perché Tu protegga il Papa, nostro dolce Cristo in terra. Gesù, io desidero partecipare ai tuoi dolori. Ne ho il diritto, essendo la Tua piccola sposa. Voglio morire martire per Te e per la Tua gloria». «Nel dolore trovo la mia gioia perché soffro con Te e per le anime che Tu hai redente con il tuo sangue. Gesù, fa’ della mia esistenza quello che vuoi. Ti chiedo solo che Tu ti compiaccia di farmi morire con Te sulla croce». L’11 febbraio 1939 fa voto di ubbidienza totale al direttore spirituale; il 16 luglio davanti al Crocifisso stabilisce il “patto di alleanza” per vivere solo per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime. «Il mio pensiero è sempre in Dio; qualunque cosa io veda mi spinge ad amare Gesù. La mia missione è l’Amore di Dio. Non potrò predicare in tutto il mondo l’Amore di Dio come vorrei, ma la mia vita di piccola anima e di piccola vittima farà sì che si conquistino le anime al suo Amore».
Impressionante e commovente l’ultima pagina del suo diario, 29 agosto 1940: «Ho sete di amore puro, o Gesù, per ricambiare il Tuo amore infinito: dammelo. Ho sete di silenzio, di nascondimento, di mortificazione per potermi assomigliare a Te, per potermi identificare con Te, o Gesù, Ostia di amore. Ho sete…, ho sete di Te… Brucio: Gesù, dammi da bere, Tu che sei la fonte della vita, perché io non muoia, ma viva e viva solo di Te, o Gesù, e viva solo per Te. Voglio essere Tua fino alla consumazione e consumarmi per Te. Padre mio che sei nei cieli, io credo in Te e Ti amo. Sì, Padre mio, Ti amo. Sia santificato il Tuo Nome, venga il Tuo Regno, sia fatta la Tua Volontà, o Padre, come è fatta in cielo. Padre, sono un povero nulla e nella profondità del mio nulla e nella conoscenza della mia infermità grido a Te l’amore mio. A Te che vedo tutto bello, santo e infinitamente misericordioso: grido a te l’amore mio, Padre, per l’onore e la gloria del Figliolo, il Tuo e mio Gesù, che essendo me e Te stesso, mi fece partecipe di Te. Padre, sii benedetto». Diciotto anni, a un mese dalla fine! Il progressivo fiaccamento del corpo sembra inversamente proporzionale all’ardore dell’anima e della fede.
Il trapasso avviene nella casa natale il 2 ottobre 1940: quella morte genera tanta fede e devozione a Sala, che da subito e da sempre ne custodisce gelosamente spoglie e memorie. Il 12 ottobre 1985 il vescovo Luigi Amaducci apre il processo diocesano di beatificazione e canonizzazione della Serva di Dio, per chiuderlo il 28 ottobre 1989.