Cesena
“Arrivare primi non è la base dell’identità e nemmeno della felicità”
In un contesto così complesso come quello attuale (vedi intervista a Michele Sanza, “Per tanti nostri figli cellulari come protesi”, in Corrierecesenate.it, sezione “Cesena”) possono i genitori tentare di influenzare positivamente lo sviluppo della personalità dei figli? Come infondere in loro alcuni valori come il rispetto dell’altro e per se stessi, trasmettere fiducia, contenere le paure e le fatiche che sembrano sovrastare le famiglie davanti a una realtà tanto e sempre più complessa? E non solo, quali sono i loro sentimenti e le loro emozioni? Quale linguaggio utilizzare per tenere aperto il contatto con loro?
Queste e molte altre le domande che aleggiavano nell’aula magna gremita del liceo scientifico “Righi” di Cesena per l’ultimo dei tre incontri promossi in febbraio dall’associazione “Per le donne” che ha portato nella scuola un progetto dell’Ausl Romagna da anni focalizzato sulle problematiche specifiche dell’adolescenza e del rapporto con sé stessi e con l’altro. Il progetto, ideato dal dottor Michele Sanza e dalla dottoressa Marusca Stella, del dipartimento di Salute mentale e dipendenze patologiche di Forlì-Cesena, cerca di sensibilizzare genitori e figli al dialogo, all’ascolto reciproco e alla consapevolezza, offrendo una piccola cassetta degli attrezzi per affrontare l’adolescenza.
Nella foto, l’aula magna del liceo gremita di genitori, e il relatore dottor Sanza
Accenniamo ad alcuni di questi elementi. Tra i fattori che determinano la formazione della personalità, è entrato nel merito Sanza, c’è la gestione di sentimenti ed emozioni. Le emozioni sono importanti, in forma evoluta diventano ciò che noi chiamiamo sentimenti e stanno alla base dei legami sociali. L’amore, il rispetto, il ricordo sono sentimenti che possono prendere anche una deriva “cattiva”. La specie umana, pur trovandosi al vertice dell’evoluzione, è l’unica in grado di aggredire su stimolo di cattivi sentimenti. Come avviene l’educazione sentimentale dei nostri ragazzi? Pensiamo alla pornografia, così tanto accessibile ai giovani, o ai modelli cui accedono tramite i social, in cui prevale il dominio di un sesso sull’altro, in cui il corpo viene vissuto come oggetto di consumo, negando nella relazione la parte emotiva e affettiva, non riconoscendo più la persona. Lo stesso meccanismo governa le guerre. Nessun soldato ucciderebbe un fratello, la guerra abitua alla privazione dell’umanità.
L’educazione sentimentale dei ragazzi di oggi mette a rischio la loro crescita emotiva, diventa lo sfondo culturale su cui cresce la violenza. Un contesto in cui sono vittime le ragazze ma anche i ragazzi, ai quali vengono posti davanti modelli da Olimpiade, non solo del sesso, certamente inarrivabili. Un giovane ragazzo approccia l’altro sesso, e in generale la società, avendo davanti prestazioni esagerate, irrealistiche e percepite come irraggiungibili, percezioni che creano fratture.
Oggi c’è una difficoltà identitaria che spaventa entrambi i generi.
Le ragazze sono più proattive e sicure di sé ma disorientate nella loro identità, pseudo-disinibita. Non c’è tra molti giovani che la esprimono una reale identità omosessuale ma piuttosto una presa di posizione, volta a coprire un vuoto identitario.
Un tema che si collega fortemente alla questione del rispetto. Com’è accaduto nel caso di Giulia Cecchettin, la coppia è rimasta nella normalità finché il fidanzato non ha avuto la sensazione di essere messo da parte, e non è stato capace di gestire l’idea di dominio e di possesso.
Quali sono gli ingredienti che aiutano i maschi a vivere la sessualità in modo non competitivo, per evitare il rischio di trattare il corpo della donna senza l’idea di un corpo sottomesso? Cosa può suscitare il rispetto? Quanto pesa su un ragazzo o una ragazza il condizionamento sociale? Come dare loro la forza interiore necessaria per gestire i condizionamenti? Come aiutarli a sentirsi sicuri anche se non occupano il primo posto o non hanno vinto il primo premio.
Queste sono alcune delle domande da cui può partire il proprio viaggio di genitori. E intanto stare fermi, rimanere ancorati ai propri valori senza spaventarsi dell’atteggiamento di contrapposizione che spesso i ragazzi dimostrano… In fase adolescenziale l’esempio dei genitori non è sufficiente, ma è importante stare fermi intanto che loro si agitano. Mandare messaggi. I ragazzi ascoltano anche quando fanno finta di niente, il messaggio lo dobbiamo dare, che sia un messaggio volto a rimarcare un rischio, un pericolo, una condotta di un certo tipo. L’accoglienza. Accogliere rabbia, paura, gioia… fin da piccoli, questi sentimenti non vanno minimizzati o peggio bloccati, ma ascoltati e accolti. Sostegno. Dare un sostegno, vero, non solo con le parole ma con un abbraccio, un gesto, un contatto. Fare i conti con il pudore. Se vogliamo trasmettere messaggi precisi, espliciti, chiari, bisogna rompere dei tabù, bisogna riuscire a parlare, dare consigli, rassicurare.
Arrivare primi non è la base dell’identità e nemmeno della felicità.