Dalla Chiesa
Benedetto XVI, il Papa della Chiesa “inutile”
Scrivo queste parole a caldo. Non sono passate più di due ore dall’annuncio della morte di Benedetto XVI: ho già celebrato, dopo averla organizzata in fretta e furia, la Messa in paramenti rossi legata all’annuncio della morte di un Pontefice, ed è stato toccante vedere come al ripetuto rintocco funebre delle campane si è radunata una discreta quantità di fedeli, accorsi per filiale senso del dovere alla preghiera per il Papa emerito deceduto.
Ed eccomi ora qui a scrivere qualche riga, nell’attuale e per nulla acquietato tumulto dei pensieri e dei sentimenti: vorrei esprimere tante cose, tanto affetto verso quest’Uomo che mi ha formato quando ero ragazzo con i suoi scritti, e da cui ho ricevuto l’ordinazione sacerdotale in una luminosa mattina di fine aprile…
Ecco, penso che partirò proprio da qui, dalla mia ordinazione. Qualche anno dopo (era circa il 2012, se ricordo bene), insieme ai miei compagni di ordinazione e a un gruppo di giovani ci ritrovammo nei giardini vaticani con papa Benedetto, in occasione del suo compleanno. Un mio confratello, tanto per dire qualcosa, a un certo punto gli fa: “Santità, tutti i sacerdoti che vede qui li ha ordinati Lei!” E Ratzinger, sorridente e scherzoso come sempre (alla faccia di chi non l’ha conosciuto e si è creato un personaggio mai esistito in testa), gli risponde: “Ah, ecco, almeno qualcosa ho fatto anche io”.
Credo che dietro questa battuta ci sia tutta la vera profondità drammatica del pontificato di Benedetto XVI. “Fare qualcosa”… No, il suo non è stato un pontificato del fare, sebbene abbia fatto moltissimo, specialmente per sanare, emendare e purificare la Chiesa in tutte quelle torbide questioni che aveva già dovuto fronteggiare da Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede. Questo suo “fare” era derivato, un corollario rispetto al punto vero, che è stato quello dell’essere-con.
Papa Benedetto ha sempre detto, insegnato, incarnato e mostrato che il punto decisivo di tutto è l’amicizia personale con il Signore Gesù. Il resto viene dopo, se avanza tempo.
L’amicizia, l’amore personale, su cui ha scritto parole liriche e profonde. Le relazioni, che hanno fatto sì che, già infermo, avesse voluto imbarcarsi poco tempo fa nel viaggio per dire addio personalmente a suo fratello morente.
Un Papa che ha parlato (e vissuto) di amicizia con Dio e gli uomini, dunque un Papa inutile per il mondo, che tollera la Chiesa solo se si guadagna da vivere con un fare spesso suppletivo delle inadempienze della politica e della società, e consistente in minestre ai poveri e assistenza sociologica spicciola.
Un Papa che parlava di cose inutili, perché parlava della bellezza del Dio-uomo e del suo amore effuso tramite il Pane che viene dal cielo, mentre al mondo interessa il pane di cui soltanto vuole vivere.
Un Papa che ci ha insegnato e mostrato lo splendore del vero culto a Dio, e dunque un Papa che ha mostrato cose inutili, perché gli occhi concupiscenti del mondo la bellezza la cercano sulle nudità di Instagram e nei weekend fuori città, bellezze orizzontali (come gli orizzonti) o anche peggio, pseudo-bellezze artefatte e pornografiche.
Il mondo non ha saputo proprio che farsene di Benedetto XVI: non era abbastanza accattivante in foto, non era allusivo e connivente con le ambiguità espressive dei media, non alzava abbastanza la voce tanto da zittire i suoi oppositori, era a disagio nelle grandi folle. Eh no, non poteva andare bene.
Purtroppo anche all’interno della Chiesa tanti non hanno voluto capire o accogliere la realtà di quest’uomo, aggravando il peso già grande che portava sulle spalle striminzite da timido studioso sorridente. Però, rispetto al mondo, che rimarrà nelle tenebre fino a quando la Parusia squarcerà il velo dell’ignoranza con la luce del Risorto, la Chiesa, animata dallo Spirito Santo, sa riflettere e sa ricredersi, e saprà senz’altro in breve riconoscere, come già fanno tanti fedeli nella loro semplicità, che Joseph Ratzinger è stato ed è, molto semplicemente, un santo.