Dall'Italia
Carriera alias, rispetto e accoglienza per tutti, ma no a pericolose fughe in avanti. La scuola deve educare alla realtà
Il rispetto, l’accoglienza, e la tutela si devono a tutti gli studenti (professori, presidi… cioè a tutte le persone), di qualsiasi orientamento sessuale e indipendentemente dal “genere” in cui si ritrovano. Questo occorre dire, anzitutto, sulla scelta annunciata dal preside del Liceo artistico “Nervi-Severini” di Ravenna di introdurre la ‘carriera alias’ nel regolamento della scuola.
L’istituto, come spiegato dal dirigente Gianluca Dradi in alcune dichiarazione ai quotidiani locali, indicherà in tutti i documenti interni a valore non ufficiale, a partire dal registro elettronico, il nome (e il genere) scelto dallo studente anche se diverso da quello riportato sulla carta d’identità. In questo consistono le “carriere alias”, che avranno valore solo all’interno dell’istituto. La scelta, ha chiarito il preside, nasce da “due richieste esplicite nel corso di studenti che vogliono essere chiamati col nome d’elezione”.
La domanda che questa modifica al regolamento d’Istituto pone è: si tutelano davvero così ragazzi con identità di genere diverse dal proprio sesso o ragazzi con disforia di genere? O si sostiene invece quell’identità di genere “liquida” che va sempre più di moda, e confonde chi è sinceramente in ricerca della sua identità? La scuola, e le agenzie educative in genere, hanno il compito di educare anche e soprattutto alla realtà, non a un’idea di libertà senza confini che la plasma la realtà, senza tenere conto delle limitazioni concrete nelle quali tutti viviamo e la cui assunzione segna il passaggio all’età adulta.
È probabilmente vero che la modifica a un regolamento scolastico non viola alcuna legge, se decisa e discussa con gli organismi di rappresentanza, ma è opportuno su questi temi fare una “norma” che vale solo dentro le mura del Liceo artistico “Nervi-Severini” di Ravenna? E quando questi ragazzi escono da quelle mura? Sarà l’anagrafe a determinarne nome e genere. E questa non è un’ingiustizia ma è la realtà, normata da leggi dello Stato che non possono essere cambiate da un consiglio d’istituto. Oppure l’obiettivo è proprio quello? Fare campagne, anzitutto mediatiche, per modificare le leggi su questi temi? Fughe in avanti piuttosto pericolose che rischiano di essere battaglie ideologiche, fatte sulla pelle dei ragazzi. Su questo, chiediamo appunto rispetto, per le persone, oltre che per le opinioni.