Diocesi
Clarisse cappuccine, il vescovo Douglas: “Chiara taceva, ma la sua fama gridava”
Questa mattina il vescovo Douglas ha presieduto la Messa nel monastero delle clarisse cappuccine, in occasione della festa di santa Chiara d’Assisi. Con lui ha concelebrato il vicario generale, monsignor Pier Giulio Diaco.
Di seguito pubblichiamo il testo dell’omelia pronunciata da monsignor Regattieri.
“Chiara, a 18 anni, con un gesto audace ispirato dal profondo desiderio di seguire Cristo e dall’ammirazione per Francesco, lasciò la casa paterna e, in compagnia di una sua amica, Bona di Guelfuccio, raggiunse segretamente i frati minori presso la piccola chiesa della Porziuncola. Era la sera della Domenica delle Palme del 1211. Nella commozione generale, fu compiuto un gesto altamente simbolico: mentre i suoi compagni tenevano in mano torce accese, Francesco le tagliò i capelli e Chiara indossò un rozzo abito penitenziale. Da quel momento era diventata la vergine sposa di Cristo, umile e povero, e a Lui totalmente si consacrava. Come Chiara e le sue compagne, innumerevoli donne nel corso della storia sono state affascinate dall’amore per Cristo che, nella bellezza della sua Divina Persona, riempie il loro cuore. E la Chiesa tutta, per mezzo della mistica vocazione nuziale delle vergini consacrate, appare ciò che sarà per sempre: la Sposa bella e pura di Cristo”. Così papa Benedetto XVI illustrava la figura di santa Chiara nell’udienza generale del 15 settembre 2010. Una ragazza di altri tempi? Un sogno del passato improponibile oggi? Che cosa ha da dire santa Chiara al nostro tempo?
1. Questo nostro tempo segnato dalla debolezza e dalla fragilità
Come ogni tempo, anche il nostro è un tempo di Dio, in cui Egli continua ad amare e a salvare. È perciò – anche il nostro – è un tempo di grazia. Non si direbbe: tutto porterebbe a pensare che è invece un tempo di disgrazia. Nel mondo circa 200 milioni di contagiati e 4 di morti; in Italia, circa 4 milioni di contagiati e 130.000 morti. Una vera guerra mondiale; non più come diceva qualche tempo fa papa Francesco, una terza guerra mondiale a pezzi, ma una guerra globale; un’ecatombe depressione e suicidi causati dall’isolamento forzato in casa calo pauroso della pratica religiosa e così via…
Situazione ben fotografata dalla parola ascoltata, nelle tre immagini: il deserto (Cfr Os 2, 14-15.19-20) con la sua asprezza e aridità, la creta (Cfr 2 Cor 4, 6-10. 16-18) con la sua fragilità, i rami secchi della vite (Cfr Gv 15, 4-10) con la loro infecondità. Ma è proprio così questo nostro tempo? Arido, inconsistente, infecondo? Nella seconda lettura san Paolo ha frasi molto forti che nella prima parte di ognuna di esse evidenziano la drammaticità della situazione: siamo tribolati… siamo sconvolti… siamo perseguitati… siamo colpiti…
2. Uno spiraglio di luce: Chiara, “piantuncula” di Francesco
Ma c’è uno spiraglio di luce ed è sempre l’apostolo che lo afferma nella seconda parte di quelle frasi così forti che abbiamo ascoltato: ma non siamo schiacciati… non siamo disperati… non siamo abbandonati… non siamo uccisi… Perché sul nostro mondo, pure così provato, si diffonde la luce sfolgorante della risurrezione; i santi, con il loro esempio, ne sono un riflesso. Santa Chiara è una luce anche per noi oggi. Possiamo rileggere alcuni passaggi della bolla di canonizzazione e ritrovare lì alcuni motivi di speranza. Scriveva infatti papa Alessandro IV in questa bolla: “Quanto è vivida la potenza di questa luce e quanto forte è il chiarore di questa fonte luminosa. Invero, questa luce si teneva chiusa nel nascondimento della vita claustrale e fuori irradiava bagliori luminosi; si raccoglieva in un angusto monastero, e fuori si spandeva quanto è vasto il mondo. Si custodiva dentro e si diffondeva fuori. Chiara infatti si nascondeva; ma la sua vita era rivelata a tutti. Chiara taceva, ma la sua fama gridava” (Dalla Bolla di canonizzazione, Fonti Francescane 3284, n. 4). Il piccolo e nascosto mondo di Chiara ha illuminato il mondo. Continua la Bolla: “Nulla di strano in questo: perché non poteva avvenire che una lampada tanto vivida, tanto splendente rimanesse occulta senza diffondere luce ed emanare chiaro lume nella casa del Signore; né poteva rimanere nascosto un vaso con tanti aromi, senza emanare fragranza e cospargere di soave profumo la casa del Signore. Ché anzi, spezzando duramente nell’angusta solitudine della sua cella l’alabastro del suo corpo, riempiva degli aromi della sua santità l’intero edificio della Chiesa (Fonti Francescane 3285, n. 5).
Ecco la luce, ecco lo spiraglio di speranza che si apre davanti a questo mondo: la testimonianza di una piccola ragazza, una pianticella (ella si definiva “pianticella di Francesco”) debole e fragile, ha illuminato, insieme a Francesco, il mondo. Questo è lo schema e la prospettiva anche nostra: il deserto non più luogo arido, ma ‘abitato’ da Dio e dalla sua creatura; la creta, modellata dal Creatore, esprime un prodotto magnifico; i rami secchi riattaccati e innestati nella vite, producono molto frutto.
Per questo, per saper cogliere nel buio e nelle tenebre di questo mondo la luce, osiamo chiedere a questa nostra santa sorella di estendere la sua benedizione anche a noi, oltre che alle sue consorelle monache: “Vi benedico nella mia vita e dopo la mia morte, come posso e più di quanto posso, con tutte le benedizioni con le quali il Padre delle misericordie benedisse e benedirà in cielo e in terra i figli e le figlie, e con le quali un padre e una madre spirituale benedisse e benedirà i suoi figli e le sue figlie spirituali. Amen” (Fonti Francescane, 2856).