“Con lo skate salvo i bambini dalla strada”

Gli sport da tavola si esprimono tramite manovre. Per impararle devi provarci mille volte, insistere, saltare su quegli scalini, cadere e risalirci sopra finché non arriva il trick perfetto, quello per cui valeva la pena non mollare. Luca Pantani, 38 anni, romagnolo trapiantato da dieci anni a Città del Capo, insegna, insieme al suo team, lo skateboard a una sessantina di bambini sudafricani tra i 4 e i 10 anni, sottraendoli in questo modo alle gang che dominano le baraccopoli dilaganti nella periferia della città.

Luca è in Romagna da qualche giorno per permettere ai nonni residenti a Valverde di Cesenatico di vedere il nipotino di 21 mesi e soprattutto per raccogliere fondi per il suo “Project Kasi”. E questa forse diventerà la sua terza vita.

Nella prima ha gestito locali sulla spiaggia di Cesenatico sognando di partire d’inverno per praticare lo sport dell’anima, surf e kite surf, dopo avere amato smisuratamente da bambino lo skateboard. Poi ha venduto l’ultimo locale, il Caffè live, una decina di anni fa, per trasferirsi stabilmente in Sudafrica, nel paradiso del surf. Lì gestisce, con altri due soci, la trattoria The Cousins in pieno centro a Città del Capo, dove si mangia solo pasta all’uovo fatta a mano, secondo la più rigorosa scuola romagnola. Tagliatelle, strozzapreti, gnocchi e altre prelibatezze preparate da mani africane hanno reso il locale un luogo di culto e di successo. Poi oltre al surf e agli affari, è arrivata la donna della sua vita e da poco un figlio.

«Sentivo di voler restituire il tanto che stavo ricevendo quando ho conosciuto Theo, un ragazzo che vive in una baraccopoli e ha un cuore gigantesco». Spiega Luca: «La maggior parte degli abitanti della splendida megalopoli sudafricana vive nelle township, sorta di favelas. Città del Capo è la città per morti ammazzati più pericolosa al mondo. La prima volta che sono entrato in una baraccopoli ho visto come un film dell’orrore. Eppure.. che colori! Mi sentivo un bersaglio, in pericolo. Col senno di poi posso garantire che la township è sì afflitta dalla piaga delle bande, ma nello stesso tempo è abitata da milioni di persone con cuori immensi, principi di valore da invidiare». È per i bimbi di questa gente che è nato Project Kasi, associazione non profit che ha visto Luca entrare nel progetto di Theo facendo proprio il suo obiettivo: salvare più bambini possibile.

In che modo?Insegnandogli lo skateboard. Theo si era salvato in quel modo dalle gang che arruolano bambini per mandarli a spacciare. Noi mettiamo skateboard, protezioni e insegnanti e creiamo sessioni dove integriamo sport e life skills. Lo skate è lo strumento per interagire con i nostri ragazzi, fargli vedere che c’è qualcuno che tiene a loro, per aiutarli a crearsi una prospettiva diversa. Negli anni ho ottenuto vari aiuti anche dai miei amici italiani, dalla mia mamma e dalla mia famiglia che mi hanno aiutato tantissimo. Abbiamo trovato nel tempo anche una scuola che ci ospita. Al momento facciamo tre volte a settimana lezioni a 30 bambini della township di Nyanga e due sessioni a una ventina di bimbi a Philippi.

Durante il lockdown come hanno vissuto? Nelle baraccopoli la pandemia era l’ultimo dei problemi. Ogni giorno, tutti i giorni la gente deve procurarsi il cibo. Non potevamo fare le session. Abbiamo consegnato cibo alle 19 famiglie dei nostri ragazzi, latte, zucchero, pasta, verdure. Per non lasciarli soli… Eppure tuttora sto ricevendo da questi bambini molto più di quello che ricevono loro da me. Quando torno a casa dopo essere stato da loro, io rinasco.

Cosa si può fare ancora? Qui in Italia voglio fare un tour per promuovere il progetto, coinvolgere qualche negozio di skateboard, supportare in tutti i modi possibili. Invito a donare scrivendo a info@projectkasi.com ma anche andando sul sito www.projectkasi.com e cliccando sul bottone Donation. Il sito è stato tradotto anche in italiano.

Qui sotto Luca con l’amico Theo e i ragazzi