Coronavirus Covid-19: Santa Sede, “il rifiuto del vaccino può costituire un rischio per gli altri”

“È da evitare che alcuni Paesi ricevano il vaccino molto in ritardo a causa di una riduzione di disponibilità dovuta all’acquisto previo di ingenti quantitativi da parte degli Stati più ricchi”. È quanto si legge nella nota della Commissione vaticana Covid-19 in collaborazione con la Pontificia Accademia per la Vita dal titolo “Vaccino per tutti. 20 punti per un mondo più giusto e sano”.

“Occorre sviluppare un programma di distribuzione che tenga conto della collaborazione necessaria per far fronte a ostacoli di carattere logistico-organizzativo in zone poco accessibili“. Il documento suggerisce di individuare un ente internazionale che abbia “il mandato, l’autorità morale e le leve operative che gli consentano di coordinare le diverse componenti del processo”.

L’Organizzazione mondiale della sanità viene indicato come “un punto di riferimento importante da potenziare e da migliorare per gli aspetti che si stanno rivelando insufficienti e problematici”. Quindi, il tema della responsabilità morale di sottoporsi alla vaccinazione, guardando al rapporto tra salute personale e salute pubblica e alla sua stretta interdipendenza. “Si consideri al riguardo la presa di una decisione responsabile, atteso che il rifiuto del vaccino può costituire anche un rischio per gli altri”. “Da un lato, si troverebbero più esposte alle infezioni quelle categorie di soggetti che non possono essere vaccinati (es. immunosoppressi) e che, per evitare il rischio di contagio, possono contare solo sulla copertura vaccinale altrui (e sull’immunità di gregge). Dall’altro, l’ammalarsi determina un aumento dei ricoveri con conseguente sovraccarico per i sistemi sanitari, fino a un possibile collasso, ostacolando l’accesso all’assistenza sanitaria, ancora una volta a spese di chi ha meno risorse”.

Data la sua funzione è molto opportuno interpretare il vaccino come un bene a cui tutti abbiano accesso, senza discriminazioni, secondo il principio della destinazione universale dei beni, menzionato anche da papa Francesco”. Si legge ancora nella nota. Ricordando che “in diverse occasioni papa Francesco ha affermato l’esigenza di rendere gli ormai imminenti vaccini anti-Covid-19 disponibili e accessibili per tutti, evitando la ‘marginalità farmaceutica’”, la nota ribadisce che i principi di giustizia, solidarietà e inclusione devono essere alla base di ogni specifico e concreto intervento in risposta alla pandemia”.

L’obiettivo dello sfruttamento commerciale “non è eticamente accettabile nel campo della medicina e della cura della salute”, ribadisce il documento. “Gli investimenti in campo medico dovrebbero trovare il loro più profondo significato nella solidarietà umana. Perché ciò sia possibile occorre individuare opportuni sistemi che favoriscano la trasparenza e la collaborazione, invece che l’antagonismo e la competizione”.

L’invito è a superare la logica del “nazionalismo vaccinale”, intesa come “tentativo dei diversi Stati di avere il proprio vaccino in tempi più rapidi come forma di prestigio e di vantaggio, procurandosi comunque per primi la quantità necessaria per i propri abitanti”. “Sono assai auspicabili e da sostenere accordi internazionali per gestire i brevetti in modo da favorire l’accesso di tutti al prodotto ed evitare possibili cortocircuiti commerciali, anche per mantenere il prezzo calmierato pure in futuro”.

“La produzione industriale del vaccino potrebbe diventare una operazione collaborativa tra Stati, imprese farmaceutiche e altre organizzazioni in modo che possa essere simultaneamente realizzata in diverse zone del mondo. Si potrebbero così valorizzare gli impianti di produzione e distribuzione disponibili nelle diverse aree in cui i vaccini verranno somministrati, sulla base del principio di sussidiarietà”.