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Coronavirus e ciclismo professionistico. Parla Manuel Belletti: “Ho ricevuto insulti dai passanti e in auto spesso hanno cercato, con manovre spericolate, di farmi cadere”
Fino al 3 maggio tutto lo sport professionistico resterà fermo, in attesa di arginare e debellare la forza del Coronavirus in Italia. È questo quanto deciso dal governo e per il ciclismo romagnolo le ruote resteranno fredde ancora per molto tempo.
Manuel Belletti, da casa sua a Sant’Angelo di Gatteo continua ad allenarsi, in vista di un possibile ritorno al mondo delle corse. “Arrivare a sera è dura – ammette -. Le giornate sono infinite e l’arrivo del sole primaverile non aiuta di sicuro”. La vita di un professionista però continua, “mi sveglio, dopo colazione salgo sulla bicicletta sui rulli per una sessione di due ore e mezzo. Dopo pranzo effettuo esercizi a corpo libero”.
Il loop si ripete da un mese abbondante, anche se inizialmente le uscite su strada erano previste. “In Italia siamo meno di 50 ciclisti professionisti. Quando ancora potevamo circolare liberamente, la gente per la strada non comprendeva il fatto che noi lavoravamo. C’è differenza tra chi pratica il ciclismo per hobby o, come me, in via professionistica. Ho ricevuto insulti dai passanti e in auto spesso hanno cercato, con manovre spericolate, di farmi cadere. Non facevo nulla di male tant’è che sono stato fermato 12 volte da polizia e carabinieri, ma tutte le volte mi hanno lasciato andare perché ero in regola con i documenti”.
Uno dopo l’altro, sono tantissimi gli impegni agonistici cancellati o posticipati in calendario. “Spero vivamente – afferma il ciclista dell’Androni Sidermec – che si possano recuperare alcune gare. Si darà priorità alle classiche mentre altre difficilmente troveranno posto. L’importante ora è poter ripartire”. La vera incognita sarà il Giro d’Italia, con la Romagna attesa protagonista perché “la nuova collocazione, si vocifera, sembra essere a ottobre. Saltare e annullare la corsa rosa sarebbe un disastro”. C’è meno apprensione invece per la cancellazione della 50° Nove Colli in quanto “è sì molto importante, ma non credo che saltare un’edizione possa compromettere il prestigio della manifestazione”.
Oltre all’aspetto sanitario e sportivo, da far fronte c’è anche quello umano. “Questo periodo sta mettendo alla prova tutti: a livello economico per chi non ha più un lavoro, restare a casa mina invece il fisico e l’ambito psicologico. Una volta che tutto tornerà alla normalità, sono convinto che questa situazione possa servire ad apprezzare le cose importanti della vita. Ne usciremo vincitori”. Tra tutti i settori dai quali ripartire, lo sport resta l’ultimo, “è giusto così. Stiamo parlando di una situazione sanitaria che lascia ben poco spazio ad altro. A livello economico sarà una mazzata per molte società sportive. Per gli sponsor non avere quella visibilità richiesta potrebbe essere fatale. Spero che nessuna società giovanile chiuda i battenti perché, a livello generale, sono il serbatoio del professionismo”.
Con 13 stagioni alle spalle da professionista, all’atleta romagnolo non balena nella mente l’idea del ritiro, anzi “compirò 35 anni ad ottobre, sono verso la fine della carriera è vero – ammette – ma fisicamente e mentalmente posso correre ancora per due stagioni”. Proprio dal basso, dai giovani e dai dilettanti occorrerà ripartire, per tenere vivo in Romagna il movimento ciclistico e Belletti è positivo. “Ci sono tanti ragazzi promettenti. Il consiglio che posso dare è di non aver l’assillo di arrivare ai professionisti – conclude ‘Pida’ -,. Il passaggio avviene in maniera naturale”. La Romagna è al sicuro per l’avvenire.