Coronavirus. Ieri sera il Rotary si è interrogato su ciò che è certo e ciò che ancora non lo è

“Nuovo Coronavirus: ciò che è certo e ciò che ancora non lo è”. Questo la questione posta ieri sera dal Rotary club Bologna Valle dell’Idice in una conviviale online con oltre 130 partecipanti, tra cui diversi dal sodalizio cesenate e della Romagna. Ha preso parte alla serata anche il governatore del distretto Emilia-Romagna e Repubblica di San Marino, Angelo Andrisano.

“Vi dirò di fatti scientificamente provati sui punti controversi di questo virus sul quale è già stato detto tantissimo”. Così ha esordito Maria Paola Landini, ordinario di Microbiologia all’università di Bologna e direttore scientifico dell’ospedale “Rizzoli”.

“Innanzitutto ci si chiede – ha proseguito la Landini – se il virus venga da un laboratorio o sia naturale. Ne conosciamo da decenni di due tipi, entrambi naturali. Uno dai topi e uno dai pipistrelli. Poi dal 2002, con la Sars, qualcosa è cambiato, fino al 2019 con l’arrivo del Covid e di questa pandemia. Ci sono più di 1.200 sequenze di virus isolati ovunque e non è stata trovata traccia di modificazione genetica. Quindi si può concludere che è naturale e ci arriva dai pipistrelli. Non possiamo comunque escludere che possa arrivare da un laboratorio. Posso ribadire che non è geneticamente modificato”.

Come ci si infetta? “Per via respiratoria, attraverso le goccioline che emaniamo quando parliamo, tossiamo o starnutiamo – ha detto la ricercatrice -. Tenere presente che con uno starnuto le goccioline possono arrivare a sette metri di distanza perché la loro velocità può essere anche di 150 chilometri orari. Le goccioline si depositano e poi noi con le mani le portiamo alla bocca, al naso o agli occhi. Comunque si sono trovate tracce anche nelle feci, nel sangue e nelle urine. Non possono essere escluse altre vie di trasmissione”.

Quanto sopravvive il virus? “Anche su questo versante se ne sono sentite di ogni tipo – ha aggiunto la docente -. Sopravvive per diverse ore se trova il clima ideale, vale a dire una temperatura tra i 15 e i 20 gradi e un tasso di umidità del 20 per cento. Sappiamo che il virus è sensibile alla temperatura, ma non ne siamo sicuri, anche se con temperature elevate si inattiva in maniera rapida”.

Le persone in fase di incubazione sono infettanti? “Sì, lo sono per almeno due giorni prima dei sintomi – ha risposto la Landini -. Nel 70 per cento dei casi rimane nelle vie aeree superiori, dove le mucose sono ricche di prodotti con immunità innata. Un raffreddore o poco più. Se invece il virus supera questi territori del nostro corpo, in specie nei soggetti anziani e più deboli, raggiunge le vie respiratorie più profonde. Questo può capitare anche nel caso di uno sforzo fisico intenso, quando arriva più facilmente nei polmoni. Nel 30 per cento dei casi la polmonite è la risposta immunitaria e la forma a livello polmonare”.

“C’è poi un terzo caso: quando ci si trova in presenza di una iper reazione del sistema immunitario. In questo caso uno viene ammalato dal fuoco amico. Il sistema immunitario può degenerare in vie non convenzionali con abnorme infezione e coagulazione. Allora si usano farmaci antivirali, anche se specifici ancora non esistono, antiinfiammatori e anticoagulanti. Se questo mix funziona, si possono risolvere anche i casi più gravi”, ha precisato la microbiologa.

Un paziente guarito si può riammalare? “Finora non esiste un solo caso di recidiva – ha detto la prof -. Ma dobbiamo anche dire che non abbiamo dati e ammettendo anche che possa essere così non sappiamo per quanto possa durare l’immunità. I casi citati in questi giorni di alcuni che si sarebbero riammalati in realtà non sono reinfezioni, ma prolungamenti della stessa infezione. Per quanto riguarda le donne, meno colpite dal virus sappiamo che il rapporto dei decessi è 1 a 3, ma non possiamo dire se le donne si ammalino di certo meno degli uomini. Così come i cani e i gatti che sembra si infettino di Covid. E pure i visoni, i furetti, le donnole”.

Infine, ha precisato la Landini, “è vero che il virus adesso sta perdendo forza, passando da uomo a uomo. Meno persone vanno in rianimazione e tanti casi sono trattati precocemente. Abbiamo capito con chi abbiamo a che fare e lo trattiamo in anticipo. Per l’acqua potabile non ci sono problemi: la dose di cloro presente è sufficiente per abbattere l’eventuale virus che invece si trova nelle acque fognarie. L’inquinamento ha inciso? Non si può dire. Certo è che le zone in Italia e non solo nelle quali ha colpito di più sono quelle dove l’inquinamento è più elevato”.

“Nel dicembre scorso abbiamo cercato di prepararci a un virus che non conoscevamo – ha aggiunto Tiziana Lazzarotto, docente associato di Microbiologia all’università di Bologna e responsabile del laboratorio di analisi del territorio bolognese che in regione costituisce il centro di riferimento per tutti gli altri-. Lavoriamo con test molecolari che identificano l’esistenza del virus. Si tratta di test molto sensibili”.

In questo momento – ha ammesso la Lazzarotto che a suo tempo è stata studentessa della Landini – è impensabile usare testi di questo tipo su tutta la popolazione. Stiamo eseguendo il controllo sierologico di tutti gli operatori sanitari. Finora ne abbiamo controllati 20 mila. A oggi utilizziamo test che arrivano dalla Cina. Molti erano fasulli e c’è stato anche un blocco delle importazioni”.

“Ora abbiamo uniformato i test diagnostici e abbiamo identificato colleghi che lavoravano e invece rilasciavano virus (erano contagiati, ndr). Comunque, al momento, la strumentazione in nostro possesso non ci consente di lavorare con numeri elevatissimi. Noi eseguiamo 1.200-1.500 test al giorno. Non abbiamo sufficienti approvvigionamenti. Ma è una questione nazionale, non solo nostra. Bisogna anche dire che la sensibilità al test è del 60 per cento sui sintomatici. Sugli asintomatici è di certo inferiore. Abbiamo in ogni caso seguito un programma deciso a livello regionale”.

Perché in Emilia-Romagna non è stato applicato il modello “segugio” utilizzato in Veneto e in Corea? “Le strategie da adottare non toccano a noi – ha risposto la Landini -. A gennaio non eravamo pronti. In Italia abbiamo avuto due estremi, nelle strategie da adottare: quello del Veneto che ha inseguito i contatti dei contagiati e la Lombardia che si è trincerata negli ospedali con le conseguenze che tutti abbiamo visto e gli stessi ospedali diventati luoghi di contagio”.

“A Vo’ Euganeo – ha aggiunto la Lazzarotto – hanno controllato tutti a tappeto. Come da noi è successo a Medicina. Impensabile per noi oggi. Non abbiamo strumentazioni adeguate e kit a sufficienza. Forniamo risposte a un soggetto clinico e oggi dopo due ore è disponibile l’esito del tampone. In Corea avevano tutto il materiale occorrente. Noi abbiamo dovuto combattere tutti i giorni, da febbraio, con quello che ci veniva fornito quotidianamente. A gennaio vedevo quel che stava accadendo in Cina, ve lo dico per farvi comprendere com’era la situazione allora, e mi dicevo: qua non succederà così”.  

Il prossimo futuro, con le riaperture da lunedì prossimo? “La mortalità sta diminuendo – ha concluso la Landini – anche perché nei tempi di intervento e nella modulazione dei tre farmaci proposti si sta migliorando. In ogni caso la prevenzione rimane molto nella responsabilità individuale e collettiva di tutti noi”.

“Anche chi si occupa di informazione ha le sue responsabilità – ha chiuso la serata la Lazzarotto -. Bisognerebbe che fosse sempre corretta e razionale”.