Cesena
Coronavirus. Il presidente di Cesena Fiera, Piraccini: “Con tutte le cautele del caso, ma si deve ripartire. La crisi economica potrebbe essere peggio della pandemia”
Raggiungiamo al telefono Renzo Piraccini, presidente di Cesena Fiera, nel suo luogo di lavoro. “Oggi sono qui dopo 25 giorni nei quali ho sempre seguito tutto da casa”. La fiera è chiusa, ai dipendenti sono stati applicati gli ammortizzatori sociali, ma le riunioni del consiglio di amministrazione proseguono (rigorosamente online) e i contatti gli stakeolder pure, anche per cercare di capire quali scelte si devono intraprendere nel prossimo futuro. La manifestazione più importante per l’ente cesenate è il Macfrut, già rinviato per ora a settembre. Per mettere in pista l’edizione del prossimo maggio, Piraccini ha compiuto più di 30 missioni all’estero. “Non tengo neanche il conto – precisa – ma ora il mondo è del tutto cambiato e i viaggi sono diventati molto complicati e chissà come si potranno fare”.
Martedì prossimo lo stesso presidente parteciperà a un incontro con il ministero degli Esteri quale membro del consiglio nazionale dell’Aefi, l’Associazione esposizioni e fiere italiane. “Auspichiamo che si prendano provvedimenti, visto che ora il settore è totalmente fermo”, dice subito al riguardo.
Presidente, lei ha fatto dell’internazionalizzazione il suo autentico cavallo di battaglia per promuovere il Macfrut in tutto il mondo. Che si può fare ora? Si dovrà cambiare prospettiva?
Una fiera internazionale per sua natura non può essere che tale. Nasce ed è pensata per mettere in contatto le persone e per fare conoscere mondi e modi diversi di lavorare, produrre, pensare… Lo scenario che stiamo vivendo per il mondo delle fiere è come uno tsunami.
Quali esigenze emergono maggiormente?
Per le imprese di tutto il mondo è cresciuto il bisogno di mettersi in relazione, visto l’attuale contesto internazionale. Le faccio un esempio per cercare di fare comprendere i cambiamenti repentini in atto. Gli agrumi: eravamo costantemente in sovraproduzione, Italia compresa che è una grande produttore, e tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, dalla Grecia alla Spagna a quelli del vicino Medio Oriente. Ora si è capito che per combattere certe malattie la vitamina C fa bene a tutti. La richiesta di agrumi è salita in maniera molto forte. Dal punto di vista economico il dato è ovviamente molto buono, ma impone cambiamenti. Pensi anche ai cibi confezionati, oggi molto più richiesti rispetto a poche settimane fa.
Che succederà poi?
Questi cambiamenti rimarranno. Il bisogno di interfacciarsi, di scambiarsi esperienze è aumentato. Ecco perché, appena sarà possibile, ripartiremo. Innovazione e internazionalizzazione costituiscono le ricette che caratterizzano la nostra catena fieristica. Adesso stiamo ragionando di poter svolgere il Macfrut a settembre. Lo decideremo solo ai primi di maggio. Potremmo anche valutare un eventuale rinvio al prossimo anno, con un evento digitale in autunno per mantenere i contatti e preparare quello del 2021. La situazione è in rapida evoluzione.
Ora che fare?
Siamo in costante contatto con tutti i nostri agenti all’estero. Questo è il momento in cui coltivare ancora di più le relazioni. Fra l’altro, coordiniamo espositori italiani in altre fiere internazionali. E poi ci sono quelli che giustamente chiamano per avere notizie, tutti i giorni. Tante sono state le domande poste. Adesso avvertiamo la necessità pensare a punti fermi, precisi. Faremo il Macfrut solo se ci saranno le giuste condizioni.
Si può pensare a un evento di livello inferiore, meno internazionale?
Vogliamo mantenere alto il livello. La decisione, le ripeto, verrà presa ai primi di maggio. Dobbiamo avere occhi attenti al nostro bilancio, ma anche agli interessi dei nostri espositori. Quindi, se non ci saranno adeguate condizioni, il Macfrut non si terrà. Mi auguro comunque che a settembre, qui in fiera a Cesena, si possano riprendere le manifestazioni in calendario. Penso ad esempio alla mostra dell’antiquariato che vorremmo di certo ospitare come tutti gli anni.
E dell’intero settore dell’ortofrutta alle prese con la pandemia che può dire?
La produzione opera tra mille difficoltà, come accade da anni. Nel 2019 si è avuta la cimice asiatica, in questa primavera le gelate notturne che hanno compromesso molti raccolti. A causa del virus si è in difficoltà per il reperimento della manodopera per la raccolta nei campi. Le devo dire che si ha l’impressione che non si guardi oltre l’emergenza. Si nota un certo abbandono strategico da parte della politica. Invece, mai come in queste settimane si è compreso quanto sia importante avere una propria produzione nazionale. In questo momento la parte della filiera che ha a che fare con packging sta andando forte perché tutti vogliono frutta confezionata e non sfusa. Più critica è la situazione per macchine per la lavorazione della frutta. L’attuale recessione fa rinviare la decisione per eventuali investimenti in macchinari. Questo settore negli ultimi anni ha visto un notevole sviluppo.
Infine, Piraccini, da dove ripartire?
Da due punti fermi: apertura quanto prima, con misure di sicurezza. Il rischio, altrimenti, è che la recessione economica possa essere peggio del Coronavirus. Occorre fare convivere queste esigenze che possono sembrare opposte, invece sono le stesse. Quindi, lavorare sì, ma certe condizioni. Rischiamo di pagare un prezzo troppo alto.