Coronavirus. Il rientro urgente in Italia dopo sei mesi in Asia. “Una notte all’aperto in Mongolia a -14 con seri problemi gastrointestinali non è stato un momento facile da superare”

Dall’altra parte del mondo. E dover tornare presso la propria abitazione di Cesena è stato tutt’altro che facile per Antonio Di Placido. L’emergenza dettata dal divampare del Coronavirus nel sud-est asiatico ha indotto il viaggiatore solitario romagnolo a rincasare con qualche giorno d’anticipo rispetto alla tabella di marcia.

Partito lo scorso 16 settembre, il classe 1996 si è imposto delle regole per compiere l’attraversata dell’Asia “durante questa esperienza non mi sono rasato mai barba e baffi e come budget contavo di utilizzare 20€ di media giornaliera distribuita tra cibo, alloggi, spostamenti e visite delle attrazioni”. Un’impresa titanica a tutti gli effetti, ma l’highlander con zaino sul groppone non è alle prime armi, avendo alle spalle altri viaggi effettuati nei Balcani e in Nord Europa.

“E’ un’esperienza che sognavo fare da tanto – racconta – un po’ sulla falsa riga del libro di Tiziano Terziani, nel quale un indovino gli profetizza di non salire a bordo di aerei altrimenti in quell’anno avrebbe incorso verso la morte”. Dopo aver raggiunto San Pietroburgo e Mosca, il giovane ha attraversato tutta la Russia con il transito suggestivo in Siberia “non ho avuto paura nel trascorrere 84 ore sulla carrozza di terza classe del treno che poi mi ha portato in Mongolia. Ho incontrato persone veramente socievoli e disponibili”.

Uno dei momenti più duri è avvenuto proprio nei pressi della capitale mongola Ulan Bator quando “mentre ero in compagnia di nomadi nelle loro capanne ho avuto seri problemi gastrointestinali, forse per colpa del latte di yak che viene offerto agli ospiti. Come toilette potevo usufruire di una buca scavata per terra a 300 metri dalla tenda e uscire di notte con 14 gradi sotto lo zero non è stato un momento facile da superare”. Per affrontare le diverse condizioni climatiche e una tratta così lunga, “avevo uno zaino da 60 litri e uno più piccolino da utilizzare in giro in città. Ero in possesso anche di una action-cam, un tablet per leggere e giusto cinque magliette, due paia di pantaloni, intimo e giubbotto per superare il freddo in Russia e Mongolia”. Un pacchetto decisamente soft per un’impresa ardua, “avevo a disposizione anche medicine per le urgenze”.

Una volta approdato in Cina, toccando numerose città tra le quali Pechino, il 24enne ha fatto tappa in Vietnam ad Hanoi “qui sono stato derubato in un momento di disattenzione”, Thailandia e poi Malesia, Singapore “ho impiegato 36 ore in barca per arrivare fino a Giacarta in Indonesia” a inizio marzo, con il traguardo fissato a Bali.

Il ritorno in Italia è precipitato in pochi giorni a causa del dilagare del Covid-19 per questo “con la chiusura delle frontiere mi sono ritrovato senza possibilità di rientro. Il biglietto per metà aprile che avevo acquistato a febbraio non era più valido e i prezzi di altri voli alternativi erano schizzati a 2000€ euro, ma con destinazioni in Nord Europa e mi sarebbero state negate in quanto cittadino italiano”. In Indonesia la situazione non era apparentemente grave a fine marzo ma “il governo locale ha ammesso di aver nascosto dei casi positivi al Covid-19 per non destabilizzare la popolazione. Così, mi sono confrontato con altri italiani conosciuti sul posto e ho contattato la Farnesina intenta a organizzare voli di rientro, ma in realtà non sono mai esistiti”.

“Tramite un conoscente – aggiunge – con cui avevo stretto amicizia da pochissimi giorni, sono riuscito ad imbarcarmi, mezz’ora prima della partenza, in un volo diretto a Francoforte e poi sono giunto a Roma due giorni fa”. Non sono mancati attimi di disorientamento con prenotazioni di voli fantasma ma è scaturito il lieto fine, nonostante qualche polemica. “Non ho mai preteso un intervento rapido e gratuito. Io ero ben disposto ad aspettare perché capivo le esigenze in Italia. Rimprovero il fatto che è mancata un’adeguata comunicazione, spesso contraddittoria, a chi doveva rientrare”.

Il contatore personale dei paesi visitati per ora recita 41 nazioni, “ci proverò a vedere tutto il mondo, ma voglio approfondire con calma la cultura degli stati nei quali mi imbatto”. Ci sarà tutto il tempo, una volta passata l’emergenza, per aumentare la statistica e avvicinarsi alla meta finale.