Dall'Italia
Coronavirus. Il virologo Paolo Bassi: “L’unico modo per ‘dare respiro’ in questa situazione è la presenza”
“La decisione del Papa di concedere l’indulgenza plenaria agli operatori sanitari e ai malati mi ha rasserenato. È come se fosse venuto lui, di persona, a passare la mano e l’olio degli Infermi su ciascun malato del mio reparto: quello che pesa di più sono le responsabilità per gli altri”. È molto più che una questione di “contabilità dei peccati” l’indulgenza concessa dal Santo Padre per il dottor Paolo Bassi, direttore delle Malattie Infettive di Ravenna: è la carezza della Chiesa sui suoi pazienti, spiega, l’olio sulle loro ferite, il sostegno a chi, come lui, si occupa di loro. E chi più di lui può sapere quanto sono necessarie ai malati di Covid-19.
Soprattutto i più gravi, racconta, “hanno una gran paura, perché il senso di soffocamento, la mancanza d’aria che la malattia porta con sé sono sintomi pesanti. L’unico modo per ‘dare respiro’ in questa situazione è “la presenza”, dice il dottor Bassi: far vedere che accanto a loro c’è una persona, non solo una struttura. Ora è un po’ più semplice perché arrivano meno malati, più tamponi sono negativi, ma “non bisogna abbassare la guardia: tutto dipende dalle misure di contenimento prese dal Governo. E anche l’esame sierologico potrà essere molto d’aiuto perché darà qualche informazione sull’estensione effettiva dell’epidemia: è infatti molto più ampia di quel che sembra. Insomma, forse si intravede la luce in fondo al tunnel”.
Ma, lascia intendere, è stata dura nel reparto di Malattie Infettive: “Dal primo marzo sono in ospedale tutti i giorni: non c’è sabato, non c’è domenica. Stanchezza e tensioni sono inevitabili, ma quando c’è un punto di riferimento, a livello di direzione sanitaria, tutto cambia. Avere qualcuno come esempio fa la differenza. E alla fine emergenze come queste fanno squadra, permettono di costruire anche per il dopo”.
Costruiscono, anche un’immagine diversa del medico e dell’infermiere. Come ci si sente nei panni degli “eroi nazionali”? “Dopo un periodo nel quale eravamo i più delinquenti e nullafacenti? – scherza – Direi come prima. Però credo che i sanitari siano più eroi che delinquenti. Il sistema sanitario è sano, fatto di gente che ci crede e che si spende fino in fondo. E quest’emergenza l’ha dimostrato”. Ma quando parla di “eroi” il dottor Bassi non pensa solo a medici e infermieri: “C’è un’eroismo quotidiano, nelle famiglie, nella costanza di preparare un piatto caldo ogni sera per chi torna a casa, nella speranza che ti danno”. È in questi piccoli gesti, nell’attenzione con la quale tanti fanno il loro mestiere, nella solidarietà che l’emergenza ha generato che Bassi, da credente, vede Dio. E l’ha visto anche nei momenti più bui, spiega: “Io so che la Provvidenza c’è, sono certo che tutto questo serva a qualcosa. La solidarietà con i miei colleghi, l’attenzione, la condivisione, l’amicizia: sono luce in queste giornate. Però mi ha fatto riflettere la storia di san Calogero di Corleone: ex esponente della mafia siciliana, sente la vocazione e diventa frate. Ma durante l’epidemia nella sua città, resta l’unico sano del suo convento. Allora pende una statuetta di San Francesco con sé, quasi la sequestra, e gli intima di aiutarlo a salvare tutti. Ecco, credo che a volte, il Signore bisogna prenderlo di petto. Fare come il Papa: mettersi lì davanti al Crocefisso, e chiederglielo di aiutarci, con fermezza, con decisione”. Come si chiede ad un amico, o meglio a un Padre. Difficile che non ascolti.