Coronavirus. Musumeci, ex ergastolano: “Un gesto di clemenza e il perdono possono fare breccia nel cuore di tanti”

“E’ bello ricominciare”, dice l’ex ergastolano ostativo Carmelo Musumeci. L’abbiamo raggiunto al telefono nella sua nuova dimora a Bevagna, in provincia di Perugia. Da tempo è ospite in una casa d’accoglienza gestita dalla comunità papa Giovanni XXIII fondata dal sacerdote riminese don Oreste Benzi. Qui Carmelo svolge tutti i servizi che gli vengo chiesti, dall’aiuto in cucina all’assistenza agli anziani ospiti. E sempre qui sta scontando il periodo di “liberazione condizionale” grazie al quale non deve più rientrare in carcere, ma ha una libertà limitata.

“Se devo andare dalla mia famiglia – prosegue Musumeci – o se devo uscire dal territorio provinciale devo chiedere ogni volta l’autorizzazione al magistrato di sorveglianza. Questo percorso durerà cinque anni. Dopo di che, se tutto andrà bene, il mio ergastolo dovrebbe essere estinto. Per ora è sospeso”.

“Nulla a che fare con il passato – aggiunge l’ex detenuto – anche se una volta alla settimana devo andare dai Carabinieri a firmare o se a volte ci sono i controlli notturni. Comunque, dopo 25 anni di detenzione, il mio pensiero va spesso ai miei ex compagni di cella, a chi è rimasto dentro e non ha voce. Per questo motivo cerco di battermi per loro, anche in questa emergenza sanitaria”.

“Capisco la paura di chi si trova in carcere, in quegli spazi ristretti – mette in evidenza Musumeci -. Se è dura fuori, provi a pensare come può essere dentro quelle celle, in quegli ambienti angusti. Già lo Stato viola le stesse regole sue. Siamo in presenza di un notevole sovraffollamento, con oltre 60 mila detenuti contro una capienza di 48 mila. Come si può stare in queste condizioni a un metro di distanza?”.

In Iran e negli Usa molti carcerati sono stati liberati. “Almeno i più anziani e gli ammalati potrebbe essere scarcerati – propone Musumeci -. Sarebbe un gesto caritatevole, un atto di clemenza. Altrimenti si corre il rischio che ci sia tanta gente sempre più arrabbiata. Invece un po’ di affetto sociale e il perdono posso fare breccia nel cuore di tanti. Sarebbe l’arma migliore per sconfiggere qualsiasi tipo di fenomeno criminale, esattamente come è capitato a me”.

“Anche i familiari dei detenuti rischiano di avere risentimenti nei confronti dello Stato. Si sentono abbandonati. La devianza potrebbe colpire anche loro. E queste situazioni potrebbero aumentare se si continuerà a considerare i detenuti solo coma carne da cannone”.