Cesena
Coronavirus. Una specializzanda al “Bufalini”: “All’inizio eravamo impauriti. Poi la paura si è trasformata in coraggio e persino in amore”
“Abbiamo dovuto cambiare il nostro mestiere, in questa fase”. Lo ha detto poco fa in una conferenza stampa in chat il professor Luca Ansaloni, primario all’ospedale “Bufalini” del reparto di chirurgia generale e d’urgenza. “Su questi ammalati – ha proseguito il medico – si viaggia con tante incertezze. Sono persone molto sole. Anche le diagnosi da comunicare ai parenti al telefono non sono semplici da gestire”.
Gli ha fatto eco uno dei 17 medici specializzandi dell’università di Bologna che dall’inizio dell’emergenza sono in forze al nosocomio cesenate, la dottoressa Emilia Fontanazza di Caltanissetta. Con loro, ci sono anche due giovani medici da Napoli e due da Messina. “Sì, qui si ha a che fare anche con la morte – ha detto la giovane Emilia -. Vi posso riferire della mia esperienza, poi magari qualche altro ne ha una diversa. Se un ammalato è molto grave e non è cosciente, da credente in quei casi ho cercato di stargli vicino, di instaurare un dialogo a tre, tra me, lui e Dio. Poi ho sempre tenuto una mano e ho recitato una preghiera, un terapia che in questi casi può fare bene”.
“Non mi sento un eroe – ha aggiunto Emilia -. Abbiamo fatto il nostro dovere. Si dà ciò di cui c’è bisogno. Per noi e per me si è realizzato quello che dovevamo. Certo, è chiesto un impegno in più, ma rimane quello cui eravamo chiamati. All’inizio, certamente, eravamo impauriti. Poi la paura si è trasformata in coraggio e persino in amore”.
“L’idea di questo incontro con la stampa – ha aggiunto Ansaloni – è per far conoscere alla città ciò che questi specializzandi hanno dovuto affrontare. Si sono trovati in trincea e si sono messi in discussione, di fronte a una malattia nuova, come abbiamo fatto anche noi. Ci hanno dato un grande aiuto, anche nei momento in cui l’ospedale è andato sotto pressione. Si sono messi a disposizione dei due reparti di Chirurgia e di Terapia intensiva. Ora la situazione è più sotto controllo. Volevamo dare loro il giusto merito. Dovevano essere qui, è vero, ma non dovevano avere a che fare con il Covid”.
“Si è trattato di uno scenario del tutto nuovo – ha proseguito Ansaloni -. Con i pazienti si cerca di capire. Si cerca di portare conforto e incoraggiamento. Si parla con i parenti. L’impatto umano è aumentato, viste le distanze e il fatto che i pazienti sono soli. I neochirurghi sono stati utilizzati per lo screening dei malati in attesa dei tamponi. In quei casi dovevamo trattare tutti come se fossero stati ammalati Covid. E vivere l’attesa del responso del tampone non è stato per nulla semplice”.
Uno specializzando aggiunge: “In specie gli anziani vivevano questa aspettativa come se dovesse essere l’ultima chance. Dover dire “guardi che è positivo” non è stato facile per nessuno, specialmente con tutte quelle bardature. Non ci si può avvicinare agli ammalati che si sentono molto soli. A volte per metterli in comunicazione con la famiglia si fa usare il telefono che mettiamo in un sacchetto di plastica”.
“Questa nostra attività comporta dei rischi – dice ancora Ansaloni -. E sono rischi che eccedono la routine. Ci siamo anche dovuti reinventare. E loro, questi specializzandi, erano venuti qui per curare i traumi, non per il Coronavirus. E di traumi, in questo periodo, ne hanno visti pochi. Hanno imparato a svolgere un’attività diversa. Loro sono qui, lo voglio ricordare, con una borsa di studio da 1.600 euro al mese e in aprile devono pagare il saldo delle tasse universitarie che in totale sono di 2.400 euro l’anno. Ora hanno ottenuto una dilazione fino al 31 maggio. Molti hanno anche l’affitto da pagare”.
Li sostiene anche il primario di Anestesia e Rianimazione, Vanni Agnoletti. “Le scuole di specialità – dice il professore – hanno richiamato i loro allievi, ma loro potevano rinunciare. Potevano rientrare a Bologna, se lo avessero voluto. Ma loro non lo hanno fatto. E di questo va dato giusto merito”.
Al momento i ricoverati in Terapia intensiva sono 17. “Di questi sei sono positivi al Covid – ha risposto Ansaloni alle domande dei giornalisti -. Questi ragazzi che abbiamo qui con noi costituiscono per noi un valore aggiunto. L’università ce li affida e per noi sono una risorsa”.
“Abbiamo ricovero tutti”, ha chiarito il primario della Terapia intensiva rispondendo a chi chiedeva se avessero dovuto fare scelte tra i pazienti.
“Per noi è stata una scelta fortemente voluta – ha aggiunto in conclusione la specializzanda in anestesia Maria Giacinta Bianchi -. Ci siamo messi in gioco, anche venendo ogni mattina da Bologna, e abbiamo trovato un ambiente che ci ha accolto”.
A latere la dottoressa Costanza Martino ha lanciato una raccolta fondi per l’associazione Astra per sostenere i giovani medici. Ecco i riferimenti per le donazioni.
Tramite Astra (Associazione SOS traumaneuro Romagna), organizzazione comunemente utilizzata per raccogliere risorse per il reparto di Anestesia e Rianimazione del nostro Ospedale. L’invito è quello di fare una piccola donazione utilizzando l’IBAN IT06Q0623023900000030768978.
Di seguito i nomi dei giovani specializzandi coinvolti nell’emergenza Covid 19 presso il Bufalini di Cesena: presso l’unità operativa di Anestesia Marco Madagliele, Lorenzo Miggiano, Rossi Barbara, Vittorio Pesci, Elena Tarozzi, Marta Sylwia Brozyna, Silvia Cardini, Maria Giacinta Bianchi, Giulia Benassi, Emilia Fontanazza, Virginia Terminiello, Luca Mezzatesta, Chiara Rosato e Andrea Sica. Presso l’unità operativa di Chirurgia Chiara Casadei, Enrico Prosperi e Giacomo Sermonesi.
Qui sotto un momento della conferenza stampa di questa mattina su una piattaforma online.