Costi alle stelle, le imprese sono in apnea

Indagine sull’andamento economico del commercio e del turismo: nel cesenate il 90 per cento degli interpellati ha ammesso di aver stravolto il proprio modo di fare impresa. Per sopravvivere si punta su nuovi prodotti.

Il primo imputato è il caro energia, con i costi di gas e luce ormai impazziti (e non solo per la guerra in Ucraina). Ma ci sono altri problemi sul tavolo mentre i dati, raccolti con puntualità da Confesercenti cesenate, mostrano anche qualche elemento che fa ben sperare per il futuro.

L’indagine è stata presentata questa mattina nella sede dell’associazione di categoria dal responsabile del centro studi Angelo Spanò, affiancato dal presidente comprensoriale Cesare Soldati e dal direttore di Confesercenti Cesena e Ravenna Graziano Gozi. Con loro il sindaco di Cesena Enzo Lattuca e il neo presidente della Camera di Commercio della Romagna Carlo Battistini.

Un parterre economico-politico di rilievo ma che poco può contro fenomeni macroeconomici: «Difficile agire a livello locale contro il caro energia o l’inflazione – ha spiegato Lattuca – fenomeni da arginare, sulla speculazione, a livello nazionale ed europeo». E dire che il Comune era intervenuto a favore delle imprese, ad esempio con mezzo milione di euro per l’innovazione: «Ma i nostri contributi rischiano di essere mangiati dal caro bollette».

I costi dell’energia sono impressionanti. Si è passati, secondo i dati illustrati da Spanò, dai 60 euro a megawattora a 530 euro, con picchi di 800 euro. Andamento analogo per il prezzo del gas, decuplicato dai minimi toccati un anno e mezzo fa.

«Ci eravamo quasi dimenticati di quello che ai tempi della Lira era un problema quotidiano: l’inflazione. Secondo la Banca d’Italia dovrebbe toccare il 7,8 per cento quest’anno, ma la previsione andrà rivista al rialzo» ha rilevato Spanò.

Dal sondaggio tra gli associati, condotto tra il 17 e il 22 agosto, commercianti e operatori turistici vedono la pandemia ormai alle spalle. Ma le speranze di ripresa sono state gelate dalla guerra e dall’incertezza politica. Solo un 10 per cento confida in soluzioni a breve termine. L’occupazione preoccupa poco (il 60 per cento li vede stabili) ma il 45 per cento trova difficoltà a reperire personale (il dato è in calo di 5 punti, anche se il trend è ormai strutturale).

«Il commercio in questo momento è un malato terminale – ha commentato Soldati – e soffre anche del ridotto potere d’acquisto delle famiglie, che vedono i costi fissi medi in aumento dal 47 al 52 per cento».

Soffre meno il comparto turistico della provincia di Forlì-Cesena che, partendo da numeri più bassi della riviera e delle città d’arte, è calato solo del 5,5 per cento sul 2019 contro il meno 18 per cento regionale.

Per gli imprenditori interpellati a livello locale la crisi si è sentita meno che altrove. Segno di un tessuto economico sano e di una buona collaborazione tra istituzioni e imprese.

A dare qualche segnale di speranza agli imprenditori, sul fronte dei prezzi, è il presidente della Cciaa Carlo Battistini: «Se si mette da parte la componente energia, i prezzi delle materie prime sono in calo. La previsione dell’inflazione come fiammata, dunque, era giusta. Ora l’Italia deve mostrarsi credibile al mondo. Per questo bisogna replicare nell’intero Paese quanto fatto in questi anni, in termini di stabilità e innovazione continua, lungo la via Emilia fino a Milano inclusa».

In attesa di provvedimenti a livello nazionale ed europeo, gli imprenditori restano in apnea. Quanto riusciranno a resistere non è dato saperlo: «Siamo davvero sott’acqua – ha concluso Soldatisperiamo di riprendere presto il fiato».