Covid 19, sospese le visite dei parenti a Santa Teresa. La direzione: pazienti fragilissimi, “non possiamo correre alcun rischio”

Sono i più fragili tra i fragili: e il Coronavirus ora li rende anche un po’ più soli. Da oggi sono interdette le visite di parenti e l’accesso di tutti gli esterni ai reparti di Santa Teresa, salvo eccezioni decise dalla direzione sanitaria. E’ uno degli effetti del decreto varato ieri dal Consiglio dei Ministri per prevenire e contrastare la diffusione del Covid 19. E d’altra parte sono proprio gli ultra 75enni, ammalati e allettati (come la maggior parte dei degenti in questa come in altre case di riposo) a rischiare di più se contagiati dal virus.

Dalla direzione della struttura lo spiegano chiaramente: “Se il virus entrasse qui dentro, la metà degli ospiti correrebbe seri rischi”, quantifica il direttore della struttura che è ancora in capo all’Opera Santa Teresa (essenzialmente la comunità dei sacerdoti residenti e alcuni altri), il diacono Luciano di Buò. Stessa valutazione da parte di Stella Coppola, della cooperativa Dolce che gestisce la Casa residenza anziani e la casa di riposo: “Fino a ieri avevamo chiesto ai parenti di limitare le visite a una persona al giorno possibilmente sempre la stessa. Ma ora il decreto approvato ieri impone una stretta. Abbiamo avvisato telefonicamente tutti e il dottore e la dottoressa sono sempre disponibili per parlare con i parenti e tutti hanno capito. Non possiamo rischiare. Per questo la scelta è stata così drastica”.

Sospese a Santa Teresa tutte le attività dei volontari, l’accompagnamento dell’Unitalsi e ovviamente le funzioni religiose. E anche gli amministrativi non entrano più nei raparti. L’accesso è consentito solo al personale sanitario e alle oss, “al quale sono stati forniti tutti i presidii protettivi: dalle mascherine al gel disinfettanti, oltre ovviamente ai guanti. Per affrontare questa situazione abbiamo invece aumentato le attività e le attenzioni sull’animazione”

Una scelta doppiamente gravosa per Luciano di Buò, che è anche il figlio di un degente, oggi 92enne: “Lo vivo anche da figlio – racconta – Ma sono misure che ritengo giuste e inevitabili”. Oltre al rischio reale per la vita dei più fragili (la prima cosa da evitare), ci sono anche considerazioni di gestione che hanno portato a questa scelta (comunque imposta dal decreto): “Se si ammala anche solo una persona o una parte del personale sanitario, occorrerebbe trasferire tutti. E dove?”.

Una scelta difficile, necessaria e obbligata, conclude Coppola, ma resa più leggera dalla comprensione di tutti i familiari dei degenti: “La metà circa dei degenti ha soprattutto bisogni assistenziali (per deterioramento cognitivo). Per gli altri, cercheremo di programmare telefonate e in casi particolari di crisi anche visite controllate. Ai nostri anziani non manca nulla: sono supportati e, data la situazione, più coccolati del solito”.