Cesena
Crisi materie prime e superbonus del 110 per cento: il rebus si complica
Il “Superbonus 110%” è stato prorogato al 30 giugno 2022 per le abitazioni singole e al 31 dicembre per i condomini. L’agevolazione fiscale per la ristrutturazione che migliora l’efficienza energetica e la sicurezza dal punto di vista sismico degli immobili, consente di detrarre dall’Irpef il 110 per cento delle spese, e fa gola a molti. Di fatto, però, si concretizza per pochi.
Sulla ricerca e sulla scarsità delle materie prime, collegato anche al tema del Superbonus e dei lavori in edilizia, è incentrato il Primo piano della nostra edizione cartacea in edicola da questa mattina. Il titolo in prima pagina (foto in alto) è già di per sé esplicativo: “Il mondo ha fame di semiconduttori. Sulla ripresa incombe la crisi delle materie prime”.
In argomento abbiamo posto alcune domande a Giampiero Placuzzi, vicesegretario della Confartigianato di Cesena.
Dottor Placuzzi, dal suo osservatorio particolare, ci conferma che nonostante la proroga, chi si avventura oggi nell’impresa Superbonus non ha garanzia di arrivare vincitore alla meta?
Confermo. Di fatto riesce a realizzare chi aveva programmato i lavori da tempo. Chi si approccia in questo momento al proprio tecnico avrà grandissime difficoltà a chiudere i lavori entro il 31 dicembre 2022. A oggi la stragrande maggioranza delle imprese, che da noi sono di piccole dimensioni, hanno commesse per i prossimi sette, otto mesi, quindi non riescono a chiudere i cantieri in tempo utile.
Quindi, se io vado da un tecnico, che risposta potrei ottenere?
Se lei decide di andare oggi da un tecnico, mi vengono dubbi sulle possibilità di ottenere qualcosa. Il termotecnico dovrebbe studiare la sua casa, che se avesse una anomalia (ad esempio una veranda che inizialmente non esisteva) avrebbe già incontrato il primo fattore bloccante. Il settore Urbanistica di un Comune che deve rilasciare la documentazione fino a qualche tempo impiegava tre mesi. A Cesena oggi si attende di meno perché sono stati assunti alcuni tecnici, ma parliamo di almeno 30/40 giorni. Poi si tratterebbe di trovare l’impresa edile, l’impiantista, chi fa il fotovoltaico. Molti lavorano anche di notte, chi produce infissi è sommerso di lavoro….
Quali sono le cause di questo imbottigliamento?
Primo la procedura per ottenere il 110 per cento è estremamente complessa e per certi versi difficoltosa da impiantare. Nonostante le recenti ma limitate semplificazioni, resta una pratica intricata. L’altra ragione è il boom di richieste. Dopo una prima fase nella quale, viceversa, si registrava una certa ritrosia a iniziare questo percorso, la domanda è ripartita dai primi mesi di quest’anno e oggi le aziende, come detto, sono impegnate. In generale, tutto il comparto edilizia e costruzioni deve fare i conti con l’aumento dei prezzi delle materie prime per cui aziende che avevano già sottoscritto contratti, si trovano a doversi confrontare con l’esplosione dei prezzi e vorrebbero rivedere i contratti già sottoscritti. Chi non ha messo clausole di salvaguardia, si trova costretto a lavorare con margini ridotti. I prezzi di quattro mesi fa non sono più rispondenti alla realtà che ha visto, per esempio, aumentare la gomma del 49,8 per cento e i tronchi di legname del 25,3 per cento. Queste cifre, che abbiamo acquisito da un apposito studio di settore, confermano che se c’è ricontrattazione con il proprietario, la pratica va a buon fine e il vantaggio è notevole per tutti.
È possibile in tutti i settori?
In altri settori questa possibilità non è data. Pensiamo alla manifattura e alla meccanica dove l’aumento di prezzo dei materiali ferrosi ha superato il 100 per cento. Ma gli aumenti riguardano anche le plastiche, i microchip. Se il committente ha un contratto per un semilavorato sottoscritto un anno fa, la piccola azienda lavora in perdita o quasi. Su questo tema abbiamo organizzato un incontro rivolto agli imprenditori locali lunedì 13 settembre alle 17,30 con l’intervento di Giancarlo Petrini, direttore del Credito cooperativo romagnolo.
Tuttavia, si stanno chiedendo ulteriori proroghe del superbonus…
Tutti stiamo chiedendo proroghe. Ma su questo pesa il grande interrogativo del bilancio dello Stato. Il 110 per cento ha un costo esorbitante per il fisco.
Su tutto questo incide anche l’effetto della speculazione?
Non tanto, le analisi che vengono fatte non dicono questo. Non si tratta di speculazione. Il tema è che il boom post pandemia ha fatto impennare in Europa e nel mondo la richiesta di beni di prima necessità, ovvero materie prime. L’altra ragione è geo-politica. In passato tante imprese o attività di produzione di semilavorato sono state lasciate in mano a imprese cinesi, notoriamente il paese che produce semi lavorati per tutto il mondo. Forse qui si deve registrare una chiusura anche politica circa le esportazioni. Ci sono difficoltà a portare in Europa semilavorati che vengono unicamente prodotti in Cina, con vantaggi evidentemente legati al basso costo della manodopera. In Europa la produzione metallurgica non c’è più e la Cina impone dazi in uscita, con costi in risalita. È una questione politica di protezione del mercato? Gli studiosi dicono che si tratta di una fase temporanea, magari fra cinque o sei mesi la bolla si sgonfia. Gli imprenditori ci credono poco e si aspettano che questi prezzi lievitati ce li dovremo tenere per un po’.
Ci sono altri aspetti che possono avere inciso su questa situazione?
Altra chiave di lettura, che però ha origini diverse, è quella della mancanza di forza lavoro qualificata e specializzata. Aziende che avevano propri dipendenti e che devono far fronte all’impennata delle commissioni, non trovano addetti. Ma qui si apre tutto il tema che riguarda il legame tra scuola e imprese, due mondi che viaggiano in maniera parallela. Questo governo, infatti, mi pare punti di molto sugli Istituti tecnici superiori. Ma il disastro è stato creato qualche anno fa. Oggi si dice che l’Italia dovrebbe chiudere il 2021 con un aumento del Pil del 10 per cento.
Questo 10 per cento, che pare molto elevato, non sarebbe un rimbalzo un po’ insano?In effetti è così. Eppure i dati sono questi.
Quante sono le pratiche realizzate rispetto alle richieste che arrivano?
Non ho questo dato, ma posso dirle che uno dei nostri principali General contractor su 250 contratti ne ha portati a termine il 30/40 per cento. Da qui al 31 dicembre del 2022 chi intraprende il lavoro, deve solo correre per chiuderlo. Se è vero che il 110 è davvero vantaggioso, non sarebbe deleterio che si riducesse a una percentuale del 70 per cento. Chi ne usufruisce ci mette 20/25 mila euro con il risultato positivo di mantenere il proprio manufatto in buone condizioni. L’intuizione felice del sistema bonus è proprio quella di stimolare negli anni il rinnovamento del patrimonio edilizio realizzato nel ventennio 1960-1980. Magari non con il 110 per cento, ma con una percentuale più bassa, però reale. Osservo inoltre che il boom del Superbonus non viene solo dal vantaggio fiscale, ma dal vantaggio legato al credito di imposta che si può cedere. Il proprietario che ieri, prima di questa normativa, doveva scontare il credito nelle tasse annuali in dieci anni, ora può cederlo alla banca o all’impresa, e non si porta dietro un credito che chissà se potrà scontare. Si tratta di una grande agevolazione che vale per bonus anche minori come il bonus facciate o quello legato al risparmio energetico. Questo meccanismo della cessione ha aperto il mercato dei crediti di imposta, incentivo estremamente positivo. Molti di coloro che si affacciano oggi al Superbonus e ne intuiscono le difficoltà, si orientano su bonus minori, con percorsi più semplici, meno rischiosi e senza scadenza.