Cristiani perseguitati. Acs: “Nel mondo ogni mese imprigionati ingiustamente oltre 300 cristiani”

In Eritrea Abune Antonios, patriarca della Chiesa ortodossa di Tawahedo, è agli arresti domiciliari dal 2007, con nessuna accusa; in Cina il vescovo di Baoding, James Su Zhimin, senza processo, è stato in carcere per quasi un quarto di secolo. Non si sa se sia ancora vivo. Leah Sharibu, in Nigeria, è una delle oltre 100 studentesse rapite da Boko Haram nel febbraio 2018, l’unica cristiana e l’unica prigioniera a non essere rilasciata, perché ha rifiutato di rinunciare alla fede come prezzo della sua libertà. Maira Shahbaz, in Pakistan, a 14 anni è stata rapita sotto la minaccia delle armi, stuprata, costretta a rinunciare alla sua fede cristiana e a contrarre un matrimonio fittizio. Scappata dalla prigionia, si è nascosta per le minacce di morte.

Sono solo alcune delle storie che emergono dal primo Rapporto “Libera i tuoi prigionieri” sui cristiani ingiustamente detenuti per la loro fede, diffuso oggi dalla fondazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che soffre. Il rapporto, spiega Acs, “esamina sia l’azione dei governi sia quella delle organizzazioni estremiste. Gli scenari descritti comprendono le prigionie per motivi di coscienza, le detenzioni arbitrarie, i processi ingiusti, le condizioni carcerarie inadeguate, i casi di tortura e la pressione per indurre ad abbandonare la fede”.

La prefazione porta la firma di Asia Bibi, simbolo dell’ingiusta detenzione causata dall’avversione al cristianesimo. Scrive la donna pakistana accusata di blasfemia: “È tempo che i governi agiscano. È tempo di manifestare in difesa delle nostre comunità di fedeli, vulnerabili, povere e perseguitate. Non dobbiamo fermarci finché l’oppressore non senta finalmente il nostro grido: libera i tuoi prigionieri”.

I numeri

Dal Rapporto emerge che “ogni mese, nei 50 Paesi più a rischio, vengono imprigionati ingiustamente oltre 300 cristiani”. Tra questi figura “la Nigeria dove ogni anno più di 220 fedeli vengono rapiti e imprigionati ingiustamente da gruppi di miliziani jihadisti. I sequestri di persona a scopo di riscatto sfociano spesso in uccisioni di sacerdoti protestanti e cattolici. In Pakistan annualmente si verificano circa 1.000 casi di conversioni forzate di ragazze e giovani donne cristiane e indù. Esiste un problema simile in Egitto, dove giovani donne cristiane copte vengono rapite e costrette a sposare i loro rapitori non cristiani”. Altri paesi sotto la lente del Rapporto sono la Corea del Nord dove si stima “vi siano circa 50.000 cristiani nei campi di lavoro, cioè quasi il 50% del totale dei detenuti in queste drammatiche condizioni. In Eritrea sarebbero più di 1.000 fedeli cristiani ingiustamente detenuti. In Myanmar lo United Wa State Army è stato accusato di aver orchestrato una campagna di terrore prendendo di mira i cristiani con il pretesto di combattere il presunto estremismo religioso. A partire dal 2018, l’esercito avrebbe interrogato e arrestato 100 pastori e reclutato con la forza studenti cristiani. In Iran informazioni non confermate di un incremento dei convertiti al cristianesimo sono state addotte come causa dei nuovi provvedimenti restrittivi del regime islamico ai danni dei fedeli”. “Tra il novembre 2018 e il 31 ottobre 2019, – denuncia il Rapporto – la Cina ha imprigionato senza accusa 1.147 cristiani a causa della loro fede: il 30% dei fedeli ingiustamente detenuti in tutto il mondo. L’aumento rispetto all’anno precedente è stato di 561 unità e si pone nel contesto di un marcato inasprimento del trattamento dei cristiani da parte del governo, con demolizioni di chiese, distruzione di croci e altri simboli religiosi nonché l’interferenza dello Stato in quasi ogni aspetto della vita della Chiesa, dalla nomina di vescovi alle iniziative caritative cristiane”. I cristiani non sono l’unica minoranza di fede a subire ingiusta detenzione. Nel Rapporto Acs riferisce anche “i musulmani Rohingya, e i loro correligionari uiguri detenuti in campi di concentramento in Cina; nello Stato dell’Assam, in India, nel settembre 2019, quasi 2 milioni di persone, per lo più di fede islamica, sono state minacciate di detenzione o deportazione dopo che i loro nomi non sono apparsi sul Registro Nazionale dei Cittadini”.  

Impatto del Covid-19

Anche il Covid-19, si legge nel Rapporto, ha avuto conseguenze dirette sulla ingiusta detenzione. L’impatto è stato “in qualche modo misto”: all’inizio della pandemia i regimi autoritari hanno “allentato la pressione su gruppi religiosi non ufficiali” per dare priorità all’emergenza sanitaria, salvo poi ripristinare i propri sistemi di controllo e di arresto di cristiani. “A causare un peggioramento della situazione è stata la chiusura parziale o totale dei tribunali e di altre attività legali che ha causato ulteriori ritardi per i cristiani reclusi in attesa di appello. Inoltre, dal momento che le funzioni religiose si sono spostate online per le restrizioni anti Covid e per il lockdown, i governi autoritari hanno potuto aumentare la sorveglianza e la repressione di coloro che sono stati trovati a partecipare a presunte attività illegali”. A questo va aggiunto che “mentre i governi erano impegnati ad affrontare il problema della pandemia i soggetti non governativi, violenti nei confronti dei cristiani, hanno potuto portare avanti le loro attività persecutorie. I gruppi militanti islamisti ne sono un esempio”.

Minoranze religiose a rischio

Dato il numero di gruppi religiosi minoritari colpiti da ingiusta detenzione, “la necessità di agire tempestivamente – rimarca il Rapporto – è fondamentale. Ogni pretesto per detenere le persone ingiustamente contro la loro volontà – per lucro, abuso sessuale, motivi etnici – non deve minimizzare la parte che riguarda i motivi religiosi”.

“Per troppo tempo l’odio religioso è stato sottovalutato nella spiegazione del fenomeno della ingiusta detenzione. Se non verrà apertamente riconosciuto – denuncia Acs – tutte queste minoranze religiose saranno sempre più a rischio”.