Cesena
Cristina Golinucci, a Ronta l’incontro nel ricordo del suo compleanno
Cristina Golinucci ha – avrebbe – compiuto 53 anni giovedì scorso. La differenza tra il presente e il condizionale sta in quello che accadde quel martedì 1 settembre 1992, tra il parcheggio e il convento dei Cappuccini, a Cesena. La ragazza di Ronta, allora 21enne, parcheggiò la sua Fiat 500 color carta da zucchero nel parcheggio vicino al convento. Aveva appuntamento per le 14,30 con il suo padre spirituale, fra Lino Ruscelli. L’auto venne ritrovata parcheggiata, ma non avvenne mai l’incontro con padre Lino. Cristina sparì. Da allora – e di anni ne sono trascorsi oltre 31 – di lei non si sa più nulla.
Oggi la frazione Ronta e la comunità cesenate si sono date appuntamento nel giardino a lei dedicato. Lì dove pochi anni fa è stata collocata la panchina rossa simbolo delle donne uccise o scomparse per mano violenta. Lì la mamma di Cristina, Marisa Degli Angeli, ha portato una rosa bianca. Le forze fisiche di Marisa possono essere indebolite dall’età, ma non certo la forza nella ricerca della verità su quanto successe alla figlia in quel giorno di fine estate del 1992, da poco tornata da un campo scuola interparrocchiale. Con in borsa i documenti necessari per un colloquio di lavoro e nello sguardo i desideri di una giovane donna a cui la vita si apriva davanti, nella libertà di scelte consapevoli.
Una ricerca, quella della famiglia Golinucci-Degli Angeli, che in questi 31 anni e più – in mezzo, nove chiusure-riaperture del caso – spesso ha trovato difficoltà. Accanto a Marisa, oggi ha preso la parola l’avvocato che dal 2021 affianca la famiglia. Barbara Iannuccelli è del foro di Bologna e originaria della Ciociaria, e ha la stessa età di Cristina. “È un po’ Cristina, la ringrazio tanto. Le auguro di proseguire in questa ricerca e di avere soddisfazione”, le parole di Marisa.
Tra l’attenzione e il silenzio dei partecipanti, l’avvocato ha presentato una volta di più lo stato ‘dell’arte’ del caso Golinucci, riaperto presso la Procura di Forlì a luglio 2022 e di cui a marzo prossimo, dopo un rinvio di tre mesi, scadranno i termini con il rischio, nel caso non emergessero nuovi elementi ritenuti validi alle indagini, di una nuova ed ennesima chiusura del caso.
“È una verità che Emanuel Boke, al tempo ospite del convento, due anni dopo la scomparsa di Cristina si rivelò nella sua vera natura di violentatore sessuale – le parole dell’avvocato Iannuccelli -. Violentò una giovane donna a Cesena e altre ne tentò, fino a quando non venne arrestato. Scontati in prigione i cinque anni di pena, ora è ricercato in Francia per reati sempre di natura sessuale. Ha tradito il progetto di accoglienza dedicato a lui: fu individuato grazie alle impronte digitali. Mai confessò o ebbe parole di pentimento e pietà per le sue vittime. E a padre Lino, incontrato in un colloquio negli anni della sua detenzione in carcere, se inizialmente dichiarò il suo coinvolgimento diretto nella scomparsa di Cristina, poi, riascoltato e registrato, ritrattò”. A proposito delle registrazioni di colloqui in carcere, lo scorso anno il perito fonico Benedetti ha rielaborato la registrazione del tempo, trasferita da audiocassetta a file audio, ripulita e resa più chiara, dove l’iniziale frase di padre Lino ‘Ma non mi senti davvero convinto’, risulta ‘Ma tu non eri al convento’, facendo così decadere il trentennale alibi di Boke”.
Le fonti giornalistiche del tempo, “testimonianza del sentire di una comunità, riportavano la città di Cesena come razzista: Boke era il colpevole ‘ideale’, più debole e quindi condannabile facilmente. In realtà, come insegnano a noi avvocati con la teoria del rasoio di Occam, nei casi più complessi, la soluzione è quella più semplice”, ha proseguito l’avvocato.
L’avvocato ha avuto accesso ai fascicoli sul caso di Cristina nel 2021: “Mi aspettavo una mole di materiale notevole, in realtà ho trovato grandi buchi investigativi. Documenti numerati mancanti. La stessa dichiarazione di Marisa, mamma di Cristina, non era mai stata raccolta e messa agli atti. Come donna e avvocato, davanti a tutto questo io mi indigno e mi vergogno”.
“Non è facile oggi per me essere qui e a volte vorrei chiudere tutto… – le conclusioni di mamma Marisa – ma ci sono e continuerò con l’aiuto dell’avvocato e della comunità. Non mi sento lasciata sola nella ricerca della verità per Cristina. A ciascuno chiedo aiuto. Continuerò a lottare per la mia famiglia”.
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