Dall'Italia
Cronaca e crimini, su Rai 2 “La vera storia della Uno Bianca”
Uno dei casi di cronaca più agghiaccianti, una escalation di rapine e omicidi che ha insanguinato l’Emilia Romagna e le Marche per sette lunghi anni, dal 1987 al 1994 e che ha sconvolto un’intera nazione. In territorio cesenate rimasero vittime di sanguinarie rapine il benzinaio Graziano Mirri (30 gennaio 1988), e il cassiere Edoardo Merendi (il colpo in banca fu il 10 agosto 1992, Merendi morì successivamente).
Per il ciclo Crime Doc targato Rai Documentari va in onda lunedì 29 novembre in prima serata su Rai 2 la docuserie in due episodi “La vera storia della Uno Bianca”, una coproduzione Rai Documentari e Verve Media Company.
Ventiquattro omicidi e più di cento feriti, una vera e propria guerra combattuta dentro le nostre città. Sette anni di indagini della polizia per arrivare a scoprire che i colpevoli erano persone come loro, che portavano la divisa, e che di quella divisa, del proprio ruolo, si servirono per riuscire a non essere scoperti. Una vicenda criminale culminata in un’indagine che ha visto schierarsi l’uno contro l’altro le stesse forze dell’ordine: poliziotti buoni contro poliziotti cattivi. Alla fine tutti i componenti della banda sono stati processati e ritenuti colpevoli, grazie alle indagini compiute da due poliziotti della Questura di Rimini, Luciano Baglioni e Pietro Costanza, insieme al giudice Daniele Paci.
La docuserie, diretta da Alessandro Galluzzi, Flavia Triggiani e Marina Loi, ripercorre le diverse tappe del percorso criminale della banda identificata dalla macchina che rubavano, una Uno bianca, perché era la più comune e quindi si confondeva tra le altre, che è diventata simbolo di terrore.
La banda composta da 6 persone di cui 5 appartenenti alla Polizia di Stato, ha potuto agire per molti anni indisturbata rapinando caselli, supermercati, banche, uffici postali e benzinai. Uomini spietati che non esitavano a sparare il “colpo in testa”, anche solo per ritorsione o per vendetta. A parlare sono i protagonisti delle indagini, i due poliziotti Baglioni e Costanza, che si sono messi sulle tracce dei fratelli Savi, il giudice Daniele Paci che volle costituire il ristretto pool investigativo interforze sul caso ed Eva Mikula, la giovanissima compagna di uno dei capi della Uno Bianca, Fabio Savi. La donna, tornata alla ribalta delle cronache per la pubblicazione di un libro scritto insieme al giornalista Marco Gregoretti sulla vicenda, racconterà la sua verità sulla banda anche attraverso documenti originali inediti.
Tra le tante testimonianze dei protagonisti che a vario titolo hanno vissuto quegli anni di sangue e violenza, spiccano quelle di chi è sopravvissuto ai feroci attacchi della banda, come Luca Di Martino, o Ada Di Campi, la giovane poliziotta che nel 1987 fu vittima di un agguato di fuoco insieme ai colleghi, uno dei quali, Antonio Mosca, morto dopo atroci sofferenze. La Di Campi racconta dopo anni per la prima volta proprio quei momenti concitati, di orrore e terrore, in cui la sua vita è cambiata per sempre a causa delle ferite riportate alle gambe, ma soprattutto di quelle ferite che porta ancora dentro di sé.
Quella della Uno Bianca è anche una storia che, seppur sviscerata, studiata e raccontata in libri, programmi televisivi e perfino in una fiction, presenta ancora molti misteri e nuove possibili rivelazioni.
A inizio del 2021 è stato aperto un fascicolo per approfondire diversi aspetti sulla base di elementi venuti alla luce recentemente. Oltre alla verità processuale, la docuserie vuole dare voce anche a coloro che ritengono che la storia della Uno bianca non sia conclusa del tutto. Dubbi che vanno in diverse direzioni e che chiedono ancora oggi dopo 30 anni, una risposta chiara e precisa.
Nel documentario, l’avvocato di uno dei fratelli Savi legge una lettera inedita di Fabio Savi che scrive dal carcere di Bollate, indirizzata anche ai familiari delle vittime, a cui viene data voce attraverso la testimonianza della signora Stefanini, madre di Otello, caduto sotto i colpi della banda al Pilastro, di Alessandra Moneta, sorella di Andrea Moneta anche lui trucidato la notte del Pilastro e di Rosanna Zecchi, presidente dell’associazione familiari delle vittime Uno Bianca. Donne che sono diventate icone, simbolo del dolore più straziante, e che chiedono di sapere la verità.