Dal Monte la Messa in diretta su Raiuno di questa mattina

La Messa in diretta andata in onda questa mattina su Raiuno è stata trasmessa dalla basilica benedettina di Santa Maria del Monte, a Cesena.

La celebrazione è stata presieduta dal vescovo di Cesena-Sarsina, monsignor Douglas Regattieri. Con lui hanno concelebrato il priore dell’abbazia benedettina, dom Gabriele Dall’Ara, e l’economo diocesano, don Marco Muratori. Sull’altare anche alcuni diaconi. Due i cerimonieri: don Luca Baiardi e don Simone Farina. I canti sono stati eseguiti dalla Schola cantorum “Santa Cecilia” della Cattedrale, diretta dal maestro Gianni Della Vittoria. 

La regia della trasmissione è stata seguita da don Simone Chiappetta. Il responsabile del programma è don Gianni Epifani, dell’Ufficio Cei per le Comunicazioni sociali. 

Il vescovo Douglas, nell’omelia, ha citato san Giovanni Paolo II. “Un vero incontro con Cristo avviene se ci si apre al suo ascolto. Un giorno san Giovanni Paolo II scrisse, proprio alle porte del terzo millennio dell’era cristiana: “Chi ha incontrato veramente Cristo, non può tenerselo per sé, deve annunciarlo”, ha ricordato ai fedeli in chiesa e a quanti erano collegati grazie alla televisione.

Tanti i fedeli che hanno riempito la basilica. Tra i numerosi anche alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine, tra cui il comandante della Compagnia dei Carabinieri di Cesena, il tenente colonnello Sabato Simonetti. 

La Messa si può rivedere su Raiplay al link qui sotto indicato. 

httpss://shorturl.at/ygYMV

Nella foto qui sopra, un momento della Messa su Raiuno andata in onda questa mattina

Di seguito il testo dell’omelia del vescovo Douglas Regattieri.

  1. 1.    “Neanche voi siete capaci di comprendere?”

L’invito a osservare la Legge, come abbiamo ascoltato nella prima lettura (Cfr Dt 4, 1-2.6-8), ha prima di tutto lo scopo di far amare la Legge. Il Dio di Israele proponendo la Legge, la Torah come norma di vita personale e sociale, intendeva offrire un’indicazione perché crescesse l’amore alla Torah. Poi sappiamo bene come questa finalità si sia un po’ persa nel tempo e sia degenerata da una parte in pura osservanza esteriore, e dall’altra, in esasperata osservanza legalistica così da soppiantare a volte anche i diritti elementari della persona e financo la dignità umana. Conosciamo molto bene come Gesù su questo abbia combattuto non poco con i farisei, solo preoccupati dell’osservanza legalista della Legge. La pagina evangelica ascoltata (Cfr Mc 7, 1-8.14-15.21-23) ne è la dimostrazione: “Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini” (Mc 7, 8). Pericolo che se non stiano attenti c’è anche per noi, nuovo popolo di Dio, Chiesa di Dio!

La Legge era una attestazione della vicinanza di Dio al suo popolo: “Quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo?” si chiede il libro del Deuteronomio (v. 7).

Dio parla al suo popolo. Questo è il dono grande. Dio è vicino alla popolazione perché gli fa udire la sua voce. “Piacque a Dio – afferma il Concilio – nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà. (…) Con questa Rivelazione Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé” (Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 2). Certo, lo ha fatto attraverso i patriarchi, Mosè, i profeti. Lo ha fatto pienamente e definitivamente in Gesù Cristo, Verbo fatto carne: “Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1, 1-2). Afferma san Leone Magno: “(Cristo) è il termine della legge, non perché la svuota del suo significato, ma perché la realizza” (Omelia 63, 3-5).

Al versetto 18 di questo capitolo 7 di san Marco – noi non l’abbiamo ascoltato perché la liturgia ha scelto di ometterlo –  c’è una forte espressione di rimprovero di Gesù nei confronti dei suoi discepoli: Così neanche voi siete capaci di comprendere?” L’ottusità dei farisei, smascherata qui e più volte da Gesù, consisteva nella chiusura mentale e del cuore circa l’osservanza della Legge; la preoccupazione massima era tutta concentrata sulle regole, così da svilire il vero rapporto con Dio. Questo – per essere vero e autentico –  non può dipendere dall’usare o non usare una stoviglia, dal lavare o non lavare le mani, dal mangiare un cibo piuttosto che un altro.  Gesù invece nel rapporto con il Dio insegna a vivere la responsabilità, fa appello alla coscienza morale e questo fa saltare ogni canone e fa infuriare il ben pensante fariseo! I farisei così facendo “si aggrappavano avidamente alle proprie tradizioni e dottrine, perdendo di vista – anzi abbandonando deliberatamente – la vera roccia alla quale sostenersi, ossia i comandamenti di Dio” (A. Guida, I vangeli, Ancora, 2015, 601). Quanto è opportuno, perciò, il richiamo di Gesù che cita Isaia: “Questo popolo mi onora con le labbra, / ma il suo cuore è lontano da me. / Invano mi rendono culto, / insegnando dottrine che sono precetti di uomini (Mc 7, 6-7). “Il suo cuore è lontano da me!”.

Per vincere questo ‘virus’ pericoloso da cui anche noi, membra del nuovo popolo di Dio, non siamo esenti, e che si annida e sta accovacciato accanto al nostro cuore, la soluzione oggi indicata dalla Parola è semplice, ma – come sempre – impegnativa: la possiamo declinare con tre verbi: ascoltare la Parola, annunciare la Parola e mettere in pratica la Parola. Sono tre verbi che afferiscono alle tre pagine bibliche ascoltate, oggi:

 

  1. Ascolta! Annuncia! Testimonia”!

Un vero incontro con Cristo avviene se ci si apre al suo ascolto. Un giorno san Giovanni Paolo II scrisse, proprio alle porte del terzo millennio dell’era cristiana: “Chi ha incontrato veramente Cristo, non può tenerselo per sé, deve annunciarlo. Occorre un nuovo slancio apostolico” (NMI, 40). Lo sappiamo e qui lo ripetiamo, perché su questo siamo tutti carenti e in cammino: il primo mezzo per un annuncio efficace della Parola è la testimonianza della vita. Lo aveva detto Paolo VI nell’Evangelii nuntiandi (Cfr EN, 21), lo vogliamo ripetere qui, oggi, anche perché san Giacomo nella seconda lettura ci stimola a questo: Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, perché, se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era” (Gc 1, 22-24).

Dunque: ascolta la Parola e poi annunciala, ma non con tante parole, rischiando la verbosità e annegando tu stesso o facendo annegare gli altri in logorroiche esortazioni: annuncia la Parola, piuttosto, con la tua vita.

 

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