Dieci anni fa scendeva la coltre del Nevone

Cosa ha significato il “Nevone del ‘12” per il territorio cesenate? I più anziani, all’epoca ormai 90enni, avevano vissuto in prima persona il Nevone del ‘29, un evento forse irripetibile perché non c’erano trattori, spazzaneve, turbine militari, ma è pur vero che la vita ruotava attorno a casa propria e si poteva rimanere isolati anche per più settimane senza risentirne troppo.

La grande nevicata del 1985 è ancora nella memoria collettiva e, quell’anno, furono anche le temperature minime a rimanere negli annali. L’evento del 2012 (31 gennaio-12 febbraio) è stato un mix di questi fattori, 15 giorni speciali che hanno messo a dura prova la Romagna.

Di certo ci si è resi conto che si può rimanere qualche giorno senza auto e, tutto sommato, senza muoversi di continuo. La preoccupazione maggiore, specie per chi abitava nelle zone collinari più difficilmente raggiungibili, era la possibilità di muoversi in caso di emergenze, ad esempio di fronte a un problema improvviso e grave di salute. Le strade dovevano essere liberate continuamente proprio in prospettiva di questa evenienza.

A differenza del 1985, nel 2012 non vi sono stati blackout di corrente elettrica, se non in minima parte. Il riscaldamento casalingo perciò ha continuato a funzionare e i disagi sono stati limitati al controllare, e proteggere, i contatori dell’acqua per evitare che congelassero.

Ancora una volta è emerso come il mondo agricolo sia indispensabile ogni giorno. La maggior parte della flotta di spazzaneve è costituito da agricoltori che attrezzano i propri trattori con le lame spartineve. E per loro il Nevone del ‘12 ha rappresentato uno sforzo enorme, con turni massacranti, a volte senza pause e con il commento della gente che non faceva altro che lamentarsi: «passano poco, passano troppo, mi hanno ostruito l’ingresso, alza la lama, abbassa la lama…».

Nel 2012 i social network c’erano, ma erano molto meno invasivi rispetto a oggi. Nella maggior parte dei casi furono ben utilizzati per scambiare informazioni utili e rendere un servizio alla comunità.

I sindaci del territorio furono encomiabili: dal capofila Paolo Lucchi, sindaco della città di Cesena e quindi con il territorio più popolato, fino ai primi cittadini dei Comuni di montagna sommersi da valangate di neve e intenti a far liberare le strade in condizioni spesso proibitive. Ricordo la preoccupazione e lo smarrimento di tanti agricoltori e allevatori che hanno visto crollare sotto il peso di 2-3 metri di neve capannoni, serre e allevamenti.

Poi l’aiuto arrivato da altre regioni, come i Vigili del Fuoco di Bolzano con le loro turbine o i militari intervenuti presso l’allevamento di Primo Bagni a Luzzena di Cesena. Da non dimenticare l’impegno di tutte le forze dell’ordine, con l’allora capitano dei carabinieri Diego Polio che in prima persona saliva insieme ai mezzi militari nelle zone più isolate. Anche la tv nazionale si accorse della Romagna: Maurizio Di Schino di Tv 2000, con due tecnici, rimase a Cesena alcuni giorni per seguire in prima persona l’evolversi della situazione con collegamenti in diretta. 

Ricordo un episodio in particolare a Saiaccio di Bagno di Romagna, a testimonianza di tanti episodi accaduti a Cesena e circondario, specialmente in Appennino, in quel periodo. Riporto quanto scrissi allora per il Corriere Cesenate: «Salire in auto a Saiaccio è impegnativo. La strada è stretta, la neve ai lati sfiora i due metri e i tornanti sono al 15 per cento di pendenza. Al culmine incontro Marco Ostolani e Marco Rossi, un allevatore di bestiame e un contoterzista che aspettano con ansia la turbina altoatesina. Grazie a quella sperano di riuscire a raggiungere l’allevamento di cavalli di Rossi situato dopo due chilometri di sentiero, nel bosco. La turbina arriva quando è già buio, il termometro segna meno 9 gradi e si parte. Rossi e io siamo a piedi e così ho la possibilità di scattare foto ai volontari di Bolzano e di prendere appunti. La strada per l’allevamento viene liberata dalla turbina e il giorno dopo i cavalli possono ricevere nuovo foraggio».