Don Adamo Carloni: Sant’Egidio ricorda il suo primo parroco

La parrocchia di Sant’Egidio ricorda don Adamo Carloni, suo primo parroco. E lo fa con lo svelamento di una maiolica nell’atrio d’ingresso della chiesa, un’opera che riproduce don Adamo a braccia larghe, così come il suo sorriso. All’appuntamento di domani, mercoledì 6 aprile alle 18 in chiesa a Sant’Egidio, sarà presente il vescovo Douglas. A seguire, alle 18,30 la celebrazione della Messa.

“La Cerva di Sant’Egidio” – il foglio di collegamento e comunicazione distribuito ogni domenica in parrocchia a Sant’Egidio – ripercorre la vita di don Adamo nei suoi 45 anni a servizio della parrocchia (dal 1952 al 1996). Ne riportiamo il testo.

Così ci ha ricordato don Adamo nel suo “Testamento Spirituale”: “Un abbraccio affettuoso ai fratelli dell’amata parrocchia di Sant’Egidio e un sincero “Grazie” per tutta la collaborazione e il bene ricevuto nei 45 anni del mio servizio pastorale in mezzo a questa diletta Comunità per la quale ho continuato a pregare tre volte al giorno. Un ricordo particolare nelle mie preghiere per quei tanti fratelli che ho incontrato nella mia vita e per mancanza di santità non sono stato in grado di portare al Signore”.

Neppure noi abbiamo dimenticato il nostro amato primo parroco, che ha costruito le strutture murarie parrocchiali e il bell’edificio di “pietre vive” della nostra Comunità. Per ringraziarlo e ricordarne l’opera di indefesso Pastore, la Comunità ha voluto onorarlo con un’opera iconografica in maiolica, che mercoledì 6 aprile, alle 18 sarà svelata al pubblico. È stato scelto questo giorno, pur feriale, perché in questo giorno, nel lontano 1952 don Adamo fece il suo ingresso nella allora nascente Comunità.

Chi è stato don Adamo

Era la mattina della domenica delle Palme. Dalla parrocchia di Ponte Pietra don Adamo arrivò portato dal vescovo Vincenzo Gili con la sua auto. I giovani lo andarono a ricevere al passaggio a livello di Via Cervese e lo scortarono con le loro “vespe” sventolando ramoscelli d’ulivo. Il Vescovo, che l’aveva ordinato sacerdote il 20 ottobre 1946, lo presentò così nell’allora chiesetta di via Cervese, stipata di fedeli: “Trattatelo bene, se no ve lo tolgo”.

Con grande soddisfazione reciproca, è rimasto con noi quasi quarantacinque anni. Andò ad abitare nell’attuale canonica, ancora senza intonaco e pavimenti; le finestre erano soltanto in cucina, camera e bagno; le altre erano chiuse con mattoni; la porta sul balcone era chiusa da una coperta tenuta su da un’asse. Si saliva nell’edificio con una scaletta di legno. Iniziarono anni di fervida creatività pastorale. Il giovane sacerdote – sulla scia lasciata da don Dino Cedioli – sapeva coinvolgere giovani e adulti, guidandoli con la sua ferma autorevolezza: incontri di formazione, discussioni sociali, cineforum, filodrammatica, polisportiva, carnevale con sfilate di carri fino a Cesena.

Con la sua tenacia, coadiuvato da simile gioventù e poi da altri adulti, per l’apprezzamento di quanto si stava facendo pian piano si sviluppò una comunità partecipata, con un’azione pastorale rivolta anche al di fuori degli ambienti parrocchiali. Tanto che nel 1982 – a seguito della “Missione cittadina” a Sant’Egidio – perché l’attività pastorale centrale si riverberasse nel territorio, per giungere alle persone più lontane e stabilire un rapporto di dialogo con tutti, la parrocchia fu divisa in sei zone, ciascuna con un “consiglio” di persone disponibili, a cui vennero affidati i compiti dei tre settori della Pastorale: evangelizzazione e catechesi, liturgia e preghiera, carità e servizio; con feste patronali di zona, fino ai giochi.

La parrocchia era una comunione di comunità. Lo studio della Parola di Dio e dei documenti del Concilio e dei vescovi era il perno di tutti gli incontri di formazione: li studiava e li faceva studiare. Essi furono ispiratori di modelli di vita comunitaria, come la “Cassa comune”; o di istituzioni come il Consiglio Pastorale e il Consiglio amministrativo economico, anni prima che divenissero obbligatori per disposizione canonica.

Aveva e mostrava fiducia nei collaboratori, che formava, incoraggiava e “mandava”. Si formava così in essi e nei fedeli in genere, a vari livelli, uno spirito di appartenenza alla Comunità, che creava entusiasmo e aiutava a superare la pigrizia e gli inevitabili momenti di stanchezza. Lui, invece, non appariva mai stanco; ha speso la sua vita per il Signore e per noi con grande e gioiosa dedizione.

Don Adamo ha lasciato fisicamente la parrocchia il 20 ottobre 1996; ma spiritualmente l’ha tenuta sempre nel cuore. Lo hanno ben visto chi andava a trovarlo, fino agli ultimi giorni.

Don Adamo è morto a 95 anni il 25 gennaio 2020.