Don Marco Pozza a Cesena: “Sono il parroco di Caino”

In tanti sabato scorso all'incontro con il cappellano del carcere di Padova. L'appello ai giovani: "Basta una percentuale di bene per sgretolare l’arroganza del male"

Don Marco Pozza a Cesena sabato 16 novembre

In tanti, soprattutto giovani e scout, sabato scorso hanno gremito la chiesa di Sant’Agostino, in centro a Cesena, per ascoltare la testimonianza di don Marco Pozza, cappellano del carcere Due Palazzi di Padova. L’incontro, organizzato dalla Caritas diocesana con l’Ufficio di pastorale giovanile e il Servizio diocesano tutela minori, in collaborazione con il nostro giornale, si è svolto a conclusione di un pomeriggio dal titolo “Semi di speranza – Giovani a servizio per il bene comune”.

L’incontro con papa Francesco

Don Marco Pozza, classe 1979, vicentino, è prete dal 2004. Sempre in borghese e con le sneaker bianche ai piedi, anche a Cesena ha portato il suo carisma e la sua capacità di tenere incollato chi lo ascolta. Dal 2011 è cappellano del carcere di Padova. Dal 2016 conosce di persona ed è in rapporto di amicizia con papa Francesco, intervistandolo più volte in tv. “Sono un prete peccatore”, ha premesso don Pozza raccontando come un giorno, in un momento di difficoltà, ha ricevuto a sorpresa la telefonata di Bergoglio. “Ci siamo incontrati. Gli ho raccontato la mia storia. Mi ha abbracciato e mi ha detto che Dio mio voleva bene. Poi mi ha invitato a tornare in carcere e fare altrettanto: ascoltare e perdonare. È come se fossi stato ordinato sacerdote una seconda volta”.

Una scommessa che si può vincere

Sul servizio in carcere, “ci sono 750 uomini, di cui più di cento sono condannati all’ergastolo. Ci sono persone che hanno commesso stragi mafiose e gente che ha violentato bambini di pochi mesi. Mi sento il parroco di Caino. Ogni mattina quando incontro Caino gli chiedo: “dov’è tuo fratello Abele?” e gli ricordo: “tu, agli occhi di Dio, sei più grande di quello che hai commesso”. Don Pozza ha raccontato che in carcere “ci sono tantissime persone divise su tutto, a partire dalla nazionalità, ma ogni uomo che ha sbagliato è una scommessa che si può vincere”. Per il sacerdote il carcere è diventato il suo mondo. “Fuori non sono più capace di celebrare Messa – dice -. Mi sento un prete fortunatissimo. Tocco con mano la Parola di Dio: Zaccheo, la Maddalena e Caino sono tutti lì. Non sono il migliore prete del mondo ma cerco di essere il miglior prete possibile”.

Il carisma di don Marco Pozza. Accanto a lui Giacomo Battistini

I veri poveri

L’incontro di sabato si è svolto in occasione della l’ottava Giornata mondiale dei poveri. “Il povero – ha detto don Pozza – non è quello che ci chiede l’elemosina. I poveri sono quelle persone che da sole non ce la fanno a leggere quello che hanno dentro”. Da qui un aneddoto: “Antonio, il mio chierichetto, semi-analfabeta e con 31 anni da scontare, un giorno, dopo la Messa, mi ha chiesto cosa fosse quella “roba bianca” di fronte alla quale anche i boss mafiosi si inginocchiavano. Quando gli ho detto che era il corpo di Cristo si è fidato e poi ha voluto ricordarmi che quando celebro la Messa tengo in mano Dio. Mi sono venute in mente le parole di mia nonna, “Non si gioca con il pane”, e quelle di Archimede imparate a scuola, “Datemi un punto d’appoggio e vi solleverò la terra”. In carcere bisogna ascoltare, che è diverso da sentire, perché serve il cuore”.

Il Dio nascosto nei Promessi sposi

Don Pozza ha ricordato anche “le parole di un pensatore laico, Rousseau, che diceva: “Se vuoi insegnare il latino a Giovannino non basta conoscere il latino, ma anche Giovannino”. Se vuoi far conoscere Dio a Caino devi conoscere Caino”. Il sacerdote ha rivelato che “nella sacrestia del carcere non troverete mai la Bibbia ma varie copie dei Promessi sposi”, un romanzo in cui, “si nasconde Dio, soprattutto nella figura di fra Cristoforo: un nobile che si chiamava Lodovico e che, dopo aver ucciso una persona, decise di portare avanti la sua storia, prendendo il suo nome, andando in convento e dedicando la sua vita ai poveri. Sulle spalle di un assassino Dio ripone la sua Provvidenza. Dio non toglie nulla ai suoi figli se non ha in serbo qualcosa di più grande per loro”.

Pubblico incollato ad ascoltare la testimonianza di don Marco Pozza

Giovani e speranza

Nel dialogo con don Pozza, guidato da Giacomo Battistini, consigliere dell’Acg diocesana, è stato toccato anche il tema del disagio giovanile, collegandosi alla prossima Giornata mondiale della gioventù (24 novembre). Per il sacerdote “c’è un disagio che è quello degli adulti che mette in difficoltà i ragazzi”. Don Pozza ha poi ricordato un episodio: “L’anno scorso, in questo periodo dell’anno, una ragazza, fra le migliaia di quarta e quinta superiore che visitano il nostro carcere, mi ha rimproverato per alcune mie parole di misericordia nei confronti di Filippo Turetta, dopo l’uccisione di Giulia. Al termine della visita, dopo aver conosciuto la storia di alcuni detenuti, la ragazza ha scoperto che le loro mani erano uguali alle sue e che nessuno può affermare con certezza che in futuro non farà mai qualcosa di simile. Prima di parlare bisognerebbe conoscere le storie. I nostri giovani sono stanchi di sentirsi raccontare la propria vita da altri. Hanno necessità di conoscere la storia e di raccontarla di persona”. Da don Pozza “la speranza che i giovani non si fidino del nostro racconto del mondo ma vogliano andare di persona a conoscerlo” e l’auspicio che “un giorno Caino possa diventare maestro perché qualcuno non diventi Caino”.

Abusi, “basta nascondere la testa sotto terra”

Si è parlato anche di abusi, in vista della quarta Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti (18 novembre). “È più grave – si è chiesto il sacerdote – uccidere una persona o abusare di un bambino o neonato che sconterà la morte vivendo?”. Da qui un duplice appello agli “uomini di Chiesa”: “Basta – ripetuto più volte – nascondere la testa sotto terra” e “state vicino a coloro che stanno combattendo questa piaga e sono presi in giro dalla Chiesa stessa, come don Fortunato Di Noto”.

“Il male è contagioso ma il bene è affascinante”

Infine un messaggio ai giovani, a conclusione di un pomeriggio di servizio in varie realtà caritative del territorio. “Nel 1979 un giornalista chiese a madre Teresa, fresca vincitrice del Nobel per la pace, per chi facesse tutto quel bene e lei rispose che quel poco che riusciva a fare lo faceva prima di tutto per sé stessa. Oggi avete sperimentato la felicità che avete dentro, avete avvertito di stare meglio. Il male è contagioso, ma il bene è affascinante. Basta una percentuale di bene per sgretolare l’arroganza del male”.

Chiesa di Sant’Agostino gremita per don Marco Pozza