Don Theo alla Messa per Elia Meta: “Ciò che ci sostiene oggi è la fede. Non c’è risposta umana”

Elia sorridente. Con gli amici, con la famiglia, con la moglie, con il figlio piccolo. In feste di famiglia, nell’abbraccio di Chiara, a Carnevale, davanti al barbeque e per fissare i primi passi del piccolo Giorgio. E tante immagini di lì, in montagna. E’ un collage di vita insieme ai fiori bianchi e gialli, ad adorna l’altare: sono i sorrisi di Elia Meta, giovane uomo cresciuto nell’affetto profondo della famiglia Della Corna, nella grande casa a Santa Maria Nuova. Elia Meta, 36 anni, è una delle tre vittime della slavina che ieri, giovedì 13 aprile, in Val di Rhemes, in Valle d’Aosta, ha investito il gruppo che stava partecipando a un corso per guide alpine. Solo l’istruttore è sopravvissuto alla valanga.

In un giorno grigio di cielo e di notizie, un raggio di sole illumina la chiesa di Santa Maria Nuova per la Messa in suffragio di Elia, celebrata oggi alle 19. Tanti gli abbracci, gli occhi lucidi e le parole cariche di interrogativi.

Sono note lievi quelle del coro in preparazione alla Messa: “Da una notte senza confini una luce brillò… avevi scritto già il mio nome lassù nel cielo. Avevi scritto già la mia vita insieme a te. Avevi scritto già di me… Dove non c’era niente, quel giorno avevi scritto già il mio nome lassù nel cielo. Avevi scritto già la mia vita insieme a te”. il canto di inizio della Messa celebrata dal parroco don Theo. Accanto, il diacono Massimiliano Turci. Elia Meta era entrato in Guardia di Finanza ed era in servizio a Courmayer. Profondamente legato alla famiglia che lo avevano accolto – lui e la sorella gemella Sara – in un affido permanente, aveva frequentato l’Azione Cattolica a Cesena e aveva fatto parte dell’équipe giovani dell’Ufficio missionario.

“Dolore e fatica: questa è la nostra situazione. E oggi siamo riuniti la Messa in memoria di Elia Meta, scomparso in modo che non so come qualificare. In modo difficile, duro – sono le parole commosse di don Theo -. Ciò che ci sostiene oggi è la nostra fede. Non c’è risposta umana. Solo in Dio possiamo trovare un appoggio per camminare e andare avanti. Questo ci ha riunito così tanti, ora, qui”.

“Ho chiesto aiuto al Signore di darmi la forza di poter riuscire di condividere con voi un pensiero per la fede che ci anima. Una forza che dobbiamo attingiamo dalla fede. Altrimenti ci saremmo già seppelliti tutti. Questa forza l’ho chiesta al Signore”.

Don Theo riprende le parole della liturgia: “Le letture ci danno una bella mano: Pietro, con speranza, ci riconferma alla fine della prima lettura, che non c’è sotto al cielo altro nome. Solo in Gesù noi ci salviamo. Anche per chi non lo comprende, non lo capisce e non l’accetta. L’unico, l’unico, l’unico che ha dato la vita per noi, è lui”.

Tutto concorre al bene di chi ama Dio. E posso dire che questa è stata l’esperienza di Elia – don Theo ripercorre l’amicizia che da tanti anni lo lega a Elia -. L’ho conosciuto prima di diventare prete. Da seminarista sono venuto qui a Santa Maria Nuova a fare esperienza con i ragazzi di Azione Cattolica. E qui ho conosciuto Elia ed è nata una bella amicizia. Poi la provvidenza ha voluto che tornassi qui come parroco. E i legami si sono fatti più stretti. Qui, il 27 giugno 2017 abbiamo celebrato il suo matrimonio. E oggi sono qui presenti molti amici di allora. Qui abbiamo celebrato il battesimo di suo figlio. Qui tornava spesso. E’ andato ad abitare in Valle d’Aosta, ma qui è il suo cuore. Appena poteva, si metteva in viaggio con la moglie Chiara e veniva qui. Avevamo un legame spirituale. Ogni volta che veniva, tutte le volte, avevamo un colloquio che era più che una confessione. Quando a Natale sono tornati, ci siamo promessi che sarei andato a trovarli l’estate prossima. ‘Ci sentiamo!’”.

“Anche a me pesa questa situazione – prosegue don Theo -. Ieri verso le 19, quando ho ricevuto la telefonata di Mattia, mi ha detto: ‘Don, hai tempo per pregare per un miracolo? Forse Elia è morto’. I passi che ho fatto per arrivare a casa sono stati difficili. Anche noi preti siamo uomini. Ho sperato tanto nel miracolo. Ho rinforzato la preghiera. E mi sono fatto un viaggio mentale: speravo si fossero nascosti. Fino a questa mattina, speravo. Ho dormito a scatti. Questa mattina ho ceduto alla mia incredulità: non ci credevo, mi sono rifiutato che era così. Questa è la mia esperienza umana che condivido con voi”.

“Ma anche qui, Gesù ci conforta. Ci dice: ‘Senza di me, non potete fare nulla’. Lo sperimentiamo attimo dopo attimo: noi speriamo, ed è bene che speriamo, ma cosa sarà, non c’è certezza. L’unica certezza è morire. Questo ci fa male. Ieri ciò che più mi ha tormentato, è pensare Elia con i suoi compagni nel buio, nel freddo. Ho elevato preghiera a Dio: è questa l’unica forza”.

Il parroco riprende poi il passaggio del Vangelo: “Gesù dice: ‘Portate un po’ dei pesci’. Pietro portò tanti pesci. E Gesù disse loro: ‘Venite a mangiare’. I discepoli sapevano bene che era il Signore. Ecco: Elia e i suoi compagni hanno visto con i loro occhi che era il Signore: non vi è più sofferenza per loro: l’amore di Dio li ha presi con sé. Questa fede ci conforta. Il solo nostro pensiero umano sarebbe di disperazione. A noi credenti ci confronta la fede. E’ stato il cammino dello stesso Elia: ha amato, è morto nel campo di servizio, dando testimonianza del suo lavoro, che amava fare. Fino alla fine. Ora lo affidiamo alla Madre celeste, Maria, perché lo accolga, lo accompagni, asciughi le lacrime. Che il Signore li ricompensi, li protegga e li custodisca nella vita eterna a cui tutti crediamo. Continuiamo a pregare e a cantare la speranza”.

All’ambone è poi andato il fratello Mattia Della Corna: “Se siamo qui, c’è un perché. Ringrazio Dio. Direte, sei matto! No, lo ringrazio perché almeno per 36 anni abbiamo avuto Elia. Ha lasciato un segno: nel lavoro, nella scuola, nella vita ecclesiale, in famiglia. Ha lasciato un segno: persone come lui non si dimenticano. Lasciano un vuoto che pesa e fa male. Un vuoto difficile da descrivere. Possiamo provare a riempirlo, ma non ce la faremo. Lo porteremo nel cuore, con noi. Chi lo ha incontrato, è cambiato. Oggi, il suo compagno di lavoro, che ieri era distrutto perché non era riuscito a portarlo giù… Elia dove passava, ce la metteva tutto. In ogni ambiente, ce la metteva tutto. Sorridente. La più grande testimonianza che ci poteva lasciare. Non andava a Messa tutte le domeniche: era un testimone cristiano perché portava la gioia, la pace. Aveva anche due abilitazioni per sommozzatore: la sua vita lo ha portato dappertutto. Abbiamo vissuto in camera insieme fino a quando mi sono sposato, e poco dopo lui ha intrapreso la carriera militare. Siamo stati molto vicini. Era matto: chi lo conosce, lo sa bene. Gli piaceva il sangiovese e anche la birra. La moto e anche il ciclismo. Ha sangue calabrese, tosto, ma è cresciuto in Romagna. E ha portato tutto questo in Valle d’Aosta. Ha fatto sì che fosse un uomo speciale, di valore, che lascia il segno”.

I funerali ancora non sono stati fissati. “Non sappiamo ancora quando ci sarà il funerale – ha concluso Mattia -. Lo comunicheremo. Farà piacere alla famiglia e a Chiara, che ha chiesto la nostra stretta vicinanza. Erano legati a Santa Maria Nuova: anche Giorgio ricorda il mare, ricorda i nonni. Andiamo a casa sorridenti, perché lo abbiamo avuto per 36 anni”.