Dal Mondo
Donbass. Don Ladnyuk: “Nonostante le minacce, le missioni vanno avanti. Non abbiamo paura”
“Abbiamo avuto paura solo il primo mese di guerra. Adesso, proviamo a sopravvivere. E continuiamo a lavorare per portare aiuti umanitari nelle zone vicino al fronte e soprattutto per stare a fianco dei più piccoli. Non abbiamo mai smesso”. È don Oleh Ladnyuk, salesiano, a raccontare al Sir come la gente nelle zone orientali dell’Ucraina, a pochissimi chilometri dal fronte, sta vivendo le incursioni ucraine in territorio russo e le recentissime dichiarazioni di minaccia via Telegram del vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev. “I russi sono impegnati da tre anni in una guerra su vasta scala. Quello che hanno fatto fino ad oggi è terribile, peggiorare è impossibile”, argomenta il salesiano. “Possono a questo punto usare le armi nucleari, ma non credo che il mondo lo possa permettere”. Don Oleh è da poco tornato da una missione in Donbass. “Parlando con i militari e la gente civile, nessuno ha paura. In queste zone dell’Ucraina è rimasta solo la gente che non ha paura. Con che cosa possono impaurirci oggi?”.
Ci racconti che cosa ha visto.
Vedo un Donbass distrutto. Non è stata risparmiata nessuna città, nessun villaggio.
Giro maggiormente nelle città che si trovano vicinissime alla linea di fronte, portando viveri, medicine, e altre cose necessarie per la sopravvivenza di gente che ha deciso di non andarsene. Vedo tutte le città distrutte. Ed è una cosa difficilissima da accettare. Tutte le città, che eravamo abituati a visitare qualche anno fa e che erano bellissime, adesso ormai sono completamente distrutte, rase al suolo. Distese di macerie. E la gente vive nei sotterranei ormai da tre anni e questa è la cosa più brutta, così come è terribile non vedere più in Donbass i ragazzi.
Cosa state facendo come salesiani?
La settimana scorsa abbiamo organizzato due campi per i ragazzi del Donbass. La maggioranza proveniva dalla zona di Bakhmut ma anche da Luhansk e Zaporizhia. Li abbiamo accolti vicino a Dnipro, così che potevano respirare un pochino e trascorrere giorni in tranquillità, giocando fra di loro, in un ambiente sicuro e amichevole, partecipando ad attività divertenti e sviluppando le loro abilità. Insieme all’organizzazione del Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo), abbiamo fatto ogni giorno incontri sia di gruppo sia individuali con gli psicologi. Ci dicevano di aver trovato bambini e ragazzi che purtroppo pensano, parlano e hanno comportamenti da adulti, non normali per la loro età. Sono dovuti crescere troppo in fretta, la guerra ha tolto loro un pezzo di vita. Dovevano rimanere bambini, giocare, andare tranquillamente a scuole ma non è stato possibile nelle condizioni in cui si sono ritrovati. Abbiamo fatto anche campi in Donbass a Pokrovsk e a Donetsk per dare la possibilità ai ragazzi che sono rimasti ancora lì, di giocare e ricordare che sono ancora bambini. Lavoriamo.
Qui in Italia sono iniziate per tanti le ferie. Insomma, rispetto ad un Paese in guerra, è un altro mondo. Ha qualcosa da dire agli italiani in vacanza?
Difficile dire qualcosa. Vorrei piuttosto ringraziare quegli italiani che aiutano ancora l’Ucraina. Ci sono campi estivi in corso in tutta Italia per bambini e ragazzi ucraini. Ho incontrato qualche giorno fa due italiani che sono arrivati qui per aiutare la popolazione. Vorrei quindi ringraziare tutta quella gente che non va in vacanza al mare ma ha scelto di venire qui in Ucraina per condividere con noi il loro tempo, conoscere dal vivo la situazione in cui stiamo vivendo ed essere vicino alle persone che stanno soffrendo.