Donne uccise e scomparse. Un flash mob per non dimenticarle

Una nuova forma di comunicazione – come quella del flash mobper ricordare e salvare dall’oblio donne uccise per mano di chi diceva di amarle. “È un insulto al cuore dell’umanità. Ricordiamole affinché le loro storie non affondino nel silenzio, ma risveglino coscienza e civiltà” è il richiamo dell’associazione cesenate “Ipazia liberedonne” che si è fatta promotrice dell’evento in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che si celebra lunedì 25 novembre.

Il flash mob “Per non dimenticarle: ricordiamo le donne uccise e scomparse nel Cesenate” si terrà sabato 23 novembre, dalle 16 alle 18, in piazza del Popolo a Cesena. E in piazza saranno collocate undici sagome, con nome ed età, che raffigureranno le dodici donne uccise o scomparse nel comprensorio cesenate dal 2000 a oggi. In ordine cronologico, si farà così memoria di donne uccise da mariti, ex partner e, nel caso di Giuliana Marini di Sarsina, dal figlio. Un elenco che fa pensare e che richiama come il nostro territorio non sia immune a situazioni di violenza sulle donne la di cui morte è il tragico epilogo di un’escalation di soprusi e sottomissioni di tipo psicologico, economico, sessuale.

Maria Carla Piraccini (40 anni) e della figlia Michela Predi (12), raffigurate insieme; Mirna Bartolini (47 anni), Gaetana Dama (47), Eleonora Liberatore (37), Stefania Garattoni, Sabrina Blotti (45), Giuliana Marini (77), Nadia Salami (35). E insieme, le giovani donne scomparse Milena Pirini Casadei (24 anni al momento della scomparsa), Cristina Golinucci (20) e Manuela Teverini (35). A ciascuna di loro durante il flash mob, in collaborazione con il Teatro delle Lune, sarà dedicata la lettura di una poesia, di un brano e un fiore.

“È nostro desiderio – ha sottolineato la presidente di Ipazia Tiziana Nasolini dare nuova luce alla vita di queste donne, perché il loro ricordo e sacrificio non finisca in oblio. Sono state uccise da chi diceva di amarle, e questo ci richiama a riflettere su diversi fronti: nella mentalità maschile è forte l’idea patriarcale che le donne siano ‘proprietà loro’ e nel momento in cui vengono rifiutati, ne possono togliere la vita. I casi di cronaca locale riflettono i dati nazionali, che dicono che la violenza di genere può colpire chiunque, non ha passaporto, né colore, né classe sociale e spesso ha le chiavi di casa: a commetterla nel 70 per cento dei casi è il partner o un familiare. E ancora, è troppo radicato il pensiero che gli uomini autori di efferati delitti siano in qualche modo scusati o abbiano avuto delle sorte di provocazioni. E la legge in questo non aiuta, con pene, quando riconosciute, inconsistenti rispetto al male fatto”.

“Vogliamo porre l’attenzione anche sul modo in cui casi di femminicidio e di violenza di genere vengono trattati dall’opinione pubblica e dai media in particolare – l’intervento dell’avvocato Stefania Bondini, socia di Ipazia, alla conferenza stampa di questa mattina -. Ancora troppo spesso articoli di cronaca associano parole come ‘amore della vita’ e ‘fidanzatino’ ad atti di violenza. Sono uomini che hanno ucciso donne. La violenza è troppo spesso anche nel linguaggio”.

Nata nel febbraio scorso, l’associazione “Ipazia libere donne” conta una sessantina di socie. Il nome scelto per l’associazione è un omaggio alla più grande scienziata e filosofa dell’antichità lapidata per la sua libertà di pensiero e di indipendenza.