Cesena
Franco Marini, il ricordo dei sindacalisti Cisl: “l’abbiamo sempre considerato un maestro”
Prima ancora che presidente del Senato, parlamentare di lungo corso e ministro del Lavoro, Franco Marini (morto due giorni fa all’età di 87 anni) fu prima di tutto un sindacalista della Cisl, arrivato ai vertici del sindacato in un periodo di svolta.
Negli anni ’80 del secolo scorso, infatti, la conflittualità tipica degli anni ’70 era andata in parte scemando (specie dopo la “marcia dei quarantamila” in Fiat, uno choc per certi sindacalisti), ma l’inflazione restava fuori controllo e c’era l’esigenza di ripensare il ruolo dei rappresentanti dei lavoratori a tutti i livelli.
In questo scenario due giovani degli anni ’80, i cesenati Antonio Amoroso e Maria Antonietta Aloisi, si trovarono a muovere i loro primi passi in Cisl proprio durante la segreteria Marini.
Prima di diventare segretario generale della Cisl per sei anni, nel 1985, Franco Marini rivestì la carica di segretario aggiunto al fianco di Pierre Carniti. E, in quella veste, nell’1982/83 visitò diverse volte i sindacalisti impegnati nel “corso lungo” a Fiesole (Firenze).
Tra questi c’era l’Aloisi, oggi segretaria generale dei pensionati Cisl in Emilia-Romagna (Fnp): “Ero entrata nel sindacato l’anno precedente. Il corso lungo a quel tempo durava 3-4 mesi, fu uno degli ultimi stanziali di tale durata. Parlare di sindacato con Marini e Carniti, sentire dalle loro parole cos’era la Cisl, fu per me un’esperienza davvero formativa”.
Anche se l’Aloisi capì subito, e con lei le altre sindacaliste presenti, che avrebbe dovuto impegnarsi non poco per fare strada: “Marini e Carniti fumavano tutti e due il toscano e dissero che per arrivare ai vertici della Cisl bisognava fumarlo. E ovviamente nessuna di noi ragazze fumava il sigaro”.
L’Aloisi poi ebbe modo, naturalmente, di incontrare nuovamente Marini in altre occasioni: “Da segretario nazionale venne a Cesena diverse volte. Mostrò sempre una grande attenzione al territorio, anche a quella realtà che potevano apparire minori agli occhi del nazionale, ma che minori non erano affatto. Come la nostra, una terra che vedeva la presenza della grande Cgil. Prestava molta attenzione al radicamento del sindacato”.
Una volta lasciato l’incarico di vertice alla Cisl, come ministro del Lavoro nell’ultimo Governo Andreotti e poi nella lunga carriera di parlamentare, Marini continuò a farsi apprezzare dai suoi precedenti compagni di viaggio: “Era una persona molta asciutta, anche in politica dove si è mostrato concreto e mai debordante. Senza togliere nulla ai segretari che sono venuti dopo di lui, ci è dispiaciuto davvero molto: sono propri i migliori che se ne vanno”.
Anche il giovane Amoroso, fino a qualche anno fa segretario Cisl di Forlì-Cesena e oggi segretario regionale, restò colpito da Marini: “A quell’epoca muovevo i primi passi da sindacalista, ma posso dire che sicuramente per le politiche che proponeva è stato un faro per noi giovani di allora. Già assieme a Carniti, da segretario aggiunto, fece la battaglia sulla scala mobile e impostò un nuovo modo di trattare e concertare con i Governi, ben prima di D’Antoni. Una visione nuova, che vedeva il sindacato impegnato non solo nella difesa in fabbrica, ma al livello nazionale con il fiscal drag e il ripensamento dell’Irpef. Per non parlare dell’embrione della contrattazione territoriale, l’importanza della formazione, il mantenimento dell’autonomia della Cisl dalla politica. Per lui la persona era davvero al centro e, anche per questo, l’abbiamo sempre considerato un maestro”.