Dall'Italia
Giornata persone disabili. De Palo e Gambini: “Ci insegnano a guardare il mondo con occhi nuovi”
“Quando una discriminazione riguarda disabili o, in particolare, persone con la sindrome di Down sembra non interessare a nessuno, tranne le associazioni specifiche e i genitori, ma la discriminazione è sempre sbagliata. E l’educazione è l’unica soluzione, non la coercizione”. Parola del presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo, che con la moglie, Anna Chiara Gambini, poligrafica e curatrice delle pagine social di @openfamiglia, ha cinque figli, dai 15 ai due anni e mezzo. L’ultimo, Giorgio Maria, ha la sindrome di Down, ma ha portato una grande ricchezza nella vita di tutta la famiglia, come raccontano al Sir, in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità.
Cosa ha significato la nascita di Giorgio Maria nelle vostre vite?
Anna Chiara: Noi non sentiamo di aver meriti perché abbiamo scoperto la sindrome di Down di Giorgio Maria alla nascita. Questo ci ha liberati su due fronti: non abbiamo dovuto conoscere nostro figlio già con un’etichetta e siamo stati nella condizione di innamorarcene in modo libero. Gigi: Ci siamo innamorati prima del figlio e poi della sua sindrome. Anna Chiara: È ovvio che una sindrome non si ama mai, non si desidera, una croce non si chiede ma si accoglie, però abbiamo avuto la libertà di conoscere un figlio senza paure. In questo senso, non ci sentiamo meritevoli. È anche vero che noi eravamo aperti a questa vita: abbiamo scelto di non fare diagnosi prenatali particolari, ma solo gli esami di routine. L’arrivo di Giorgio Maria, da un certo punto di vista, non ci ha cambiato niente, nel senso che è arrivato un quinto figlio. Io definisco Giorgio il figlio già perdonato: quando un figlio nasce con una disabilità, in qualche modo ti delude in partenza, nel senso che non rispecchia tutte le tue aspettative, eppure ti mette nelle condizioni di poter vivere un figlio con maggiore serenità. Al tempo stesso, ci ha dato degli occhi nuovi con i quali guardare gli altri figli abili, quelli sui quali i genitori non hanno solo aspettative, che sono una cosa sacrosanta e che abbiamo anche nei confronti di Giorgio, ma sui quali riversano i propri sogni più che il rispetto dei loro.
Come hanno accolto i vostri figli più grandi il fratellino?
Anna Chiara: Lo hanno accolto benissimo. Sono stati parte integrante del saperlo accogliere nostro. Loro sono stati una forza. Con Giorgio Maria hanno già assaporato cosa significhi la genitorialità, nel senso che hanno imparato cosa significa il prendersi cura da fratelli di un bambino disabile. Ogni tanto parlano già di chi si occuperà di Giorgio Maria dopo di noi, discorsi un po’ sollecitati da noi, ma un po’ vengono naturali a loro. Addirittura, quando gli altri miei figli arrivano a pensare che Giorgio Maria possa essere così intraprendente da essere autonomo restano sconvolti: sono affezionati all’idea di doversene prendere cura.
Com’è stata la quotidianità familiare in questo periodo difficile segnato dal Covid?
Anna Chiara: Io sono autonoma, i miei tempi si sono assottigliati perché avrei bisogno che i ragazzi andassero a scuola per poter lavorare avendo l’ufficio in casa. Molti impegni li ho messi in stand-by in questo momento, cosa che non si può fare con gli orari improrogabili della didattica a distanza dei miei figli. C’è anche un altro problema: se tutti fanno lezione con la Dad la rete si rallenta.
Come Forum delle associazioni familiari state pensando a qualcosa anche per sollevare la condizione dei caregiver di persone con disabilità?
Gigi: Tutte le politiche familiari sono legate anche a quelle dei disabili perché laddove c’è un’attenzione ai figli se c’è un figlio disabile c’è un’attenzione ancora maggiore. Comunque,adesso stiamo anche pensando a un progetto del Forum per mettere ancora più in rete le famiglie.
Nella società attuale, secondo voi come ci si pone nei confronti di un disabile? Sono forti le discriminazioni?
Gigi: Il nostro è un Paese un po’ ideologico rispetto alle discriminazioni: sembrano esistere solo per alcune categorie. Premesso che le discriminazioni sono sempre sbagliate, la sensazione è che a seconda della capacità della lobby del discriminato di far valere i propri diritti allora una discriminazione è considerata grave o meno. I disabili notoriamente non hanno capacità di fare lobby, rete, squadra, perché devono fare i salti mortali ogni giorno risolvere i problemi e per andare avanti e mancano i servizi. Chi è più discriminato di colui che non riesce a uscire da casa o non ha una rampa davanti alla scuola o alla parrocchia o non riesce a fare sport? Nessuno, eppure ci sono categorie che hanno una forza maggiore per far valere i propri diritti facendo una narrazione di discriminazioni enormi subite. Non bisogna discriminare tra discriminati, ma ripartire da un concetto chiave: che ogni vita è degna, indipendentemente dalla sessualità, dalla disabilità, dalla religione. Questo è qualcosa che si apprende attraverso l’educazione, non s’impone con la coercizione. Io dico sempre che si risolverebbero i problemi delle persone con la sindrome di down, se tutti avessero un amico down: perché ti offre una dolcezza nello sguardo e nel cuore che in automatico ti rende attento a non fare più certe discriminazioni.Anna Chiara: Abbiamo fatti molti passi in avanti sul fronte della discriminazione. Una volta la disabilità si viveva chiusi dentro casa, oggi esiste tutta una rete di servizi e di accoglienza, capacità di gestione nella scuola e nelle Asl, imparagonabile a quella di 25/30 anni fa. Quindi, è una società più accogliente, ma meno abituata alla diversità. Per assurdo, si sono aperte le porte per accogliere la diversità ma si sta perdendo l’abitudine a farlo. Questo è un peccato. C’è anche tanta disinformazione: per esempio, la tematica della selezione prenatale su chi è giusto mettere al mondo, in questo caso si aprono scenari molto più ampi. A ciò si aggiunge un problema di maleducazione di chi non conosce le cose. Domenica sera su Openfamiglia ho fatto un post su una notizia ripresa da un quotidiano nazionale riguardante una ragazza down di Ostia che ha aperto una pagina Facebook per raccontarsi quotidianamente. Una notizia del genere prima sarebbe stata ignorata ed è una bella notizia anche perché la pagina è stata sollecitata dai compagni di scuola di questa ragazza, che sono stati arricchiti dall’incontro con lei.Ora che hanno terminato le superiori e vanno all’Università, hanno chiesto all’amica di continuare a raccontarsi perché non possono più fare a meno di lei perché ha cambiato le loro vite: se hanno le energie adesso per fare il medico, il logopedista, il fisioterapista, il musicista… è anche perché l’hanno conosciuta.