Cesena
Giuseppe Battiston al “Bonci” di Cesena
Chi era davvero Winston Churchill? Immagine simbolica dello scontro fra Paesi liberi e Germania nazista durante la seconda guerra mondiale, sir Winston Leonard Spencer (1874 – 1965) è stato quello che si può definire un personaggio di prima importanza nella storia europea.
Al tempo della seconda guerra mondiale, in realtà, prima di giungere alla carica di primo ministro, Churchill veniva da un lungo periodo di oblio, perché durante la Grande guerra aveva dovuto abbandonare la carica di Primo lord dell’ammiragliato per il fallimento dello sbarco a Gallipoli, che lui aveva voluto fortemente.
Durante gli Anni Trenta, la sua voce rigorosamente contraria ad ogni contatto con la Germania nazista era stata messa da parte in una nazione che guardava con interesse verso la Germania, vista come un’utile barriera contro il bolscevismo sovietico, e con in più una vicinanza etnica che non poteva essere trascurata. Oggi sappiamo con certezza che Edoardo VIII (1894 – 1972), che abdicò nel 1936 per amore di Wallis Simpson, americana, borghese e pluridivorziata, vedeva con favore la Germania hitleriana, supportato in questo proprio dalla Simpson (1896 – 1986).
Il favore con cui l’ex re e la sua amata guardavano alla Germania non era isolato, anzi: l’odio per il comunismo e il favore verso un popolo di stirpe germanica fecero sì che nella società inglese, soprattutto nell’alta società inglese, ci fossero molte voci in favore di un accordo con Hitler. Churchill si oppose sempre fermamente e la storia gli ha dato ragione.
Un aspetto meno noto della sua attività durante la seconda guerra mondiale fu il cosiddetto “moral bombing”, il bombardamento di città nemiche non pericolose dal punto di vista bellico, ma importanti per fiaccare l’animo combattivo dei nemici. Ne fece le spese la città di Dresda, che fra il 13 e il 15 febbraio 1945 venne devastata da un bombardamento totale che distrusse l’intera città, non importante dal punto di vista militare, ma importantissimo dal punto di vista culturale (era soprannominata “la Firenze sull’Elba”).
Chi era, dunque, Winston Churchill? Prova a rispondere a questa domanda lo spettacolo in scena al “Bonci” di Cesena fino a domenica 24 novembre, con Giuseppe Battiston nel ruolo dello statista inglese. La regia è di Paola Rota.
La scena è essenziale, spoglia: al centro di un cerchio di terra battuta sta una poltrona, ed accanto alla poltrona una vecchia radio. Un piccolo mappamondo, che contiene al suo interno bicchieri e bottiglie, e una tenda, alle spalle, completa l’allestimento. Avvolto in una veste da camera rossa, appoggiato pesantemente sul suo bastone, Churchill si gusta uno dei suoi famosi sigari.
La giovane infermiera Margareth cerca di dissuaderlo dal continuare uno stile di vita così contrario ad ogni logica medica: è molto vecchio, ha più di 80 anni, ha il cuore malandato, e se continua a fumare sigari e bere gin accorcerà la sua vita. Il vecchio Churchill intrattiene con l’infermiera un dialogo ironico e cinico, che gli permette di ripercorrere alcuni momenti della sua lunga vita.
La sua passione per le battute (alla megera che gli diceva che se fosse stata sua moglie gli avrebbe avvelenato il caffè rispose che, se davvero fosse stato suo marito, l’avrebbe bevuto con gusto, quel caffè avvelenato), la sua straordinaria capacità oratoria, in grado di spingere l’Inghilterra a resistere con tutte le sue forze contro Hitler, ma anche le sue debolezze, il difficile rapporto con i genitori, le crisi politiche, le crisi depressive, il dolore per le migliaia di caduti a Gallipoli. Tutto questo viene passato in rassegna durante il breve atto unico (poco più di un’ora e un quarto), mentre Giuseppe Battiston dà fondo a tutta la verve che possiede per dare corpo e anima a un Churchill che è strumento del destino e abile giocatore nell’agone politico mondiale.
Accanto a Battiston, la giovane Lucienne Perreca, che riesce a reggere il gioco con l’ottimo interprete, in una parte piuttosto difficile, che non dà grandi soddisfazioni all’attrice, se non nella seconda metà dello spettacolo.
Se quindi gli interpreti sono stati molto bravi, non ci sentiamo di lodare nello stesso modo il testo di Carlo G. Gabardini: l’idea non sarà originale, quella di un vecchio personaggio che ripercorre in flashback la sua vita, però è efficace e funziona. Alcuni spunti potevano funzionare meglio: si insiste sul fatto che Churchill è dipendente da tante sostanze psicotrope (ad esempio, metanfetamine), e si poteva spingere sull’acceleratore della psichedelia per raccontare, in modo teatrale, alcuni episodi salienti, per spezzare maggiormente fra il momento in cui assistiamo al vecchio Churchill e quello in cui ripercorriamo altri momenti della storia. Invece il trucco della veste da camera, che poteva servire per sottolineare i diversi momenti della vicenda, viene presto abbandonato e il protagonista alterna solo con la voce (ottimamente) e con la postura (bravissimo) il passato e il presente.
Merito dell’autore è avere sottolineato come Churchill pensasse agli Stati uniti d’Europa, vedesse cioè nell’Europa un luogo di pace e prosperità, contro le chiusure e le barriere, contro i muri che, purtroppo, si stanno ergendo da ogni parte e non lasciano sperare tanto bene per il nostro continente. Peccato aver ricordato solo Gallipoli, fra le pagine buie di Churchill, perché c’è tanto altro: il bombardamento di Dresda, già ricordato, che non fu voluto solo dall’Inghilterra, ma che fu voluto anche dall’Inghilterra di Churchill, con le migliaia e migliaia di civili uccisi, poteva trovare uno spazio nella requisitoria contro le violenze belliche.
Interessante la scelta dell’autore di inserire spezzoni di opere di Shakespeare: il Bardo è sempre fonte di ispirazione, anche quando tratta, suo malgrado, di storia contemporanea. Nell’insieme, l’atto unico sembrava sempre sul procinto di raggiungere un diapason di espressività, di forza teatrale: in una parola, di raggiungere quel momento “magico” (usiamo il termine, abusato, per dare l’idea) in cui uno spettacolo diventa qualche cosa di più, ottiene un misterioso “quid”, che lo rende del tutto memorabile. In questo caso, ci siamo andati vicino, ma non possiamo dire che sia stato raggiunto.
È stato raggiunto invece l’apprezzamento del pubblico, non numerosissimo, ma consistente, che ha tributato sentiti applausi agli interpreti, richiamandoli cinque volte sul proscenio, nella serata iniziale di giovedì.
La replica di domenica 24 sarà audiodescritta per non vedenti e ipovedenti nell’ambito del progetto “Un invito al Teatro – No limits”: per informazioni e prenotazioni è possibile contattare il Centro Diego Fabbri di Forlì (info@centrodiegofabbri.it – tel. 0543 30244).