Lettere
Grazie, caro san Giuseppe. Ci hai insegnato ad avere pazienza
In vista della festa di san Giuseppe, il 19 marzo, l’amico/lettore Massimo Pieri (Pepe) ha scritto una lettera indirizzata al padre putativo di Gesù, patrono della Chiesa universale. Di seguito il testo.
Caro san Giuseppe, è un po’ che desideravo scriverti una lettera.
Ci sono tante cose che mi ero annotato di dirti. La prima è grazie. Grazie, per quello che hai fatto. Di come hai gestito la situazione in cui eravate finiti tu e Maria, la tua dolcissima sposa. Per l’aplomb con cui gestisci sempre le cose. Grazie, perché, senza il tuo intervento, non avremmo avuto Maria, non avremmo avuto Gesù. Non capisco perché sei stato sempre messo “da parte”, nel senso, in seconda linea. Anche e soprattutto nell’arte, in particolare nei dipinti, non hai mai una parte da protagonista, ma una figura secondaria. Sempre là, in un angolo. Ma chi ha detto che eri vecchio, non c’è nessun testo che affermi che tu fossi così vecchio, tanto distante di età da quella di Maria, la tua sposa. Una cosa vera è che tu sei un uomo giusto, che tu sei un uomo che rispetta la Legge, che rispetta Dio e la sua volontà.
Caro san Giuseppe, grazie, per averci insegnato ad avere pazienza con Dio con gli altri e con noi stessi. Grazie per il tuo silenzio, il tuo modo di essere, la tua dolcezza di padre vero per Gesù e per noi. Un esempio, un modello. Grazie per aver accettato di essere “uno chiamato alla paternità” spirituale, soprattutto spirituale… che sicuramente è la più difficile. Cosa hai provato quando Maria è venuta a dirti che un angelo l’aveva visitata? Quando ti ha confidato che aveva accettato di diventare la madre di Dio. Tutti i tuoi sogni, tutti i tuoi progetti sono crollati, si sono sbriciolati. Hai pianto, Giuseppe? O sei rimasto deluso? Cosa hai pensato? Quali pensieri ti hanno frullato nella mente in quel momento? E quando in sogno hai sentito quella voce che diceva di alzarti e di prendere il Bambino e andare in Egitto? Hai tremato di paura? Sicuramente quando tutto è passato e sei tornato a Nazaret, nella tua bottega, tra gli attrezzi e la segatura, avrei voluto essere lì per vedere come insegnavi al piccolo Gesù il tuo mestiere di falegname. Sono sicuro che qualche volta mentre ti fermavi a contemplarlo lì tra le assi ruvide e l’odore della colla e della vernice, avrai certamente pensato a quando sarebbe diventato grande. Ti sarai posto delle domande su di lui: come si rivelerà al mondo? Sarò ancora vivo quando si rivelerà al mondo?
Grazie per questo poco tempo che mi hai concesso, amato patrono della Chiesa universale. Ah, un’ultima cosa. Ma quando stavi per esalare il tuo ultimo respiro chi c’era con te? Maria sarà stata presente al tuo capezzale… e Gesù era lì con te. Certo. Chissà come ti ha stretto la mano mentre rimettevi il tuo spirito nelle mani del Padre e “sazio di anni” ti sei addormentato per sempre con i tuoi avi.
Caro Giuseppe, ho finito di scriverti, oramai mi hai detto tutto. Sei stato un buon padre e un buon marito, un pio ebreo e un attento maestro per Gesù e i suoi amici che venivano nella tua bottega… e ora sei un grande santo attento ai nostri bisogni… Sei un vero amico, san Giuseppe. Grazie.
Massimo Pieri (Pepe)