Grazie, cavalier Mario stampatore per sempre

Nella più che cinquecentenaria storia degli Annali tipografici, a partire dal dopo-Gutenberg, un posto di grande rilievo è occupato da una schiera di valenti e meritori protagonisti che nei secoli d’oro dell’arte editoriale e riproduttiva avevano nome Stampatori vescovili. Apparteneva a costoro Mario Di Manno, vero decano della tipografia cesenate, morto lunedì 17 dicembre 2018 all’età di ottantaquattro anni.

Nato a Terelle (Frosinone) il 19 marzo 1934, giungeva giovanissimo a Cesena (1960), chiamato a dirigere l’appena fondata Stilia (con 25 addetti, molti orfani, provenienti da varie parti d’Italia), la scuola di Tipo-litografia dell’Istituto professionale in capo ai Missionari del Preziosissimo Sangue (tuttora presenti in Città nel complesso di Santa Maria dei Servi, meglio noto come santuario dell’Addolorata), una realtà educativa finalizzata all’apprendimento di falegnameria, meccanica e arte tipografica. Fu proprio la Stilia guidata da Mario ad aprire un rapporto privilegiato e di fiducia con il mondo cattolico e con la realtà diocesana: a iniziare da don Carlo Baronio che in quel laboratorio stampava il giornaletto «Su le vie del bene».

Di Manno aveva un’autentica vocazione per la tipografia, che sapeva insegnare trasmettendola ai giovani con passione e professionalità, senza smarrire l’ottica imprenditoriale, perché con quel mestiere ‘mangiavano’ lui, la famiglia e tutti i suoi dipendenti; per questo sapeva progettare e programmare con lungimiranza, adeguandosi sistematicamente a quei nuovi ritrovati meccanici e tecnologici che miglioravano le prestazioni e la qualità del prodotto (con quanto orgoglio raccontava l’acquisto, primo in Romagna, nel 1965 di un Offset bicolore di grande formato, al costo di 34 milioni, quando un appartamento ne costava 5!).

Chiusa la scuola con la nascita della Media unica, Di Manno non se la sentì di lasciare mestiere e dipendenti: decise così di mettersi in proprio, acquistare quell’attività, assumere i lavoratori e fondare la Stilgraf, l’azienda che tutt’oggi prosegue nelle salde mani del figlio Marco, cui Mario affidò gradatamente l’amata eredità professionale con realismo e senza rimpianti, consapevole che era giunto il tempo di subordinare le ‘faccende’ materiali alle spirituali con lo sguardo ai Novissimi. Certo, oggi il mestiere tipografico-editoriale è ormai poco meccanico e molto elettronico-informatico, ma le finalità e gli scopi permangono: la Stilgraf – che ha pure stampato il «Corriere Cesenate» fino al 2002 – continua il suo servizio alla Diocesi (stampatore vescovile, si diceva ieri), alle parrocchie e ai parroci, alle varie Associazioni e realtà cattoliche ancora con lo spirito e la paziente disponibilità del suo ‘antico’ titolare.

Ho fin qui parlato soprattutto del professionista e dell’imprenditore, del self-made man: ora devo farlo della persona e dell’amico. Conoscevo Mario da trentacinque anni: un’amicizia partita da cliente (prima pubblicazione nel 1983) e giunta a ‘parte della famiglia’, come mi diceva sempre. Ho ben conosciuto, e naturalmente apprezzato (talvolta con animate discussioni), l’uomo, il marito, il padre e il nonno: tutte declinazioni di un’unica dirittura, della medesima rettitudine, con una coerenza nel fare e nel dire davvero di altri tempi. Fermo negli ideali e nei valori, era “all’antica” (lo dichiarava con sincerità e un poco d’orgoglio) ma in grado di stupire per la capacità, l’onestà e l’umiltà non dico di adeguarsi ma di saper accostare il presente con speranza e fiducia, dando credito.

Tutta la sua trama esistenziale e professionale è intessuta di cristianesimo, pubblicamente professato e proclamato, anche ‘predicato’ (perché Mario sapeva parlare e pure scrivere, pur schernendosi ogni volta), accresciuto dalle circostanze e dalle opportunità offerte dal lavoro (quanti lavori, ad esempio, dedicati a Benedetta Bianchi Porro!). Un uomo impegnato (Presidente dell’Associazione “Don Carlo Baronio”, amico e benefattore dell’omonima Fondazione, talmente innamorato del santo prete da chiederne la beatificazione addirittura a papa Francesco, incontrato in cattedrale nella sua visita del 1° ottobre 2017), appassionato della vita sociale e politica (quante dispute sulla DC, su quella eredità, sulla fine dolorosa!), dedito a una particolare forma di apostolato e ausilio catechistico (parte della sua pensione destinata alla stampa e alla distribuzione gratuita, in tutto il Paese, di immagini sacre, preghiere e devozioni, richieste e ottenute a migliaia e migliaia da parroci e rettori di santuari).

Nel 1998 il vescovo Lino Garavaglia lo aveva decorato di un’importante onorificenza pontificia (serbata da Mario con totale modestia), quella di cavaliere di San Gregorio Magno: proprio per l’ininterrotto e meritorio servizio alla Diocesi di Cesena-Sarsina. Grazie di tutto, cavalier Mario.