Halloween e il dramma dell’umanesimo ateo

L’attuale situazione mondiale, stretta dall’incertezza e dalla precarietà, impone una seria riflessione di carattere antropologico. La condizioni sanitarie, politiche ed economiche che stiamo vivendo, non possono non essere considerate dall’umanesimo cristiano come del tutto relative senza il fattore essenziale, ovvero il discorso su Dio. Il gesuita Henry De Lubac nell’anno 1944 pubblicava una delle opere più importanti dell’intera produzione teologica del ‘900: Le drame de l’humanisme athée, e già allora il teologo francese ricordava in modo sublime che il vero dramma che stiamo vivendo non è solamente l’imperversare della malattia e della morte ma il persistere di un umanesimo ateo, nemico dell’uomo. La Chiesa è quindi chiamata prima di tutto e soprattutto ad attendere alla sua vocazione suprema: la salvezza delle anime! La salus animarum è infatti il principio ispiratore di tutta l’azione ecclesiale e lo scopo ultimo della fede dei cristiani, come indica in modo chiaro e inequivocabile la prima lettera dell’Apostolo Pietro: “Conseguite la mèta della vostra fede, cioè la salvezza delle anime”. Compito della Chiesa, quindi, è indicare la strada per ottenere la salvezza della propria anima denunciando con fermezza, e nella carità, le vie che orientano verso la morte. E non si può né si deve abdicare a questo preciso compito in favore di interventi in campo economico, sociale o politico senza che questi abbiano come fondamento l’idea di Dio e il bene degli uomini. In altre parole, non dobbiamo mai perdere di vista il compito affidato a noi cristiani, quello appunto di instaurare omnia in Christo.

Troppe volte, in questo tempo di pandemia, ci siamo persi in considerazioni più o meno utili sacrificando il cuore dell’annuncio cristiano. E così, mentre disperdiamo le nostre energie in ambiti e areopaghi che non ci competono, la cultura del male continua a indebolire col suo veleno la nostra società ormai assoggettata a un umanesimo sempre più cieco e ateo.

Ed è in questo contesto che anche quest’anno, la notte del 31 ottobre annuncia e prepara la sua venuta trionfale col suo immancabile rito di Halloween. La pandemia però impone un cambio di programma. Di questi tempi, infatti, meglio non bussare alle porte dei vicini, il rischio di contagio è troppo alto. E non a caso, la domanda centrale e più ricorrente di questi giorni, sia sui social sia sui numerosi siti inneggianti a questa pratica, è sempre la stessa: come conciliare la necessaria sicurezza con la spasmodica voglia di divertirsi e fare festa tra zucche, streghe e morti viventi. Basta fare un rapido giro sul web per avere le prime risposte. Sono numerose le piattaforme che – in streaming – propongono un’infinità di titoli e feste mascherate con relative informazioni sull’argomento. Le ultime disposizioni del governo hanno probabilmente bloccato i programmi di molti parchi divertimenti e i loro mega-spettacoli dedicati, con zucche, streghe e decorazioni a tema, per intrattenere adulti e bambini. Lascia infine perplessi uno dei consigli presenti – e tra i più caldeggiati – sui social, e cioè quello che invita piccoli e grandi a festeggiare la “notte dei morti” in casa, o meglio, in famiglia, offrendo così una valida alternativa – o pericoloso ripiego – all’eventuale divieto di circolazione notturna imposto ormai in molte città italiane. E così, la famiglia, da luogo di riflessione e di vita, dove la condivisione del ricordo dei santi incoraggia e indica il cammino, rischia di trasformarsi, tra un dolcetto e uno scherzetto, nel luogo del tetro e del funereo.

Molto dipende da ciò che insegniamo e tramandiamo.Nulla vieta di essere allegri e di ritrovarsi, Covid-19 permettendo, ma per celebrare la “Luce” che libera, non certo la tenebra che inghiotte. Sembra invece che l’importante sia festeggiare “il macabro”, a tutti i costi, anche se in tono minore. Ma tutto questo è contrario al vero bene dell’uomo.

Non è retorica dire che in questi giorni, fortemente segnati dal passaggio del virus, mentre negli ospedali saturi di malati sofferenti, medici e infermieri affrontano turni estenuanti per cercare ad ogni costo di salvare vite, c’è bisogno di trovare conforto, ascolto e solidarietà. A volte invece, anche col sostegno dei media, assistiamo a un continuo invito a familiarizzare con una mentalità occulta e magica, estranea e ostile alla fede e alla cultura cristiana. È contrapporre la realtà culturale a quella spirituale, accalappiando e spingendo, in questo caso, noi e i nostri bambini, nel vortice consumistico di una festa legata a un vero e proprio movimento esoterico e anticristiano. È vero, si può partecipare anche senza conoscere la reale portata del fenomeno, ma avvicinarsi, seppur inconsapevolmente, a un modello culturale sbagliato non ci rende immuni dai suoi messaggi pericolosi e sbagliati. 

Sappiamo bene che per il “principe del mondo”, la via migliore per incidere sull’uomo e sui suoi comportamenti, è quella di lavorare sui modelli culturali, facendo sembrare buono ciò che non lo è e cattivo ciò che invece è buono.

Come sacerdote ed esorcista diocesano, oltre che come teologo, interpretando anche il pensiero dell’Aie, Associazione internazionale esorcisti, sento il dovere di annunciare che tutto questo non è soltanto un brutto spettacolo, peraltro forse anche di cattivo gusto per i tempi che stiamo vivendo, ma è soprattutto un vero attentato alle nostre anime. Non si tratta di un semplice gioco, ma di una pericolosa realtà, la cui ricaduta, tutt’altro che innocua e neutrale, rischia addirittura di soppiantare la splendida solennità di “Ognissanti”.

Per poter giudicare in maniera equilibrata questo fenomeno, occorre saperlo interpretare. E per fare questo è necessario ascoltare coloro che possiedono gli strumenti per farlo. Gli esorcisti infatti sono concordi nel rilevare come e quanto questo fenomeno sia fortemente legato al mondo dell’occulto e che questa è la notte delle profanazioni e dell’adorazione a satana.

Come cristiani e soprattutto come pastori, siamo chiamati a rispondere annunciando il bello e il buono della vita, che per noi si è fatta visibile in Gesù di Nazareth, figlio di Dio.

Sarebbe un errore abbassare la guardia e declassare questo fenomeno da insidioso e preoccupante a semplicemente ridicolo e scherzoso. La comunità cristiana è chiamata ad affrontare quello che rappresenta oggi un serio allarme educativo e non può esimersi da quella che di fatto è una vera e propria battaglia culturale, la cui arma principale per combatterla è l’evangelizzazione delle coscienze. Solo così sarà possibile ripristinare, soprattutto nei giovani, un umanesimo cristiano votato alla cultura del bello e del vero. Un modello culturale che inneggia alla morte e alla bruttezza non può che essere nocivo, perché l’animo umano è per sua natura votato alla bellezza. 

Il fenomeno “Halloween” non deve essere in alcun modo un pretesto per contrapporre cultura e fede, ma piuttosto aiutare a ripristinare il necessario dialogo fede-cultura. Occorre vigilare seriamente sui modelli culturali perché siano per l’uomo e non contro di lui, per fare luce su ciò che è veramente utile allo sviluppo di un umanesimo integrale e combattere questa cultura malata.