I vescovi del Venezuela dal Papa: “Nostro impegno è stare accanto al popolo che soffre”

Un intero popolo costretto alla fame, la mancanza di medicine, l’iperinflazione che ha raggiunto livelli altissimi, le migrazioni di massa, lo smantellamento delle istituzioni e dei poteri democratici, le violazioni dei diritti e la situazione “disumana” dei prigionieri politici nelle carceri, la distruzione delle risorse naturali dell’Amazzonia: sono i vari temi di cui hanno parlato in due ore e mezzo di colloquio privato i  40 vescovi del Venezuela ricevuti stamattina in visita ad limina da Papa Francesco in Vaticano. La parola del Papa che più ha risuonato durante l’incontro è stata l’esortazione ai vescovi: “Rimanete accanto al vostro popolo che soffre”. Ne ha parlato mons. José Luis Azuaje Ayala, arcivescovo di Maracaibo e presidente della Conferenza episcopale del Venezuela, in un incontro con la stampa oggi a Roma. Non tutti i vescovi venezuelani hanno potuto partecipare alla visita ad limina, in corso dal 6 al 15 settembre. Monsignor Freddy Fuenmayor, vescovo di Los Teques, ad esempio, la notte prima della partenza per Roma “è stato legato, imbavagliato e derubato di tutto” da un gruppo armato. “Tanti preti sono gravemente malati perché non si trovano le medicine, molti sono costretti ad uscire dal Paese per curarsi”, ha raccontato monsignor Azuaje. Anche molte congregazioni hanno dovuto chiudere i battenti “perché alle religiose non è stato rinnovato il visto”. Sono tanti i sintomi della “grave crisi economica, sociale e politica” che sta vivendo il Venezuela da alcuni anni, “una situazione inedita che non vedevamo da tempo”. “Non possiamo essere d’accordo con questo sistema politico – ha ribadito mons. Azuaje -. Per noi è fondamentale salvaguardare la libertà e la dignità del popolo venezuelano e la difesa dei diritti umani”. Tra le richieste dei vescovi disattese dal governo Maduro, l’apertura di corridoi umanitari per far arrivare cibo e medicine alla popolazione. Un appello che monsignor Azuaje rinnova oggi alla comunità internazionale.

Avete parlato con il Papa dei corridoi umanitari?

Abbiamo parlato con il Papa della lettera del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, del 1° dicembre 2016, nella quale c’è la richiesta, tra l’altro, di un canale umanitario per far arrivare aiuti alimentari, medicine, attrezzature mediche, libri, eccetera a favore del popolo venezuelano. Questa lettera è un punto di riferimento da non dimenticare.

La Chiesa sta provando a mediare con il governo?

Al momento non c’è nessun tipo di avvicinamento. Il Governo ha chiuso tutti i canali di dialogo e va avanti in maniera autoreferenziale, come ha detto il Papa.

Molte persone stanno morendo a causa della fame o della mancanza di medicine…

Abbiamo tante persone che soffrono nei nostri ospedali e nelle nostre comunità e tanti muoiono. Persone con infermità croniche, tumori, diabete. Non si può nemmeno andare in Colombia a comprare le medicine ai prezzi internazionali, al massimo si può comprare un farmaco solo, ma c’è gente che ha bisogno di medicine tutti i giorni. Molti sono stati costretti a interrompere i trattamenti e sono morti.

Anche i vescovi soffrono a causa dell’insicurezza e della criminalità?

Ci sono stati dei problemi. Un vescovo non è potuto venire in Italia perché la sera prima del viaggio è stato legato e imbavagliato insieme alla madre e alla sorella. Gli hanno rubato tutto ciò che aveva in casa.

Cosa chiedete alla comunità internazionale?

La comunità internazionale sta facendo il suo lavoro, ma credo debba valorizzare anche la voce delle varie istanze venezuelane, le istituzioni vive nel Paese, non solo l’ambito politico, per avere una visione globale di ciò che succede in Venezuela. Chiediamo due cose: in primo luogo continuare a fare il necessario in ambito politico per arrivare a qualche decisione che aiuti a sbloccare alcuni aspetti, ad esempio la mancanza di dialogo interno. In secondo luogo chiediamo un appoggio a livello umanitario, specialmente in campo sanitario.

Quali parole del Papa vi hanno più colpito?

Ci ha detto di stare vicini al nostro popolo. E’ un impegno. Lo stiamo facendo da sempre, ora lo faremo con maggior forza e franchezza, per vivere ancora di più l’unità e la comunione solidale con il popolo venezuelano.