Cesena
“Il Maestro e Margherita” di Michail Bulgakov, la recensione
Romanzo di un autore estremamente complesso, “Il Maestro e Margherita” di Michail Bulgakov (1891 – 1940) rappresenta bene il dramma umano nell’Unione Sovietica eretta a regime dittatoriale e totalitario da Stalin. Bulgakov ebbe nei confronti del Georgiano un rapporto di odio-amore: in fondo egli rappresentava uno zar, sia pur di nuovo conio, perciò lo scrittore, che rimaneva fedele nell’animo alla forma che l’autocrazia russa aveva avuto per secoli, non durava fatica a dare fedeltà al nuovo sovrano. Fu invece proprio Stalin ad avere con lo scrittore un rapporto molto simile a quello del gatto che gioca col topo: promettere senza mantenere, lasciare un refolo di libertà per poi colpire duramente l’autore.
Fu così che “Il Maestro e Margherita” rimase clandestino, dopo la morte dell’autore, fino agli Anni Sessanta: per la precisione nel 1967 fu una casa editrice tedesca a pubblicare la versione integrale dell’opera, che in Unione Sovietica circolava ancora clandestinamente. L’anno prima, infatti, sulla rivista “Moskva” era apparsa una versione “ripulita” del romanzo, a cui Bulgakov aveva lavorato quasi ininterrottamente, scrivendo, riscrivendo, addirittura distruggendo (la prima versione fu bruciata in una stufa) il suo testo, dal 1928. Solo nel 1989 (data estremamente simbolica) sarà stampata in Unione Sovietica una versione filologicamente corretta, sulla base di tutti i manoscritti disponibili.
Il romanzo è quanto mai eterogeneo: Woland, che altri non è che Satana, con la sua cricca (il valletto Korov’ev, il gatto Behemot e la strega Hella) arriva nella Mosca degli anni Trenta. La vicenda ha inizio quando Woland, intromettendosi nella conversazione tra il poeta Ivan e l’intellettuale Berlioz, presagisce la vicina morte dello stesso Berliozcrisi di follia, viene portato in una clinica psichiatrica. Lì incontra il Maestro, uno scrittore condotto alla disperazione dal rifiuto dei critici letterari nei confronti del suo romanzo su Ponzio Pilato.
Nel frattempo, Woland e la sua cricca prendono possesso dell’appartamento del defunto Berlioz e portano scompiglio tra i dipendenti del Teatro di Varietà, dove metteranno in scena uno sconvolgente spettacolo di magia nera. Durante lo spettacolo Margherita, l’amante segreta del Maestro, da lui poi abbandonata, ha il suo primo incontro con Woland, cui seguiranno altri incontri, perché Woland la vuole come sua regina al gran ballo infernale che deve tenere proprio a Mosca. Il lettore rimane allibito di fronte al succedersi dei vari piani narrativi, perché noi seguiamo la vicenda del Maestro ma anche leggiamo il romanzo su Gesù e Ponzio Pilato scritto dal Maestro, in un incatenarsi di piani narrativi estremamente affascinante.
L’allestimento in scena a Cesena fino a domenica 20, con la riscrittura di Letizia Russo e la regia di Andrea Baracco, è un’occasione per prendere contatto con un grande romanzo del XX secolo (anche se, essendo Bulgakov anche un valido autore di teatro, ci si sarebbe potuti confrontare con i suoi testi nati per il palcoscenico), che pur nella semplificazione, inevitabile di fronte ad un’opera così complessa, benché l’allestimento, pausa compresa, duri ben tre ore, mantiene quelli che sono i capisaldi del romanzo di partenza. Assistiamo alla vicenda moscovita e assistiamo a quella del profeta Joshua, e benché la scena sia sempre la stessa, molto suggestiva, di Marta Crisolini Malatesta, formata da alte grigie pareti graffite con simboli e linguaggi più o meno arcani, in modo intelligente e rapido è in grado di trasformarsi per dare vita a nuove configurazioni.
Forse la parte meno originale è quella musicale, un insieme di suoni che hanno sempre il senso di un’eco lontana di qualcosa che già si conosce, oltre alla citazione dai “Quadri di una esposizione” di Musorgskij, quella sì, un po’ prevedibile. Venendo agli interpreti, sicuramente il protagonista della vicenda è il Woland di Michele Riondino, molto a suo agio col personaggio, in grado, soprattutto nelle prime scene, di giocare in modo efficacissimo con la voce e la gestualità del corpo: passati i primi tempi, però, l’interpretazione tende un po’ a bloccarsi e sembra di rivedere Heath Ledger che impersona il Joker, un effetto alla lunga un po’ fastidioso. Molto brava Federica Rosellini (Margherita) per la qualità espressiva e per la capacità di modulare il fraseggio e i toni di voce, da quelli più pacati fino a quelli, davvero stregoneschi, della scena centrale in cui si trasforma in strega e vola (su un’altalena, una delle trovate più riuscite di tutto lo spettacolo).
Alla recita di giovedì sera molto pubblico presente, reiterati e sentitissimi applausi a tutto il cast. Sabato 19 alle ore 18 è in programma “Conversando di teatro”: la compagnia incontra il pubblico nel foyer del Teatro. Lo spettacolo di domenica 20 sarà audiodescritto per non vedenti e ipovedenti. Per informazioni e/o prenotazioni è possibile contattare il Centro Diego Fabbri di Forlì: info@centrodiegofabbri.it tel. 0543-30244. Info: 0547-355959.