Il mito di Alessandro Bonci

Molte sono le benemerenze guadagnate da Franco Dell’Amore nei confronti della cultura cesenate: oltre ad essere autore di un gran numero di saggi, ha realizzato nella sua casa, collocata nel centro storico di Cesena, di fronte alla chiesa di Santa Cristina, uno splendido archivio di documenti storici e musicali che può essere consultato anche online sul sito www.dellamore.it. Fra i tanti meriti culturali possiamo annoverare anche il volume “Alessandro Bonci. Un mito oscurato dal sole” (ed. Pequod, Ancona 2021, pagine 224, 36 figure, euro 20). Il testo è in realtà un insieme di contributi, ben undici, coordinati da Franco Dell’Amore. L’opera, finanziata dal Comune di Cesena, nasce dalla volontà del musicologo di fare chiarezza sulla storia musicale cesenate, una realtà ancora gravemente ignorata.

Alessandro Bonci nacque a Cesena il 10 febbraio 1870, morì a Viserba il 9 agosto 1940. Nel mezzo, una grande carriera musicale, che portò il figlio dell’umile pettinaio (addetto alla pettinatura della canapa) Domenico dalla natia Romagna ai più importanti teatri del mondo. Soprattutto Dell’Amore vuole chiarire se davvero ci sia stata rivalità fra Alessandro Bonci e Enrico Caruso, suo quasi coetaneo (era nato il 25 febbraio del 1873) ma venuto a mancare molti anni prima del cesenate (2 agosto 1921). Come scrive l’autore, «la storia della lirica è stata soprattutto il frutto delle scelte di editori musicali e impresari, più che di compositori e cantanti».

Non ci fu rivalità fra i due, che appartenevano a due mondi musicali molto diversi, pur essendo entrambi tenori. Bonci, si può dire con una sintesi un po’ brutale, fu l’ultimo esponente del belcanto mentre si affermava il mondo verista e post-wagneriano, e, purtroppo per lui, la sua voce delicata era molto meno fonogenica di quella di Caruso. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: Caruso è diventato un mito, mentre il nome di Bonci è quasi scomparso.

Merito del volume di Dell’Amore l’avere rimesso in circolazione testi dimenticati, come l’elegiaca storia d’amore di Bonci, narrata da Anna Battaglia Bezzi, pubblicata sulla «Piê» nel 1970, o il ricordo dell’esibizione parmense di Bonci, scritto da Pio Benassi nel 1940. Dell’Amore e Marzia Persi raccontano invece, con tanto di ricerche sul posto, come avvenne il “sorpasso” fra Caruso e Bonci, nella Buenos Aires del 1899. Sempre Dell’Amore, con l’ironica puntigliosità che gli è propria, racconta l’esecuzione del “Faust” di Gounod a Cesena, nel 1904: l’unica volta in cui il tenore cesenate cantò un’opera intera nel teatro che, di lì a poco, avrebbe preso il suo nome, caso più unico che raro di un teatro intitolato a un personaggio vivo. Di ciò parla Dell’Amore nel suo saggio, “Lo scambio”, ripreso dal volume XII delle “Vite dei cesenati” (2018). Particolarmente interessante, infine, la ricerca sul patrimonio bonciano conservato presso il Museo Musicalia, nella suggestiva Villa Silvia Carducci, a Lizzano di Cesena.

Sulla copertina del bel volume spicca la foto autografa di Bonci, con una scritta: «affinché mi ricordino». La domanda è d’obbligo: lo faranno i cesenati? Ad ogni modo, questo testo è uno strumento molto utile per conoscere un grande cantante ormai avvolto nella nebbia del tempo. Speriamo che questa pubblicazione possa diradarla un po’.